Psicologia delle masse e analisi dell’io

Nel 1921 Sigmund Freud pubblicò il suo saggio sulla psicologia dei gruppi intitolato Psicologia delle masse e analisi dell’io (Massenpsychologie und Ich-Analyse), opera minore rispetto ad altre dello stesso autore, ma che colpisce per la sua attualità per quanto riguarda lo studio dei meccanismi che regolano la società e gli individui che ne fanno parte.

Psicologia sociale
Generalmente si tende a differenziare la psicologia individuale (quella che si occupa dell’individuo e dei mezzi con cui cerca di ottenere la soddisfazione) dalla psicologia collettiva o sociale (quella che vede l’individuo come membro di un gruppo sociale o in quanto elemento di una moltitudine umana che si è organizzata in collettività per perseguire un fine), tuttavia la prima di rado può fare a meno di analizzare i rapporti che legano l’individuo ai suoi simili, perciò essa stessa deve essere considerata in senso lato psicologia sociale. Quando ci si occupa di psicologia collettiva o sociale di solito non si prendono in considerazione i legami con una persona o con un numero ristretto di persone che influenzano profondamente l’individuo, bensì il condizionamento simultaneo che esercita un gruppo numeroso che può essergli estraneo, ma a cui è legato da determinati rapporti.

Gustave Le Bon

L’anima collettiva e le masse
Nell’introduzione al suo saggio, Freud fa riferimento alla Psicologia delle folle (1895) di Gustave Le Bon e afferma che l’individuo pensa e agisce differentemente da come farebbe se fosse da solo quando si trova all’interno di un gruppo umano, che assume il carattere di “folla psicologica”. Gli individui che formano una folla possono anche essere diversi tra di loro, ma il solo fatto che si siano uniti dà loro una “anima collettiva”, che li porta a sentire, pensare e agire in modo differente da come sentirebbero, penserebbero e agirebbero isolatamente. Le Bon ritiene che la folla psicologica sia un’entità provvisoria formata da elementi eterogenei momentaneamente congiunti come le cellule che unite formano un corpo con caratteristiche diverse da ciascuna di esse.
All’interno della folla l’individuo subisce dei cambiamenti, perde le sue acquisizioni individuali, la sua personalità, la sua sovrastruttura psichica e mostra la sua base inconscia (“l’eterogeneo si fonde con l’omogeneo”) ; egli, inoltre, manifesta proprietà che prima non gli appartenevano. Freud riporta integralmente il brano di Le Bon (qui brevemente riassunto), il quale riconduce il cambiamento dell’individuo a tre fattori:
1) In una moltitudine l’individuo, per il solo fatto del numero, prova un sentimento di potenza che fa sì che si abbandoni agli istinti inconsci senza più alcun senso di responsabilità tipica del singolo, proprio perché la folla è anonima, e in tali condizioni la voce della sua coscienza tace.
2) Il contagio mentale: solo quando l’individuo si trova all’interno di una folla sacrifica il proprio interesse personale per quello collettivo, poiché in essa ogni pensiero e azione sono contagiosi.
3) Suggestionabilità: l’individuo mostra comportamenti diversi da quelli che avrebbe se isolato, a volte addirittura opposti, tanto da perdere la propria personalità individuale a causa di suggestioni.
Egli si trova in una condizione molto simile a quella dell’ipnotizzato nelle mani dell’ipnotizzatore: diventa cioè schiavo delle proprie attività inconsce, che l’ipnotizzatore indirizza dove desidera.
Per Freud la teoria di Le Bon non è del tutto corretta, in quanto essa identifica totalmente lo stato dell’ipnotizzato con quello dell’individuo nella collettività. Freud sostiene inoltre che il contagio mentale viene operato non solo dal capo sulla folla, ma anche da coloro che ne fanno parte, che si influenzano reciprocamente e rinforzano la primitiva suggestione.
L’individuo manifesta una diminuzione dell’attività intellettuale nella folla, in quanto essa è irrazionale, impulsiva e per questo pare mostrare affinità con la psichica dei primitivi e dei bambini.
A seconda delle occasioni la folla può rispondere a istanze e desideri tanto nobili quanto crudeli ma sempre portati all’eccesso; se influenzata da una suggestione è capace di rassegnazione e profonda devozione a un ideale, per questo si parla di moralizzazione dell’individuo attraverso la folla. Per Le Bon “l’interesse personale, che costituisce pressoché l’unico motivo di azione per l’individuo, nelle folle non ha quasi mai una parte importante”, mentre altri ritengono che sia la società a imporre all’individuo le regole della morale, perché solo nella massa si crea un tale entusiasmo che la porta a compiere le azioni più generose.
“Essa non conosce né il dubbio né l’incertezza”, scrive Freud, infatti non ha senso critico, pare arrivare a non distinguere cosa sia vero da cosa sia falso e gli individui al suo interno si sentono onnipotenti, perciò si dice che il suo livello intellettuale sia inferiore a quello dell’individuo, tuttavia è totalmente giustificata la tesi che sostiene che anche l’anima collettiva è in grado di creare intellettualmente e ciò è dimostrato dalla nascita delle lingue, del folclore… e ancora non è da ignorare quanto il gruppo possa stimolare il pensatore o lo scrittore ed egli sia solo colui che perfeziona “un’operazione mentale cui gli altri hanno simultaneamente preso parte”.
Una folla è particolarmente sensibile alla “forza magica delle parole”, che possono esaltarla o calmarla; in ogni caso, essa preferisce discorsi illusori, surreali, tanto che arriva a non distinguere più il reale da ciò che non lo è, come succede al nevrotico, per cui la sola realtà valida è quella psichica.
Istintivo di qualunque gruppo di esseri viventi comunque è quello di mettersi sotto a un capo, che deve necessariamente avere una grande fede in un’idea – che deve essere capace di suscitare nei membri del gruppo – e “una volontà possente” per animare la moltitudine che ne è priva.
Le Bon tuttavia si occupa dello studio di raggruppamenti transitori che si formano rapidamente per un interesse comune, come le folle rivoluzionarie della Rivoluzione Francese; altri autori si dedicano all’osservazione di gruppi permanenti in cui gli uomini trascorrono la loro vita intera. La differenza che persiste tra i due viene descritta da William McDougall nel libro The Group Mind (1920) e la sua origine viene individuata nel fattore dell’organizzazione. Nel caso più semplice il gruppo non ha organizzazione alcuna o molto rudimentale. Questa massa è chiamata folla. In questa forma una moltitudine di persone non può formare un gruppo psicologico, a meno che non abbiano tutti qualcosa di comune che li porti a sentire insieme.

