Dolores Ibarruri nasce il 9 dicembre 1895 a Gallarta, nella provincia basca di Vizcaya, una piccola città mineraria. Era l’ottava di undici figli: suo padre Antonio, detto l’Artigliere, lavorava in miniera. Sua madre aveva lavorato in miniera sino al matrimonio. Il nonno materno era morto in miniera, schiacciato da un blocco di minerale. I suoi fratelli erano minatori.A 15 anni Dolores, non avendo mezzi la famiglia, deve interrompere gli studi, pur volendo dedicarsi all’insegnamento, va a imparare cucito, a fare la cameriera in case benestanti, vende per strada sardine.

A 20 anni diventa moglie di un minatore, Julian Ruiz. Il marito entra e esce di prigione per ragioni politiche, per cui lei e i figli spesso vivono di carità.

Nasce e muore Ester, la primogenita, sopravvive l’unico maschio Rubén, nascono tre gemelle e sopravvive solo Amaya, nasce e muore un’altra bambina: sei figli di cui quattro morti per stenti o malattie.

Comincia a leggere alcuni testi di Marx ed Engels, rendendosi conto che la vita non è “un pantano nel quale gli uomini sprofondano senza remissione, ma – come lei stessa dirà – un campo di battaglia nel quale ogni giorno l’immenso esercito del lavoro guadagna posizioni”.

Quando nel 1920 si forma in Spagna il partito comunista, lei vi aderisce immediatamente. E nello stesso anno viene eletta membro del primo comitato provinciale del partito comunista basco.

Inizia la sua carriera politica firmando con lo pseudonimo “Pasionaria” (il fiore della passione) tutti gli articoli su El minero Vizcaino (il quotidiano dei minatori) e poi, nel 1931, trasferendosi a Madrid, dopo essersi separata dal marito, sull’organo ufficiale del partito, Mundo Obrero di Madrid.

E’ una donna bella, alta e robusta, con un’espressione decisa e una grande oratoria, è sempre vestita di nero, con l’ampia e lunga gonna delle donne del suo paese, abbigliamento che è il suo distintivo e che abbandonerà solo una volta, travestendosi da dama alla moda, per sfuggire a un arresto.

Nel 1927 guida un gruppo di donne comuniste, mogli di detenuti politici, sino all’ufficio del governatore per avanzare alcune richieste. Guida gli scioperi dei minatori e li incita alla resistenza.

Nel 1928 è delegata della Biscaglia al III congresso comunista che si tiene in Francia. Due anni dopo partecipa alla conferenza di Pamplona e viene eletta membro del comitato centrale. Organizza nel 1931 un comizio a Bilbao, resiste alle guardie a cavallo, afferra una bandiera e conduce i compagni per le vie della città, in un corteo di protesta.

Nel settembre 1931 viene arrestata per la prima volta a Madrid, messa in carcere insieme alle delinquenti comuni, con le quali dà il via allo sciopero della fame, al fine di ottenere la libertà dei detenuti politici. In seguito a un secondo arresto fa cantare l’Internazionale nel parlatorio e nel cortile, incitando le recluse a rifiutare il lavoro miseramente pagato. Dopo il terzo arresto spedisce i figli a Mosca.

Nel marzo del 1932 organizza il IV congresso del partito a Siviglia, il primo tenuto ufficialmente in Spagna, dopo anni di clandestinità.

L’anno dopo è delegata al 13° congresso internazionale del partito e si reca per la prima volta a Mosca.

Nel 1934 organizza, con le donne socialiste e repubblicane del suo paese, il Comitato femminile contro la guerra e il fascismo.

Verso la fine del 1934, in piena repressione antioperaia, va nelle Asturie con due repubblicane, per prendere più di un centinaio di bambini, figli di operai in sciopero, che muoiono letteralmente di fame e portarli a Madrid in famiglie disposte ad accoglierli.

Nel 1935 a Mosca, dove Dolores arriva passando la frontiera spagnola a piedi, per sfuggire all’arresto, viene eletta membro del comitato esecutivo del Comintern ed è tra quelli che approvano la costituzione del Fronte Popolare tra socialisti e comunisti, che vincerà le elezioni nel febbraio 1936.

Dal 1935 diventa il più importante dirigente del partito comunista dopo José Diaz.

Dopo che il Fronte popolare è giunto al potere, fa liberare i prigionieri politici di sinistra e convince i minatori delle Asturie a sospendere uno sciopero.

Il 16 giugno 1936 denuncia apertamente in parlamento la preparazione di un golpe di destra, non creduta dal primo ministro Quiroga.

