Se io ora dicessi: “Medioevo” a voi tutti verrebbe in mente un prode cavaliere con la sua splendente armatura che estrae la fulgida spada per combattere contro un drago, giusto?
Ebbene, è esattamente di questo che NON voglio parlare qui!

Già, perchè, siceramente parlando, trovo ingiusto che altre armi altrattanto efficaci passino in sordina davanti ad una spada dall’elsa splendente. Pertanto, oggi parleremo delle ALTRE armi medievali, forse alcune ve le aspetterete, da altre sarete sorpresi, ma la regola è una sola: nessun tipo di arma bianca dalla lama lunga, altresì nota come spada!

I SOTTOVALUTATI PUGNALI

I pugnali nel medioevo erano le armi forse più versatili: a prescindere che tu dovessi affettare una pagnotta o una persona, il pugnale, rapido e letale, non faceva mai cilecca.

Come anche oggi del resto, i pugnali erano “l’arma d’emergenza”; una volta disarmati, infatti, i soldati potevano ancora contare sul loro coltello per sconfiggere l’avversario.

Vi erano moltissimi tipi di pugnali; in occidente, alcuni erano adatti sia in guerra che nel quotidiano, come il Coltello genovese realizzato con un manico di Bosso e privo di guardia (la parte dell’elsa che protegge la mano per capirci), mentre altri,come il quadrello o lo stiletto, erano studiati apposta per le battaglie e, soprattutto, gli agguati.

In oriente i pugnali erano quasi esclusivamente da combattimento ed arrivavano a rappresentare un simbolo di rispetto, come i Kriss, un gruppo di pugnali malesi che, a seconda del numero di curve presentate dalle loro lame a biscia, assumevano nomi e connotazioni positive diverse; ad esempio, se un Kriss presentava 5 curve veniva chiamato Pandawa ed era simbolo di sapienza, con 7 si chiamava Carubuk e simboleggiava onore, con 13 prendeva il nome di Sengkelat e significato di potere.

Altri pugnali orientali molto comuni erano (e, alcuni, sono) l’indiano Kirpan, pugnale simbolico dello Sikhismo, lo Janbiya, il pugnale arabo per antonomasia, ed il giapponese Tanto, un coltello posseduto dai Damiyo, i feudatari giapponesi.

 

LE ARMI INASTATE, IL TERRORE DEI CAVALLI

Data la sempre maggiore importanza che la cavalleria assunse nell’epoca medioevale, divenne un obbligo creare sia delle armi appropiate per infilzare un nemico dall’altezza del cavallo per i cavalieri, sia degli armamenti in grado di trafiggere e disarcionare i cavalieri tenendoli ad una distanza di sicurezza per i fanti: con le armi inastate si presero due piccioni con una fava!

Questo genere di armi si diffuse già nell’alto medioevo, con le picche, che, con i loro 6 metri di lunghezza, più che delle armi sembravano dei trampoli,  le italianissime Lanzelonghe, usate prevalentemente dalla fanteria, e le Lance da giostra, le armi inastate usate nelle giostre appunto, con le quali i cavalieri si sbilanciavano a vicenda.

Fu però nel basso medioevo che le armi inastate subirono quello che oggi verrebbe chiamato un “Restyling”: vennero rese più corte e maneggevoli, adatte quindi al combattimento ravvicinato. Le principali armi di questo genere furono il falcione, una vera e propria spada infilata in cima ad un asta di 2,5 metri, la rogatina, un’arma di origini slave inizialmente usata per la caccia, l’azza, un armamento costituito da un’ascia posta in cima ad un bastone di un metro e mezzo, il roncone, l’arma delle milizie urbane italiane, la celeberrima alabarda, forse l’arma inastata per eccellenza, la partigiana, la versione “potenziata” della picca, e la corsesca, un arma formata da una cuspide affilatissima e due rebbi, che, a seconda della loro forma, distinguevano vari categorie di questa particolare arma, come il brandistocco, con i rebbi affilati come la cuspide, o il pipistrello, con i denti di ferro girati verso l’alto e seghettati.

Va detto, però, che l’evoluzione delle armi inastate è avvenuta solo nelle potenze medievali di cui si parla principalmente nei libri di storia, come Francia ed Inghilterra, mentre altre nazioni avevano le loro armi lunghe fisse e mai mutate, come l’ascia danese, una particolare variante lunghissima dell’ascia vichinga, e la Kopia, la lancia maneggevole usata dagli Ussari, i guerrieri alati polacchi.