William McDougall

Per William McDougall ci sono cinque condizioni fondamentali che permettono alla vita psichica del gruppo di elevarsi:
1) Continuità nella composizione del gruppo, materiale o formale;
2) Ogni individuo deve essersi formato un’idea precisa del gruppo di cui fa parte da cui deriva il suo atteggiamento affettivo nei confronti di coloro che lo compongono;
3) Le moltitudini devono avere rapporti con formazioni analoghe, ma che siano diverse per molti aspetti: in questo modo tra un gruppo e l’altro si crea una sorta di rivalità;
4) Il gruppo deve avere usi e costumi che abbiano attinenza con le relazione tra i suoi membri;
5) Il raggruppamento deve avere un’organizzazione tale che ci sia una specializzazione e una differenziazione delle attività assegnate a ciascuno.
Tali condizioni ricreano le facoltà che erano tipiche dell’individuo da lui perse quando è stato assorbito in esso. Egli in precedenza aveva una sua continuità, un modo di adattamento e si teneva lontano dai rivali, qualità che ha perso quando è entrato nel gruppo non organizzato.

La libido e il concetto di amore

L’individuo che fa parte di un gruppo subisce, sotto la sua influenza, delle profonde trasformazioni riguardanti la sua attività psichica. La sua affettività viene straordinariamente esaltata, la sua attività intellettuale notevolmente ridotta, mentre l’esaltazione dell’una e la riduzione dell’altra si effettuano nel senso dell’assimilazione di ogni individuo a tutti gli altri.

