SITI CONSIGLIATI

https://it.wikipedia.org/wiki/Bolla_dei_tulipani

http://www.consob.it/web/investor-education/la-bolla-dei-tulipani1

 


” Erano posseduti da tale furibonda passione per quei fiori ovvero, per chiamarla col suo nome, da tale pruriginosa voglia che offrivano spesso tremila corone per un tulipano che appagasse le loro fantasie: un virus che rovinò molte famiglie ricche”.

                                                                                                                                                                                                                                                MONSIEUR DE BLAINVILLE,                                                                                                                           Travels through Holland,  Londra 1743, I, p.28

La febbre dei tulipani non è una febbre per un fiore, come si potrebbe credere, ma per il denaro. Questa “febbre” ha portato persone sane di mente a barattare la propria ricchezza con dei fiori algidi, inodori e deperibili, piuttosto che in opere d’arte – la Ronda di notte di Rembrandt fu venduta a un terzo del prezzo di un bulbo del fiore-, o in immobili,animali grassi come pecore, buoi e maiali, o materiali preziosi e cibo.  Il 5 febbraio del 1637, nella cittadina olandese di Alkmaar, si tenne un’ insolita vendita all’asta. Nelle sale era convenuta una folla di compratori e le offerte, fin dall’inizio sostenute, divennero in breve tempo deliranti. In un’ epoca in cui una famiglia viveva in un anno con forse 300 fiorini olandesi, i lotti venivano battuti a 2000,3000, perfino 4000 fiorini e più. E quando fu aggiudicato anche l’ultimo pezzo messo all’incanto e fu calcolato l’introito, l’asta aveva raccolto un totale di 90.000 fiorini: un vero patrimonio a quei tempi.  E’ impossibile stabilire un utile paragone tra i prezzi dell’epoca e quelli odierni. Si può, però, fare un calcolo che si basa sul confronto dei prezzi dell’oro e dei viveri essenziali, anche se non prende in considerazione alcune differenze fondamentali, come, per esempio, il livello di sussistenza e il valore di certi beni di lusso. Il  migliore metro di paragone probabilmente ce lo offrono i dati sui salari e sui guadagni. La tabella che segue indica i prezzi di alcune merci nella Repubblica delle Provincie Unite nella prima metà del Seicento. L’unità monetaria era il fiorino; un fiorino era composto da 20 stuiver, o nichelini.

   20 stuiver 1 fiorino
1/2 stuiver costo di un boccale di birra
6 1/2 stuiver costo di una pagnotta di sei chilogrammi nel 1620
8 stuiver salario giornaliero di un candeggiatore specializzato a Haarlem (circa 110 fiorini all’anno), 1601
18 stuiver salario giornaliero di un cimatore ad Amsterdam ( circa 250 fiorini all’anno), 1633
13 fiorini prezzo di una tonnellata di aringhe olandesi, 1636
60 fiorini prezzo di 40 galloni di brandy francese, 1636
250 fiorini salario annuo di un falegname, 1630
750 fiorini stipendio di Clausius all’Università  di Leida, 1592
1500 fiorini guadagno medio di un mercante con un giro medio di affari, 1630 ca.
1600 fiorini compenso ricevuto da Rembrandt per il suo maggior capolavoro, La ronda di notte, 1642
3000 fiorini guadagno medio di un ricco mercante, intorno al 1630
5200 fiorini il più alto prezzo, attendibile documentato, pagato per un bulbo di tulipano, 1637

Erano in molti, anche all’epoca, coloro che consideravano matto chi praticava questo commercio; in realtà c’erano molte buone ragioni per ritenere giustificati i prezzi pagati. I bulbi venduti alle aste erano rari e gli splendidi fiori che nascevano erano ricercatissimi. Da più di due anni i prezzi aumentavano a ritmo rapido e costante. Perché non avrebbero dovuto continuare a salire? Calcoli sbagliati: l’asta di Alkamaar si svolse all’apice di uno degli episodi più bizzarri e memorabili della storia. Quasi immediatamente dopo, senza segnali di avviso, il prezzo dei bulbi cadde. Nell’arco di qualche settimana i tulipani precipitarono ad appena un decimo della precedente quotazione, e spesso anche sotto. Entro la fine del febbraio del 1637 alcuni che fino a pochi giorni prima erano considerati, almeno sulla carta, tra i cittadini più facoltosi dei Paesi Bassi persero tutte le loro ricchezze.

