SITI CONSIGLIATI


http://www.treccani.it/enciclopedia/friedrich-wilhelm-nietzsche

https://it.wikipedia.org/wiki/Friedrich_Nietzsche


Figlio di un pastore protestante, Friedrich Nietzsche nacque a Röcken nel 1844 e compì i suoi studi nelle università di Bonn e Lipsia. A 25 anni fu chiamato a ricoprire la cattedra di lingua e letteratura greca dell’Università di Basilea, dove rimase per un decennio. A questo periodo risalgono le prime grandi opere: La nascita della tragedia, Considerazioni inattuali, Umano troppo umano.

La salute sempre più precaria lo costrinse a lasciare l’insegnamento nel 1879. Iniziò da allora un inquieto pellegrinaggio tra la Francia meridionale e l’Italia, durante il quale scrisse La gaia scienza , Così parlò Zarathustra, Al di là del bene e del male. Infine si stabilì a Torino, dove nel 1889 diede i primi segni di follia. Venne allora affidato alle cure della sorella, Elisabeth, che se ne occupò sino alla morte, avvenuta a Weimar nel 1900.

La sorella si occupò anche della pubblicazione postuma di La volontà di potenza, ma secondo alcuni studiosi lo fece in modo tale da favorire la strumentalizzazione nazista del pensiero del fratello.

Nietzsche studiò a fondo la letteratura greca, soprattutto le origini della tragedia, come si evince dall’opera “Le origini della tragedia” del 1871. Nella Grecia antica, secondo Nietzsche, c’erano due tipi di spirito: quello apollineo e quello dionisiaco. Il primo consiste nel tentativo di organizzare e superare il caos attraverso forme limpide ed armoniche, il secondo consiste nell’accettazione entusiastica della vita che si esprime nell’ebbrezza creativa e nella passione sensuale. I due spiriti trovavano il loro equilibrio nella tragedia greca, in modo particolare in quella di Eschilo e Sofocle. Secondo Nietzsche con Socrate si ha una prevalenza dell’atteggiamento apollineo, si ebbe quindi un’incapacità di affrontare la tragicità della vita, e, allo stesso tempo, un tentativo di rappresentarsela come ordinata e razionale. Ha inizio così la creazione di menzogne con le quali gli uomini occidentali si ingannano. Il principale inventore di queste menzogne, secondo Nietzsche, è Platone, il quale respinge il mondo reale in favore di uno ideale. Inoltre Nietzsche critica il Cristianesimo in quanto sostiene che abbia alimentato l’odio verso tutti i valori vitali, quali la bellezza, la forza, la salute e la potenza.

Nietzsche crede che la più grande menzogna inventata dall’uomo sia Dio, che secondo il filosofo è morto, e sostiene che siano stati proprio gli uomini i fautori della sua morte. La morte di Dio porterà sconforto, gli uomini si sentiranno persi nel nulla, ma questo nichilismo verrà superato, infatti la scomparsa dell’illusione causerà anche la scomparsa della delusione. L’uomo che sarà in grado di superare la fine delle illusioni e saprà affrontare la vita senza certezze metafisiche è colui che viene definito Übermensch, o superuomo.

Il superomismo

Secondo Nietzsche, l’uomo vive immerso nell’eterno ritorno, in un tempo infinito dove tutte le situazioni e gli eventi possono ripetersi infinite volte. Esso è schiavo e vittima dell’eterno ritorno, assorbito in una dimensione perennemente ridondante. Incapaci di vivere di vera vita, queste persone, accettano di credere nella legge, nella religione, nella giustizia divina e vivono di orgoglio, umiltà, paure, virtù, senza mai tentare di uscire da questo perenne ed inarrestabile ciclo. Intraprendere la strada che conduce verso il superuomo, significa acquisire la consapevolezza della propria entità fisica, immersa nel mondo tangibile delle cose, capire che lo spirito esiste poiché esistono emozioni e compassione, poiché siamo immersi all’interno di un mondo in cui tutte le cose e le regole sono materiali e persino la parola e l’arte sono parte integrante di questa dimensione materiale.

Il superuomo secondo Nietzsche deve avere la capacità di diventare realmente se stesso, acquisendo consapevolezza dei propri impulsi. Il superuomo è conscio del proprio lato oscuro e l’alimenta per produrre nuove virtù.
In quest’ottica l’uomo supera se stesso soltanto attraverso la creazione di nuovi valori che gli permettono di acquisire una visione lineare del tempo e liberarsi dall’eterno ritorno, accettando il rischio di non venire più compreso dalla gente comune.