Ratto di Proserpina, Bernini

Perché gli individui si raggruppino e rimangano uniti non è sufficiente che su di loro venga esercitata una forma di intimidazione; i fenomeni possono essere spiegati se si fa riferimento alla definizione di suggestione, cioè delle condizioni in cui si subisce un’influenza senza nessuna ragione logica, la cui conseguenza è l’imitazione.
Per Freud alla base dei gruppi vi è la libido, termine preso dalla teoria dell’affettività. Essa è l’energia delle tendenze che viene riassunto con il termine amore. L’amore qui inteso è quello cantato dai poeti, ovvero l’amore sessuale, che ha come fine ultimo l’unione sessuale. Esso è l’attaccamento libidico a qualche oggetto e il suo scopo è la soddisfazione sessuale diretta e dura finché questa non viene realizzata. Ciò che fa sì che si verifichi un attaccamento permanente tra due persone è la certezza che il desiderio appena appagato venga ridestato di nuovo. Quando si ama, l’oggetto del nostro amore è liberato da ogni critica e i suoi pregi sono amati più di quanto verrebbero apprezzati se non fosse la persona che amiamo: l’oggetto amato, allora, viene visto come sostituzione di un ideale che l’Io vorrebbe incarnare e non riesce a realizzare e in questo si soddisfa il proprio narcisismo, altrimenti l’Io diventa meno esigente e l’oggetto sempre più magnifico, tanto da portare l’Io al completo sacrificio, sottomissione e umiliazione in nome dell’oggetto amato, soprattutto nell’amore infelice.

Ipnosi

Tra lo stato amoroso e l’ipnosi Freud vede delle comunanze, in quanto l’ipnotizzatore è per l’ipnotizzato il solo oggetto degno di attenzione e il rapporto che si instaura tra di loro è un abbandono amoroso totale, senza nessuna soddisfazione sessuale. Il rapporto ipnotico comunque rappresenta una formazione collettiva a due ed è identico all’atteggiamento di un membro del gruppo nei confronti del capo. L’ipnosi quindi si differenzia dalla formazione collettiva per la limitazione numerica e dallo stato amoroso per la mancanza di tendenze sessuali dirette. È dalle tendenze sessuali deviate dal loro scopo che si generano i legami più durevoli, infatti le tendenze sessuali libere subiscono pian piano un indebolimento quando viene raggiunto il fine sessuale: l’amore sessuale può essere durevole se viene associato sin dall’inizio a elementi di pura tenerezza.
L’amore quindi può avere anche altre forme: l’amore per se stessi, per i genitori, l’amicizia, l’attaccamento a oggetti, a idee. Tutti questi tipi di amore vengono ritenuti dalla psicoanalisi come tendenze sessuali.
Ciò che lo psicoanalista vuole dimostrare è quindi che la base dell’anima collettiva sia formata da rapporti amorosi o attaccamenti affettivi. Negli altri autori portati come esempio nell’opera di Freud non si parla di questo e ciò che corrisponderebbe ai rapporti amorosi è ricondotto semplicemente alla suggestione.

Sigmund Freud

Se il gruppo vuole restare unito bisogna che sia tenuto insieme da una forza, che può essere soltanto l’Eros, inoltre l’individuo – come già detto – quando entra a far parte di una collettività abbandona quello che ha di personale e di particolare e permette di essere suggestionato dagli altri, per una tendenza che lo spinge a essere in armonia con loro, dunque lo fa per “amore degli altri”.
Un semplice assembramento di persone non rappresenta un vero e proprio gruppo, in quanto ancora non emergono i legami necessari a formarlo, tuttavia tutti i raggruppamenti di persone hanno la tendenza a trasformarsi in un gruppo psicologico.
Secondo gli studi psicoanalitici i rapporti affettivi troppo intimi tra due persone, lunghi o brevi che siano, lasciano un residuo di sentimenti ostili, di cui ci si può solo liberare con la rimozione, ed è quello che accade anche quando gli uomini sono raccolti in un sistema più vasto: due città vicine sono animate da una rivalità, gruppi etnici dello stesso ceppo si respingono reciprocamente ecc. e l’avversione è tanto più profonda quanto più sono evidenti le differenze, di cui bisogna ricercare le origini in un egotismo e narcisismo. Se si crea un’ostilità verso persone a noi molto vicine, allora si parla di “ambivalenza affettiva” e se ne ricercano le ragioni nei motivi di conflitto in quegli interessi che nascono in rapporti molto stretti. Freud non ha una stima molto alta e ottimistica degli uomini, in quanto afferma che tali comportamenti rivelano “una propensione all’odio, un’aggressività la cui origine ci è ignota e alla quale possiamo attribuire un carattere elementare”. Quando poi gli uomini si uniscono in un gruppo l’intolleranza scompare, perché “l’egoismo trova un limite solo nell’amore per gli altri, nell’amore rivolto a oggetti”.
Secondo Shopenhauer, in ogni caso, nessuno sopporterebbe un’unione troppo intima con i propri simili e lo spiega con chiarezza nella seguente parabola:

In una giornata invernale, i porcospini si serrarono gli uni contro gli altri per proteggersi dal freddo col calore reciproco. Ma, dolorosamente punti dalle spine, non tardarono a discostarsi di nuovo. Costretti a riavvicinarsi dal freddo persistente, provarono un’altra volta il fastidio delle spine, e questo alterno riavvicinarsi e allontanarsi durò finché non ebbero trovato una giusta distanza in cui erano al riparo da entrambi i mali.

Infatti Freud ritiene che l’unione di individui in una collettività è una limitazione solo momentanea del narcisismo, che non ha durata più lunga dell’immediato vantaggio che può portare la collaborazione con gli altri.
I legami che intercorrono tra i membri del gruppo e il capo sono delle tendenze sessuali che sono state deviate dai loro scopi primitivi e si scatenano dalle cosiddette identificazioni.

Edipo e la Sfinge

L’identificazione
Per la psicoanalisi l’identificazione è la prima manifestazione di un attaccamento affettivo a un’altra persona.
Essa può manifestarsi in tre forme:
1) Il complesso di Edipo: il bambino mostra un grande interesse per suo padre, vorrebbe diventare come lui e sostituirlo in tutti i sensi, perciò ne fa il suo ideale e si identifica in lui. In contemporanea con questa identificazione o poco più tardi, il bambino rivolge i suoi desideri libidici verso la madre. Egli presenta due attaccamenti: uno per la madre, come oggetto sessuale, e un’identificazione con il padre, che diviene oggetto da imitare. Questi sentimenti vivono l’uno accanto all’altro e non si influenzano a vicenda inizialmente, ma successivamente si incontrano e da qui deriva il normale complesso di Edipo, durante il quale il bambino nota che il padre gli impedisce un avvicinamento ulteriore alla madre e l’identificazione nei suoi confronti si mescola al desiderio di rimpiazzare il padre presso la madre, infatti l’identificazione ha un carattere bivalente: tenerezza e volontà di soppressione; può accadere che il complesso d’Edipo incorra in un’inversione e il padre divenga l’oggetto da cui le tendenze sessuali si aspettano la soddisfazione e l’identificazione col padre rappresenta la fase preliminare della sua oggettivizzazione sessuale: nel primo caso il padre è ciò che si vorrebbe essere, nel secondo caso è ciò che si vorrebbe avere. Tutte queste osservazioni ci fanno comprendere che l’Io tenta di rendersi simile a quello che si è proposto come modello.
In ogni caso questi istinti vengono poi rimossi e il bambino mostra un atteggiamento diverso verso i suoi genitori e prova per loro solo affetto.
2) L’identificazione parziale, che nella bambina può svilupparsi secondo due modalità: in una l’identificazione è uguale a quella che deriva dal complesso di Edipo, nell’altra la bambina non solo imita la madre, persona in cui si identifica e in cui vede una rivale, ma imita anche l’oggetto del suo amore, ovvero il padre; in questo caso allora “l’identificazione ha preso il posto della tendenza erotica, che questa si è trasformata, per regressione, in un’identificazione” e l’Io imita sia la persona non amata sia la persona amata.
3) L’identificazione per sintomo: essa si verifica al di fuori e in maniera del tutto indipendente da qualunque atteggiamento libidico nei confronti della persona imitata; essa avviene ogni volta che una persona scopre in sé un aspetto comune con un’altra, senza che questa costituisca per lei un oggetto di desideri libidici. Chiaramente più numerosi e importanti saranno gli aspetti di identificazione, più essa sarà forte. Essa rappresenta il reciproco attaccamento che vige tra gli individui che formano un gruppo ed è costituita dalla natura del legame che unisce ognuno al capo. In psicologia questo processo è l’assimilazione di sentimenti altrui e consente di penetrare l’animo di persone estranee al nostro Io.