 

La storia di questa mania – la cosiddetta  ” tulipanomania ” – contraddice quanto solitamente ci viene raccontato sul Seicento e necessita quindi di una spiegazione. Com’era possibile che in un’epoca di guerre e povertà ci si distraesse con qualcosa di tanto frivolo e privo di un valore intrinseco? Com’era possibile che una società, convinta che la ricchezza fosse sinonimo di virtù e che pubblicamente professava la forma più rigorosa di calvinismo, tollerasse l’accanimento e la stravaganza di un commercio che era condotto per lo più da ubriaconi nei retrobottega? Che cosa in particolare spingeva quegli uomini a trattare bulbi e non altre merci? Sicuramente non sono domande a cui è facile rispondere. Neppure i contemporanei, che vissero la vicenda di quella febbre, riuscivano a spiegarsi come fosse sorta. A più di trecentosessanta anni da quando l’ultimo lotto fu aggiudicato nella sala d’aste di Alkamaar, non esiste ancora una storia di quelle vicissitudini fondata su fonti primarie. E’ comunque possibile provare a fare una ricostruzione.

Sicuramente sappiamo che questa è stata la prima bolla economica della storia, che anticipa e preannuncia le successive: i tulipani di ieri come le dot.com e come i mutui subprime di oggi, erano un delirio collettivo, con prezzi alle stelle e con un inarrestabile contagio sociale che portava il sistema al collasso.

A innescare questa bolla finanziaria fu il  tulipano, che non è originario dei Paesi Bassi, ma viene dall’Oriente, figlio delle immense terre dell’Asia centrale. A quanto si sa, non raggiunse le Province Unite prime del 1570, benché fosse in viaggio da centinaia e centinaia di anni, dopo essere partito dalla sua patria fra le catene montuose a nord dell’ Himalaya lungo il quarantesimo parallelo. Gli spettacolari colori e le infinite varietà del tulipano lo contraddistinsero fin dalla sua scoperta come un fiore eccezionale. Su questo concordavano tutti, non soltanto i turchi e gli olandesi, ma anche i botanici di ogni parte d’ Europa. Nel 1600 il tulipano, acclamato come il nuovo re del giardino, subentrava alla rosa, l’indiscussa regina fino a quel momento. Il tulipano non soltanto andava di moda e aveva colori più dedicati di molte altre specie, ma era anche resistente- e quindi ideale per il clima delle Provincie Unite. Non solo gli intenditori e appassionati di fiori appartenenti alle classi più agiate, ma anche fioristi-commercianti delle classi meno abbienti iniziarono a partecipare in modo sistematico e organizzato alle transazioni su bulbi di tulipano, poiché tutti erano affascinati dal miraggio dei guadagni e dalla prospettiva di accumulare più denaro di quanto ne avessero mai avuto. 

Nel periodo 1620-30 la produzione del tulipano più ricercato, il Semper Augustus, era nelle mani di un singolo proprietario. Il costo di un bulbo di Semper Augustus era di 1.000 fiorini nel 1623 e di 3.000 nel 1625, anni in cui in Olanda il salario medio annuo oscillava sui 150 fiorini. A partire dal 1625, le varietà di tulipani crebbero rapidamente, ma l’offerta complessiva rimase limitata, perché i bulbilli dovevano crescere per qualche anno prima di produrre il fiore. Fino al 1633, il mercato dei tulipani fu un commercio di lusso, a cui partecipava chi poteva permetterselo. Era anche un mercato di appassionati esperti di tulipani e della loro coltivazione. Era infine un business le cui transazioni avvenivano al momento della fioritura, quando la qualità del fiore poteva essere valutata. Dal 1634 in poi, la situazione cambiò e divenne pratica comune acquistare in autunno o inverno in attesa della consegna a giugno o settembre. Alcuni commercianti vendevano bulbi avendo stipulato un contratto d’acquisto, ma senza esserne in possesso. Ciò consentiva loro di trarre profitti, senza bisogno di piantare un solo bulbo.