MAZZE E ASCE, LE ARMI DEI LABORATORES

Nel medioevo inizialmente erano usate delle mazze molto rudimentali, create dal ceto basso del popolo, che venivano costruite riempiendo semplicemente di chiodi la testa di un randello, e anche se poi vennero rimodernate, creando armi più efficaci come la Stella del mattino, rimasero armamenti in grado di fare pochi danni alle nuove, scintillanti e splendide armature che si stavano diffondendo, come la brigantina.

 Fu così che i fabbri medioevali iniziarono a produrre armi più costose ma anche più efficaci: le mazze flangiate. Studiate apposta per frantumare le ossa anche al più corazzato dei soldati, erano costruite con lamine di metallo ben rifinite ed affilate disposte radialmente, in modo da provocare danni serissimi a chiunque avesse la sfortuna di vedersele arrivare contro!

Un discorso a parte va fatto per i mazzafrusti, ovvero le armi composte da un manico a cui sono attaccate da una a tre catene ognuna con una mazza all’estremità. Arma costosa e veramente poco maneggevole, il mazzafrusto veniva usato solo dai cavalieri alla carica per attacchi singoli, dato che, se lo si faceva roteare troppo senza prestare attenzione, l’utilizzatore poteva essere ucciso dalla sua stessa arma.

In guerra, però, i contadini non potevano permettersi una mazza flangiata o un mazzafrusto ed una mazza comune, come già detto, era pressochè inutile. Cosa usare, quindi, per sapersi difendere bene in uno scontro corpo a corpo senza spendere un patrimonio? Semplice, un’ascia.

Nell’alto medioevo le asce erano forse le armi più diffuse in assoluto tra i vichinghi e le tribù germaniche come i Sassoni, che le usavano sia come armi da mischia che a distanza, data la loro leggerezza, praticità, ed economicità. Le due asce più diffuse erano la Francisca, con la scure lunga e uniforme, e l’ascia barbuta, la versione un po’ più famosa, così chiamata per il particolare orientamento verso il basso della lama, che ricordava una lunga barba. La particolare forma era studiata anche per agganciare gli scudi avversari e penetrare la loro guardia.

 

 

ARCHI, SEMPLICI E LETALI

L’arco, l’arma a distanza più famosa di sempre, continuò ad essere ampiamente usata anche nel medioevo.

La versione senza dubbio più diffusa fu l’arco composito, nel quale le varie parti (scheletro, ventre e dorso) erano realizzate con materiali diversi come legno, corna e tendini, il tutto tenuto insieme da colla animale. Esistevano molte versioni di questo arco, come quella coreana, ricavata da un corno di bufalo d’acqua, o quella unna, caratterizzata da un’asimmetria generale per permettere di far passare l’arma da un lato all’altro del collo di un cavallo e quindi poter scoccare mentre si andava alla carica.

L’arco più efficace dell’epoca fu però sicuramente l’arco lungo inglese. Costruito prevalentemente in legno di Tasso, lungo mediamente un metro e ottanta e dalla sorprendente gittata di 400 yard (370 metri), quest’arma garantì agli inglesi un enorme vantaggio rispetto ai francesi nella guerra dei cento anni. All’epoca la Francia, come gran parte del mondo, concentrava la gran parte delle sue forze sulla cavalleria, ritrovandosi nettamente superiore rispetto agli inglesi da questo punto di vista; l’Inghilterra ripiegò allora sul combattimento dalla distanza, addestrando molti dei suoi soldati all’utilizzo dell arco lungo, con ottimi risultati. Impossibile non citare la battaglia di Crécy, dove 12.000 arcieri inglesi sbaragliarono 12.000 cavalieri francesi, facendo largo uso del loro Longbow per colpirli da una distanza da capogiro; l’episodio ebbe un valore sociale incredibile, per la prima volta degli umili contadini arceri riuscivano ad uccidere dei nobili cavalieri nelle loro armature dorate: una vera e propria rivincita dei laboratores! Gli unici difetti di questo arco erano i suoi costi di produzione e la sua tendenza ad allentarsi, riducendo la sua gittata, con il tempo, il che impedì la sua produzione di massa e portò la guerra all epilogo che tutti conosciamo, e l’arco alla sua totale scomparsa nel 1430 circa.

 

 

BALESTRE, PRECISE E SILENZIOSE

In guerra, l’arco poteva fare la differenza, la balestra la faceva.