Il superuomo perciò non è la figura popolare, che sale alla ribalta e le cui parole sono comprese e approvate dalla moltitudine, il superuomo cambia il mondo ma lo fa lontano dalla folla. Esso, trae dalla solitudine la voglia di parlare con voce nuova, contraddice persino se stesso e crede fermamente nella propria forza creativa. Per fare questo, il superuomo, deve ritornare ad essere un bambino che ascolta i propri impulsi al di là della ragione e della natura di essi, al di sopra della morale comune e delle regole imposte dal mondo. Il bimbo vive perseguendo il proprio scopo al di là del bene e del male.

Il concetto di Superuomo è trattato da Nietzsche nell’opera “Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno.” Nietzsche sceglie come protagonista del suo romanzo Zarathustra, vissuto probabilmente tra l’XVIII e il XV secolo a.C nel nord della Persia.

Zarathustra o Zoroastro fu un profeta persiano fondatore dello Zoroastrismo, una religione dualistica, che ritiene cioè che il mondo sia dominato da due divinità che rappresentano due poli opposti: Ahura Mazda e Angra Mainyu.

Zarathustra in quest’opera ha il compito di annunciare agli uomini la venuta del Superuomo e la fine delle illusioni, egli infatti si pone come un profeta di Dioniso, professa l’accettazione totale ed entusiastica della vita, gli uomini però non sembrano pronti ad accettare ciò che lui dice. Quando Zarathustra giunge in città dopo dieci anni infatti, trova una folla radunata per vedere lo spettacolo di un funambolo. Prima che inizi lo spettacolo Zarathustra parla agli uomini, egli si pone come colui che insegnerà cos’è il superuomo, dopo il lungo discorso però, gli uomini sembrano non capire e preferiscono assistere all’esibizione piuttosto che ascoltare il profeta.

Allorchè Zarathustra ebbe parlato così, uno del popolo gridò: «Abbiamo ora udito abbastanza del funambolo; fate che adesso lo vediamo!». E tutto il popolo rise di Zarathustra. Ma il funambolo che credette la parola rivolta a lui, si accinse all’opera sua.”

Zarathustra, assistendo allo spettacolo, si rende conto che l’uomo è come la fune sulla quale cammina incerto il funambolo, tesa sopra l’abisso tra il mostro e il superuomo.

Ma Zarathustra guardava il popolo e si meravigliava. Poi disse: «L’uomo è una fune tesa tra il bruto e il superuomo – una fune sopra l’abisso. Pericoloso l’andare alla parte opposta, pericoloso il restare a mezza via, pericoloso il guardare indietro, pericoloso il tremare e l’arrestarsi. Ciò ch’è grande nell’uomo è l’essere un ponte e non una meta: ciò che si può amare nell’uomo è l’essere una transizione e una distruzione.”

La fune diviene quindi metafora della vita umana. Improvvisamente però il funambolo cade precipitando al suolo, questo, secondo Zarathustra, è il destino di ogni uomo che rifiuta il messaggio dionisiaco, rimanendo ingabbiato nella menzogna della metafisica, illudendosi di poter trovare stabilità.

L’annuncio dell’Oltreuomo, che sostituirà il nichilista e disilluso letze Mensch (o ultimo uomo, antitesi dell’Übermensch) implica tre metamorfosi dello spirito, che disegnano il percorso di autoliberazione della coscienza umana. Al cammello”, simbolo dell’uomo che obbedisce a Dio ed anzi desidera questa sottomissione ubbidiente, subentra, nel deserto, il “leone” che si ribella alla morale e sconfigge il grande drago” della morale vigente, rinunciando alle illusioni consolatorie della fede e rivendicando con forza il proprio Io voglio, che tuttavia gli permette solo la negazione dei vecchi valori. Tocca allora al fanciullo”, privo di ogni pregiudizio, costruire un nuovo mondo con la sua spontanea e dionisiaca accettazione della vita, prefigurando un’umanità nuova che è sopravvissuta alla morte di Dio.

