SITI CONSIGLIATI

http://boblog.corrieredibologna.corriere.it/2010/04/01/kalokagathia/

https://www.slideshare.net/SergioDiGirolamo/scultura-greca-kalokagathia


 

 

Kalós kái agathós letteralmente bello e buono sono i caratteri della bellezza secondo la concezione greca arcaica. Bellezza, forza, onore e coraggio sono i tratti fondamentali dell’eroe omerico donati dalla divinità: il valore del corpo, la prestanza fisica sono uniti alla lealtà, alla virtù. In campo militare il termine bello si riferiva a un uomo con un’ eccellente prestanza e forma fisica che gli consentiva di fronteggiare i nemici, mentre buono si riferiva al senso di valoroso in guerra. In ambito politico un uomo non poteva essere brutto ma buono oppure bello ma cattivo. E, certamente, un uomo scelto per rappresentare il popolo non poteva essere che kalokagathòs, bello e buono, motivo per cui la kalokagathia divenne anche un titolo onorifico con cui omaggiare chi si fosse distinto tra i cittadini

Ma non si cercò di adattare il concetto di kalokagathìa solamente all’uomo, bensì anche all’universo circostante, dunque a livello cosmologico. Per bello e buono, per perfezione s’intendeva in tal caso l’equilibrio tra i vari movimenti astronomici, tra i rapporti matematici e tra i corpi celesti, il tutto racchiuso nel termine greco di tèleios, ossia perfetto.

Nell’arte greca la kalokagathia viene rappresentata principalmente dal tempio concepito come modello ideale di perfezione; la sua elaborazione è stata pertanto oggetto di particolare cura e di un attento studio formale. Dall’esame di questa particolare struttura architettonica si rivela l’applicazione sistematica di precise leggi geometriche, idonee a garantire l’armonioso equilibrio e la proporzione dell’opera. Ad esempio, nella facciata del Partenone, il celebre tempio edificato sull’acropoli di Atene, è possibile ravvisare l’applicazione del “rettangolo aureo”, dagli antichi considerato la forma rettangolare pura per eccellenza.

Il modello estetico della proporzione e dell’armonia è stato elaborato per la prima volta dai Pitagorici e si fonda infatti sull’ idea che la realtà sia governata da rapporti matematici che conferiscono al tutto ordine, simmetria e perfezione. L’universo, quindi, esprime un ordine matematico, che si manifesta come armonia, regolarità, commensurabilità e simmetria. Ed è su tale ordine che si fonda anche l’idea del bello. L’armonia si mostra anzitutto come “rapporto aritmetico” che regola gli accordi musicali: aritmetiche, infatti, sono le proporzioni tra la lunghezza di una corda e l’altezza di un suono o quelle tra suoni, ritmi e intervalli. Anche i moti dei corpi celesti – nella loro assoluta regolarità – sono espressione di armonia secondo i Pitagorici.

Dopo la riforma di Solone, l’ideale aristocratico della kalokagathia, viene messo in discussione da una progressiva apertura sociale ed educativa nei confronti della borghesia media, che si stava progressivamente arricchendo. Diventa quindi necessario per i giovani aristocratici non soltanto curare la prestanza fisica, ma anche l’abilità dialettica, necessaria per la difesa di quei privilegi che fino ad allora erano invece dati per scontati. Per questo si affidarono a educatori democratici: i sofisti

Per i sofisti l’arte era un’attività finalizzata che attiene esclusivamente all’uomo; in particolare, essi collocano nell’ambito dell’arte i prodotti umani che si rivelano piacevoli. Identificando il bello con il piacevole i sofisti ne delimitano la nozione, separandola dalla sfera morale e circoscrivendola alla sfera propriamente estetica. Ritengono che non si possano fissare criteri generalmente validi per definire la bellezza: è bello che le donne si adornino e si dipingano, ma non che lo facciano gli uomini; alcuni popoli apprezzano il tatuaggio , altri lo considerano una deturpazione. In ambito sofista viene elaborata una teoria estetica secondo la quale una cosa è bella quando è adatta al suo scopo, alla sua natura o a certi particolari momenti o condizioni quando, in una parola, è conveniente. I sofisti sostenevano anche che non solo ogni soggetto vede diversamente il bello, ma ogni oggetto può essere diversamente bello in rapporto alle mutevoli circostanze in cui si presenta.