La sera stessa del colpo di stato annuncia alla radio un grido che passerà alla storia: “Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio! No pasaran!”. Dopodiché entra con un compagno nella caserma di fanteria n. 1 di Madrid e arringa i soldati incerti, li conquista alla resistenza. Poi si adopera per formare una milizia sicura, facendo nascere il “Quinto Reggimento”.

Grazie alle sue capacità persuasive riesce a far accorrere dai paesi nemici della Spagna libera, o indifferenti alla sua libertà, uomini famosi e ignoti che formeranno le “Brigate internazionali”, pronte a combattere a fianco del Fronte popolare.

Suscita grande commozione il suo viaggio di propaganda in Francia e in Belgio. La delegazione riesce a farsi ricevere dal primo ministro francese Léon Blum, il quale però le conferma la decisione del governo di non intervenire nella guerra civile.

Quando il partito comunista spagnolo accetta di entrare nel governo del Fronte popolare, guidato dal socialista Caballero, diventa vice presidente del parlamento.

Lascerà la Spagna nel 1939, per ritirarsi esule in Francia e da qui parte per la Russia di Stalin, dove le purghe colpiranno persino i reduci di Spagna.

Nel 1942, alla morte di Diaz, viene eletta segretaria del partito comunista spagnolo in esilio e lo resterà fino al 1960, quando cede il posto a Santiago Carrillo. Nel 1945 è vicepresidente del comitato esecutivo della federazione internazionale delle donne democratiche.

 

Agli inizi degli anni ’60 le viene concessa la cittadinanza sovietica. Nel 1964 riceve il premio Lenin per la pace. L’anno dopo viene insignita con l’ordine di Lenin. Diventa presidente del partito comunista spagnolo in esilio nel 1960 sino alla morte. Riceve una laurea ad honorem dall’Università di Mosca.

Il figlio Rubén morirà sotto i bombardamenti nazisti della città di Stalingrado. L’altra figlia Amaya sposerà un russo.

La sua autobiografia, No Pasarán, venne pubblicata nel 1966.

Tornata in Spagna, dopo la morte di Franco e quindi dopo 38 anni di esilio, viene eletta deputata nel 1977.

Nel 1983 partecipa alla manifestazione di solidarietà con le Madri della Plaza de Mayo argentine.

Morirà di polmonite il 12 novembre 1989.


Bibliografia

  • Vázquez Montalbán Manuel, Pasionaria e i sette nani, Frassinelli
  • Giardino Vittorio, No pasarán. Una storia di Max Fridman. Vol. 1, Vol. 2, Lizard
  • Pasión de libertad. Exposición gráfica y literaria, textos de Andrés Sorel, David Ruiz y Manuel Vázquez Montalbán, Edit. Fundación Dolores Ibárruri, 1992.
    María José Capellín, Dolores Ibárruri (1916-1939), Memoria de Licenciatura bajo la dirección del doctor David Ruiz, Universidad de Oviedo, 1986.
    Rafael Cruz, Pasionaria: Dolores Ibárruri, Historia y Símbolo. Madrid: Editorial Biblioteca Nueva, 1999. ISBN: 847030741X.
    José Díaz, Tres años de lucha, Edit. Ebro, 1969.
    Dolores Ibárruri, El único camino, Edit. Ediciones en Lenguas Extranjeras, Moscú 1963.
    Dolores Ibárruri, El único camino, Moscú: Progreso, 1976. Reedición: Editorial Castalia, S.A., ISBN: 8470396617
    Dolores Ibárruri, Memorias, Edit. Planeta 1985.
    Dolores Ibárruri En la lucha, Edit. Progreso, Moscú 1968.
    Dolores Ibárruri y otros, Historia del Partido Comunista de España, Ediciones Varsovia, 1960.
    Santos Juliá, «Ibárruri, Dolores», en Biographical Dictionary of Marxism, ed. por Robert A. Gorman, Londres: Manshell Publ. Ltd, 1986, pp. 145-6.
    Teresa Pamies, Una española llamada Dolores Ibárruri. Barcelona: Edit. Martínez Roca, 1976.
    Manuel Vázquez Montalbán, Pasionaria y los siete enanitos. Barna: Ed. Planeta, 1995.

SitiWeb

 


 

 

Un buen día Dolores Ibárruri, madre de seis hijos, unas trillizas entre ellos, tuvo que tomar una decisión que marcaría su vida para siempre. Dolores, que contaba entonces 22 años, se vio llamada a más altos logros, e inició su periplo político. Su hasta entonces limitado mundo se abrió a nuevos horizontes. Lejos de identificarse con el prototipo de la mujer de su época, se negó a verse relegada al cuidado de su prole, la cocina y los fogones. Decidió que ella no se quedaría ‘ni con la pata quebrada ni en casa’. Resuelta, le comunicó a su marido su decisión: ‘Ya no habrá más hijos’, y a partir de ese momento su familia pasó a ser el proletariado del mundo .