D’Annunzio e il superuomo:

Il concetto di superuomo affascinò molti artisti, tra cui Gabriele d’Annunzio (1863-1938), il quale però ne modifica il concetto. 
Innanzitutto il superuomo dannunziano assume le sembianze di poeta Vate, capace di essere una guida per il paese, incantare gli altri, sedurre e vivere una vita originalissima. Una vita fatta di nuovi valori, ma molte volte lontani dalla pura introspezione, valori che divengono popolari, ricchi di forma e che possiedono una grande capacità di dare scandalo o di incantare gli altri. Il superuomo dannunziano trae dalla forza del bambino lo stupore, alimenta la propria creatività come un dilettante di emozioni incuriosito dal mondo e consacra all’arte la propria virtù.
C’è nel culto del pericolo e nel mito dell’ardito una sorta di rifacimento al superuomo di Nietzsche, ma anche questo è circondato da un alone di forma artistica e di auto-celebrazione che rendono quello di d’Annunzio un superuomo del tutto differente, un superuomo che ha saputo incantare, creando nuovi valori basati sul culto dell’estasi, sulla forma e sulla ricerca sfrenata di una nuova coscienza estranea alla morale comune.

Il superuomo d’annunziano ruota attorno all’esaltazione dello spirito dionisiaco ed è quindi caratterizzato da un vitalismo puro che gli conferisce un’energia sconfinata e inarrestabile. Questa energia istiga nel suo animo una profonda volontà di dominio e lo autorizza ad agire oltre ogni forma morale. Se si analizza, ad esempio, il romanzo “Le vergini delle rocce” si nota che la figura dell’esteta è inglobata in quella di superuomo, poiché il culto del bello e dell’arte pura divengono un mezzo di elevazione a quella forma superiore di vita che è il superuomo. Per cui si può vedere il superuomo come un’evoluzione dell’esteta, che non deve più allontanarsi dalla società isolandosi in un mondo fatto di arte e bellezza, ma deve impiegare tutte le sue energie nella lotta mirata al cambiamento della realtà secondo ben definite idee politiche. Il superuomo si presenta quindi come un vate che ha il compito di far riemergere la propria patria, l’Italia, dall’abisso in cui è sprofondata.

Il superuomo nel Nazismo:

Indubbiamente, il pensiero filosofico di Friedrich Nietzsche è uno tra i più complessi, ambigui e profondi della storia del pensiero occidentale contemporaneo, specialmente a causa del suo simbolismo quasi mistico. Dopo la morte del filosofo le sue opere e le sue tesi divennero oggetto di profondo e controverso dibattito. Nella prima metà del novecento Nietzsche divenne il pensatore, l’ideologo, il padre ispiratore del pensiero nazionalsocialista, il quale, tralasciando l’influenza delle probabili alterazioni operate dalla sorella, con i suoi concetti di superuomo e di volontà di potenza, si prestava adeguatamente ad essere il padre originario dell’ideologia nazista. Essa poneva al centro delle sue riflessioni l’affermarsi di una “nuova umanità” più forte e più evoluta in grado, a partire da impulsi di supremazia ed auto- affermazione individuale, di imporsi sulle categorie umane considerate inferiori e più deboli. L’idea del superuomo, ovvero dell’autenticazione di una nuova umanità, in grado di superare i limiti si adattava, con le adeguate forzature interpretative, al concetto cardine del pensiero hitleriano, l’avvento di una nuova fase storica del mondo guidata da una nuova umanità, la cosiddetta “razza ariana”. Le squadre militari naziste ed il loro capo ispiratore e venerato, Adolf Hitler, facevano riferimento ad una cultura già radicata da tempo in Germania e alla quale Nietzsche, invece, si oppose con decisione: l’antisemitismo e il modello socio-politico del cosiddetto “pangermanesimo”. Nietzsche, infatti, era, in verità, profondamente anti-germanico, riteneva che il popolo tedesco fosse dominato da un’ideologia borghese e perbenista non in linea con il suo modello antropologico del superuomo. Il massimo punto di forzatura estremizzata del pensiero di Nietzsche è evidente a partire dall’evoluzione dell’antropologia filosofica nazista che vedeva nelle categorie umane più deboli un elemento nocivo da eliminare dal pianeta. Nietzsche, al contrario, intendeva il dominio del superuomo alla stregua esclusivamente di rapporti di potere e di forza. Nietzsche, inoltre, con la sua filosofia rivoluzionaria del superamento del sistema borghese vigente, e di superamento di una morale stagnante e rigida, non avrebbe mai appoggiato una filosofia dell’esistenza rigidamente e schematicamente legata ad un assetto di valori predefinito e a veri e propri miti divinizzati. Infatti egli dichiarava la morte di Dio e invitava l’uomo a liberarsi di tutti gli dei e i miti del passato.


ARTICOLO DI LAURA MOSCA GORETTA DELLA CLASSE V A DEL LICEO CLASSICO