Prese piede così il commercio dei tulipani di carta, ossia degli atti d’acquisto, pezzi di carta che venivano firmati, senza bisogno di mostrare fiori e bulbi. Nel 1635 venne creata un’unità di peso, il perit, e iniziò la vendita a peso, limitata ai bulbi più grossi e pregiati. L’interesse generato dal commercio di tulipani fu tale che si radicò la consuetudine di prenotare in anticipo presso i contadini-coltivatori i bulbi ancora in terra attraverso contratti con prezzi fissati prima. Dopo che i bulbi vennero piantati nell’ottobre del 1636, i prezzi salirono alle stelle. Nei mesi di novembre, dicembre e gennaio l’andamento rialzista proseguì. I prezzi più alti vennero pagati a fine gennaio e a inizio febbraio 1637. Da ottobre 1636 a gennaio 1637, alcuni bulbi erano passati di mano nella compravendita fino a dieci volte e il loro prezzo era cresciuto fino a venti volte. Il crollo arrivò in occasione dell’asta di Alkmaar il 5 febbraio 1637. Centinaia di lotti di bulbi furono venduti per un ammontare di 90.000 fiorini, ovvero ogni bulbo fu venduto a un prezzo medio pari al reddito di oltre un anno e mezzo di un manovale dell’epoca. Nei giorni successivi, la febbre dei tulipani si tramutò all’improvviso in terrore: ad Haarlem un’asta di bulbi andò deserta e provocò il panic selling incontrollato, facendo precipitare i prezzi di mercato in tutto l’Olanda. I prezzi si erano spinti a livelli così alti da fare capire agli investitori più accorti che era il momento di sbarazzarsi dei contratti divenuti carta straccia. Nonostante gli sforzi degli operatori, la domanda per le varietà considerate prima nuove e attraenti divenne rarefatta e largamente insufficiente a sostenere le forti richieste di vendite: il mercato dei tulipani crollò del tutto e le negoziazioni s’interruppero. In tale situazione, chi aveva acquistato attraverso i contratti (futures) i bulbi (i fioristi) si ritrovò vincolato contrattualmente a pagarli una cifra notevolmente superiore ai prezzi reali del momento. 

Fu così che terminò la tulipanomania. Gli anni trionfali di questo fiore erano finiti, non avrebbe mai più affascinato mezza nazione con la promessa di un guadagno facile. Con il passar del tempo la gente cominciò a chiedersi come avesse potuto esplodere una follia simile. Se cessò però di essere una mania pubblica, il tulipano continuò a essere una passione privata. Sarebbe sbagliato pensare che il tracollo del commercio dei bulbi avesse dissipato l’interesse per il fiore; al contrario venivano ancora richieste cifre considerevoli per i bulbi di pochissime varietà rare e molto apprezzate. Occorse solo uno o due anni perchè il commercio ritrovasse un certo equilibrio; gli speculatori non vi erano più, ma esisteva ancora un mercato. Persino nell’estate del 1637, meno di sei mesi dopo il crollo, Aert Huybertsz, un intenditore di Haarlem, sborsò 850 fiorini per un unico bulbo della varietà Rosen.

Si può quindi affermare che la bolla dei tulipani sia stata la prima grande bolla finanziaria, determinata dalla follia per l’amore del denaro.


SITOGRAFIA

https://www.repubblica.it/economia/finanza/2017/11/30/news/bolla_tulipani-182608191/

https://www.nelfuturo.com/La-bolla-dei-tulipani-madre-delle-speculazioni-finanziarie

https://www.binance.vision/it/economics/what-is-tulip-mania 


BIBLIOGRAFIA

Mike Dash,  La febbre dei tulipani, BUR Saggi,  2017


ARTICOLO DI ANTONIO MARCO CAMURATI DELLA CLASSE III B DEL LICEO CLASSICO