I tipi di gruppi
Le tipologie di raggruppamenti sono varie e  diversi sono i modi in cui essi si formano: alcuni sono transitori e altri stabili, alcuni sono omogenei e altri eterogenei, alcuni si sono formati naturalmente e altri tenuti insieme da una imposizione esterna, alcuni sono primitivi e altri hanno una buona organizzazione, alcuni hanno un capo e altri ne sono privi.
I gruppi permanenti sono generalmente molto ben organizzati e tra questi i due maggiori esempi sono la Chiesa e l’Esercito. Essi sono “gruppi artificiali” la cui coesione è conservata da una coercizione esterna che si oppone a qualunque cambiamento nella loro struttura. In entrambi impera l’illusione della presenza, visibile o invisibile, di un capo che per la Chiesa cattolica è il Cristo e per l’Esercito è il comandante che ama tutti i membri allo stesso modo. Il gruppo si conserva grazie a questa illusione e se questa scomparisse entrambi si disintegrerebbero. Lo spirito di gruppo deriva dalla gelosia. Nessuno deve distinguersi dagli altri, tutti devono fare e avere la stessa cosa. La giustizia sociale significa negarsi molte cose perché gli altri a loro volta vi rinuncino o non possano rivendicarle.
Nella Chiesa sono tutti uguali di fronte al Cristo e tutti hanno lo stesso diritto al suo amore, perciò si può trovare un’analogia tra la comunità cristiana e la famiglia poiché i fedeli si considerano tutti quanti fratelli nell’amore che il Cristo ha per loro. Se non ci fosse il rapporto tra il Cristo e l’individuo non esisterebbe quello che vi è tra ciascuno dei membri e gli altri. Si realizza lo stesso processo nell’esercito, in cui il comandante è la figura del padre che ama tutti i suoi soldati nella stessa maniera e da cui nasce il cameratismo.
Nell’Esercito e nella Chiesa ciascun individuo è unito da legami libidici al capo e a tutti gli altri membri della collettività: ciò porta alla limitazione della sua libertà e al fenomeno del panico, non appena il gruppo inizia a mostrare segni di disfacimento. Il panico si verifica quando non si rispettano più le prescrizioni del capo e ciascuno pensa a se stesso e non ha più a cuore il benessere collettivo, quando i legami reciproci si frantumano e si diffonde la paura, di cui difficilmente si riescono a trovare le ragioni. “Il panico è caratterizzato proprio dal fatto di essere sproporzionato rispetto al pericolo e di scatenarsi spesso per cause insignificanti” e dimostra la rottura dei legami affettivi che avevano mitigato il pericolo agli occhi di coloro che fanno parte del gruppo. In generale basta che non si abbiano più notizie del capo per scatenare il panico, che allenta il rapporto che lega i membri al capo e conseguentemente agli altri. Diversamente è difficile che avvenga un vero e proprio disgregamento dei gruppi religiosi: ad esempio, nel caso in cui sia messo in dubbio un dogma, coloro che appartengono alla comunità rivelano atteggiamenti ostili – prima dissimulati – verso quelli che non ne fanno parte. “In fondo, ogni religione è una religione d’amore per quelli che vi partecipano, e tutti sono disposti a dimostrarsi crudeli e intolleranti nei confronti di coloro che non li riconoscono”, afferma Freud, ma poi aggiunge che non bisogna rimproverare troppo ai fedeli questo atteggiamento di intolleranza, che in tempi più antichi era smodato e addirittura violento e che oggi ha subito un’attenuazione non per un mitigamento dei costumi degli uomini ma per un indebolimento dei sentimenti religiosi. È possibile che altre formazioni collettive prendano il posto di quelle religiose e che manifestino da subito la stessa intolleranza che caratterizza le lotte religiose: queste sono le formazioni politiche (Freud cita l’esempio del comunismo, anche se sarebbe possibile farne altri, come il nazismo o il fascismo).
Freud attribuisce alle religioni un aspetto positivo, poiché esse, finché sono state molto forti, costituivano la migliore difesa dalle nevrosi.