Todo empezó el 9 de diciembre de 1895, en Gallarta (Vizcaya). Aquel día la pequeña Dolores venía al mundo en el seno de una familia minera vasca, católica y tradicional. La relativa prosperidad permitió al matrimonio Ibárruri, enviar a la niña Dolores a la escuela hasta los 15 años. Aquella adolescente que soñaba con ser maestra acabó estudiando en una academia de corte y confección, lo que le permitió encontrar su primer empleo. Dolores pasó a engrosar el proletariado femenino de la época. Su condición de mujer trabajadora enriquecería su sensibilidad igualitaria y despertaría su conciencia política en pro de ladefensa de los obreros frente a un sistema capitalista que los oprimía por las buenas o por las malas.

Después contraería matrimonio con un minero, Julián Ruiz, militante del partido socialista, concibió una numerosa prole con él (aunque el matrimonio fue un fracaso) e inició sus devaneos políticos. Hasta que en 1918, año de intensa movilización obrera en España, publicaría su primer artículo en las páginas de El minero vizcaíno . Era Semana Santa, por lo que Dolores decidió firmarlo con el pseudónimo de ‘Pasionaria’. Este hecho fortuito marcaría su biografía: s us innatas dotes para la oratoria y la pasión con que defendía sus ideas le valdrían a partir de ese momento el sobrenombre de ‘Pasionaria’.

Mítin de Dolores Ibarruri, la Pasionaria en la la plaza de toros de Las Ventas en Madrid, (Enero de 1936)

 

Tres años después, en 1921, fue una de las primeras en ingresar en el recién fundado Partido Comunista. Aquella joven madre, luchadora y sobre todo apasionada, poseía una conciencia política que la encumbró con celeridad en las filas de su partido.

En 1931, participa activamente en la campaña comunista para las elecciones de abril. Dolores se presenta en solitario y se estrena como oradora, inaugurando una manera de hacer política que la lanza al estrellato. Pasionaria demuestra ser un auténtico animal político. El PC vislumbra ya a la líder mediática que se esconde tras la fachada de aquella mujer de gesto adusto, siempre vestida de negro que corona su cabeza con un sobrio moño. En 1932, cuando la Internacional Comunista decide relevar a la dirección del PCE, Dolores accede a ésta como el m iembro de más edad del nuevo comité ejecutivo.Cuenta 37 años. Todo se conjuga para que nazca la leyenda. La Pasionaria empieza a rodearse de un halo mítico y viaja a Moscú. Es la mamá del Partido Comunista español.

Su salto a la fama definitivo lo dará en octubre de 1934 durante la revolución de Asturias. Rememorando sus orígenes, organiza con eficiencia la evacuación delos huérfanos y apoya sin trabas a los mineros en huelga. Su papel en los acontecimientos adquiere eco internacional. Luego vino la Guerra Civil, y como todos los españoles se ve obligada a tomar partido, que en su caso no ofrece dudas. Su grito de batalla, ‘No pasarán’, se convirtió en lema de todauna generación.

Fue durante la contienda cuando se fraguó definitivamente el mito.Su presencia constante en el frente y la fuerza de sus arengas, en directo o radiofónicas, la transformaron en un icono comunista internacional, prácticamente al nivel de Lenin o Stalin.

Sus eslóganes durante la contienda han pasado a engrosar el ideario histórico español. Así durante un discurso en París, adonde acudió para desbloquear el envío de armas a la República, afirmaría: ‘El pueblo español prefiere morir de pie a vivir de rodillas’. O en Madrid, intentando animar a las mujeres de la ciudad sitiada: ‘Más vale ser viudas de héroes que mujeres cobardes’.

Tras la guerra llegó el exilio en la URSS, donde continuó alentando al movimiento comunista internacional. En 1960 renunció al cargo de secretaria del PCE para ocupar el de presidenta.

La pérdida de su hijo Rubén, oficial del ejército soviético en Stalingrado, la arrastró a un aislamiento voluntario.

Pero, pese a su bajo estado anímico, su buena imagen entre los dirigentes soviéticos la mantendría siempre en la pléyade del PC . El padrecito Stalin, la admiraba por su capacidad oratoria .

T ras la muerte de Franco, volvió a España el 13 de mayo de 1977 y fue elegida a sus 82 años como diputada de las Cortes Constituyentes.