Platone invece si discosta notevolmente dall’estetica edonistica dei sofisti: da un lato, viene proposta una concezione oggettiva del Bello, dall’altro viene ripresa l’idea pitagorica della bellezza come armonia fondata sulla proporzione. Per Platone la bellezza è anche splendore. Il Bello ha un’esistenza autonoma, distinta dal supporto fisico, cioè non è vincolata ad un oggetto sensibile piuttosto che ad un altro oggetto, ma risplende ovunque.

I Sofisti sostenevano che qualcosa è bello perché procura piacere, Platone, invece, afferma che una cosa ci piace perché è bella.

Il concetto di Bello di Platone riconduce alla Teoria delle Idee, nucleo centrale del suo pensiero. Le idee non sono un semplice contenuto mentale, ma una vera e propria realtà che esiste al di là delle molteplici apparenze sensibili e che tuttavia si manifesta in esse. Se le cose giuste sono tali in virtù dell’idea di Giustizia, le cose belle sono tali in virtù dell’idea del Bello. La bellezza perfetta, secondo il mito platonico, si trova nel mondo delle idee, nell’ Iperuranio, che sovrasta il mondo terreno e lo stesso cielo. L’anima, immortale, prima di precipitare nel corpo, ha vissuto nel mondo delle idee, contemplandone la bellezza e la perfezione. La visione delle cose belle ridesta i ricordi della realtà sovrasensibile, stimolando la tensione verso l’ideale. La bellezza è l’unica tra le idee eterne ad essere immediatamente alla portata del nostro senso primario, la vista. Attraverso la bellezza sensibile, l’anima fa esperienza del mondo ideale e il Bello risveglia in il desiderio di farvi ritorno.

Secondo Aristotele, il Bello risiede nel fine (télos), che consiste nel raggiungere la perfezione, realizzando compiutamente la “forma”. La forma è per ogni cosa l’attuazione completa del suo essere, ciò per cui essa è quello che è ed il Bello, inteso come realizzazione di una forma, procura piacere e conoscenza e, in quanto tale, ha raggiunto la sua perfezione. Aristotele puntualizza le proprietà in base alle quali una cosa è definibile come bella, l’ordine (táxis), cioè l’appropriata disposizione delle parti di un oggetto e la misura (méghethos), cioè l’adeguata grandezza di un oggetto. Se un oggetto è bello, lo è in virtù delle proporzioni delle parti. Questo consente ai nostri sensi di percepirlo nel suo insieme e per procurarci diletto deve essere adeguato alla capacità dei sensi di percepirlo con la vista, ad esempio.Per Aristotele il Bello risiede nella meraviglia, causa del filosofare, stupirsi, lasciarsi sorprendere, rimanere in ascolto.

 Nel mondo moderno, l’idea della bellezza come proporzione e armonia ha subìto mutamenti profondi, tanto da risultarne ridimensionata e da essere in molti casi abbandonata. Malgrado ciò, questa idea ha continuato a influire sulla cultura occidentale. Come concezione estetica ha manifestato una certa persistenza nel senso comune e nello stesso gusto estetico, identificando il bello con ciò che appare simmetrico, compiuto, armonico. Grazie alle sue implicazioni aritmetiche e geometriche, essa ha inoltre fornito un contributo fondamentale alla rappresentazione matematica dell’universo da cui è nata la scienza moderna. Si tratta di una concezione classica della bellezza, talmente radicata da condurre, ad esempio, artisti e teorici dell’arte rinascimentale a respingere e disprezzare le rappresentazioni fornite dall’arte gotica tardomedievale, in quanto ritenute prive di quei caratteri di proporzionalità e rigore geometrico-matematico.


SITOGRAFIA

http://www.treccani.it/export/sites/default/scuola/lezioni/scienze_umane_e_sociali/BELLEZZA_ARTE_1_lezione_c.pdf

https://siderasplendensinterra.wordpress.com/2017/11/17/il-concetto-di-kalokagathia/

https://www.annamariapacilli.it/2018/11/15/le-dinamiche-del-bello-riflessioni-in-filosofia/

http://digilander.libero.it/studiosh/studiosh/approfondimenti/hernandez_estetica/hernandez_estetica_04_sofisti.pdf

https://www.edatlas.it/documents/bd8a53b5-9c57-4c4c-b3ba-9d11be4cb226


ARTICOLO DI GIORGIA STOMBOLI DELLA CLASSE III B DEL LICEO CLASSICO