L’orda primitiva

Charles Darwin

Per Freud non è vero che l’uomo è un animale gregario, come afferma Trotter, bensì sostiene che sia un animale di un’orda, cioè elemento costitutivo di un’orda guidata da un capo. Egli si richiama a una teoria di Charles Darwin del 1917, per cui la forma primitiva della società umana era un’orda subordinata alla supremazia di un maschio possente. Quest’orda ha lasciato delle orme indelebili nella storia dell’umanità e l’eliminazione del capo e il rimpiazzo dell’orda paterna con una comunità fraterna ha portato alla nascita del totemismo, che accorpa le origini della religione e della morale.
Nell’orda primitiva i membri erano legati gli uni agli altri come lo sono oggi, ma il padre dell’orda era libero e la sua volontà non necessitava dell’approvazione altrui, perciò egli pensava solo a se stesso e badava agli altri nella misura in cui essi servivano alla soddisfazione dei suoi desideri. Egli non era ancora immortale, come lo è divenuto dopo la sua divinizzazione. Una volta morto era essenziale trovargli un sostituto, ruolo che sarebbe stato assunto probabilmente dal suo figlio minore, fino ad allora uno dei membri del gruppo. Il padre impediva ai figli di soddisfare le loro esigenze sessuali dirette e ciò ebbe come conseguenza lo stabilirsi di legami affettivi che li univano a lui e gli uni agli altri. Egli rappresenta l’ideale della massa che domina l’individuo. In seguito fu innalzato alla dignità di Creatore del mondo, poiché da lui erano stati generati i figli del gruppo originario, ed era da loro adorato e temuto allo stesso tempo. Un giorno però i figli si allearono e uccisero il padre, divorandone il corpo. Nessuno riuscì a prendere il posto prima occupato dal padre, anche perché appena qualcuno tentava di farlo, immediatamente si verificavano i medesimi problemi che avevano afflitto la precedente struttura sociale (ostilità, lotte, massacri), per questo rinunciarono a sostituire il padre e formarono la comunità fraterna totematica, in cui ciascuno aveva gli stessi diritti, era legato dagli stessi tabù totemici, doveva ricordare

Totem e Tabù

l’assassinio e scontare la colpa. Fu presto ristabilito l’antico ordine, ma in una forma differente: l’uomo diventò un nuovo capo, ma capofamiglia, ed eliminò i privilegi del regime matriarcale che si era stabilito dopo la soppressione del padre. In compenso, il padre riconobbe le divinità materne, che erano venerate da sacerdoti che si era sottoposti alla castrazione. La nuova famiglia era soltanto l’imitazione di quella antica e comunque i diritti paterni erano limitati da quelli degli altri. Tali privazioni portarono uno di questi a staccarsi dal gruppo e ad assumere la parte del padre: questo fu il primo poeta epico, che trasformò la realtà in base ai suoi desideri e inventò il mito eroico. L’eroe era colui che aveva ucciso da solo il padre e diveniva l’ideale dell’Io, la donna invece era tramutata da semplice posta in gioco dell’assassinio in complice attiva di questo crimine. Il mito eroico si conclude con la divinizzazione dell’eroe. 
La successiva forma della società umana fu il clan totemico, basato su questa trasformazione, che è il fulcro di tutti gli obblighi sociali: la forza della famiglia deriva dalla convinzione che il padre ami tutti nello stesso modo. Nell’evoluzione della famiglia c’è stata una fase di rapporti sessuali collettivi (matrimoni di gruppo), ma man mano che l’amore diveniva sempre più importante l’individuo tendeva alla limitazione dell’amore a due persone. Esse, unite per lo scopo sessuale, costituiscono con la loro ricerca della solitudine una dimostrazione contro l’istinto gregario e la ricerca di allontanamento dall’influenza del gruppo si mostra sotto la forma di un sentimento di vergogna. Le emozioni violente, causate dalla gelosia, servono a proteggere l’oggetto della scelta sessuale contro il pregiudizio che gli può derivare da un legame collettivo.


FONTI:
Psicologia delle masse e analisi dell’io – Sigmund Freud


ARTICOLO DI VANESSA MUSSO DELLA CLASSE V A DEL LICEO CLASSICO