Arma celebrata ed amata, non passò di moda dalla sua invenzione, databile all antica Grecia, fino all’invenzione della polvere da sparo. Migliore dell’arco da quasi ogni punto di vista, precisione, forza, velocità, effetto sorpresa, maneggevolezza, tempi d addestramento all’uso, l’unico suo punto debole era il grande tempo di caricamento, che obbligava i balestrieri a nascondersi durante le battaglie. La balestra era statisticamente la seconda arma più potente a distanza (dopo l’arco composto, unico a superarla in gittata); riuscendo a ditruggere le cotte di maglia dell’epoca con facilità ed abbattere cavalli come nulla, il loro potenziale era tale che, per contrastarle, i nobili si videro costretti a mettere un’armatura a placche sia a loro stessi che ai cavalli. I balestrieri più esperti del mondo erano i Pisani ed i Genovesi, questi ultimi al soldo dei Francesi durante la guerra dei cento anni, dettero un’enorme mano all’esercito di Filippo VI.

Esistevano tantissimi tipi di balestre, come quella a staffa, usata dai professionisti italiani, chiamata così perchè si doveva appoggiare il piede su una staffa quando si era in procinto di scoccare, quella a uno o due piedi, che si caricava con questi ultimi, o quella multipla, utilizzata in oriente, in grado di sparare alcuni dardelli in rapidissima successione.

 

 

 

SCUDI, DIFENDERSI CONTA

Lo scudo, non servono presentazioni per la seconda arma più comune del mondo.

Gli scudi non sono mai caduti in disuso, dagli Scuta romani agli scudi anti sommossa moderni, l’importanza della difesa non è stata mai trascurata, ed il medioevo non fa eccezione.

Nel periodo medioevale gli scudi erano un simbolo d’orgoglio, dato che i nobili ci incidevano sopra lo stemma della loro casata, e, anche se ce n’erano in circolazione vari tipi, il più famoso era lo scudo scapezzato: di base triangolare, spesso fatto di ferro e molto comune nelle milizie francesi, è lo scudo più radicato alla concezione moderna del termine. Le nazioni medioevali spesso possedevano il loro scudo con la sua forma caratterisitca, nei paesi nordici si prediligeva lo scudo a mandorla, mentre in Italia era più frequente la rotella, uno scudo rotondo.

Vi erano poi scudi finalizzati a determinate situazioni o tipi di truppe, come il rotellino a pugno, studiato per deviare le spade o l’enorme palvese, tenuto dai palvesieri, addetti specializzati per proteggere i balestrieri impegnati a alla ricarica da eventuali attacchi.

 

 

 

POLVERE DA SPARO, LA PORTA PER IL FUTURO

Come non concludere con l’arma che all’epoca sembrava avanti anni luce rispetto alle altre del tempo. Si è portati a pensare che l’invenzione della polvere da sparo sia stata una tra i principali cambiamenti nel passaggio dal Medioevo all’età moderna,  ma non è così; fonti storiche riportano che la polvere nera sia stata inventata in Cina nel nono secolo dopo Cristo, addirittura nell’alto Medioevo quindi. La polvere ottenuta tramite una mistura di carbone, zolfo (i combustibili) e salnitro (il comburente), era usata inzialmente in campo medico, ma nel libro Wuging Zongiao si legge che già dal 1044 circolavano fumogeni e bombe incendiarie che funzionavano grazie alla polvere e dall’unidcesimo secolo qualcuno pensò per la prima volta di usare i fuochi d’artificio inventati un secolo prima in ambito bellico, dando origine ai primissimi cannoni.

La Cina continuò a creare armi con la polvere da sparo, come ci mostra lo Huolongjing, un trattato militare risalente al XIV secolo scritto da Jiao Yu, uno dei primi generali d’artiglieria della storia, che riporta l’esistenza di mine terrestri e navali, bombe incendiarie, cannoni, bombarde e persino lanciarazzi!

Per quanto riguarda l’Europa, la ricetta della polvere arrivò nel 1250 circa e, prima della fine del medioevo, il continente faceva già largo uso di cannoni; ne sono un esempio sia un cannone risalente al 1322 conservato a Mantova sia le fonti riportanti l’utilizzo di queste armi durante l’assedio di Costantinopoli del 1453. La prima volta che gli occidentali usarono la polvere da sparo fu nella già citata battaglia di Crecy, in cui gli inglesi usarono delle specie di cannoni per sgominare i francesi. La diffusione successiva di moschetti e schioppi sia in oriente che in occidente segnò la fine della cavalleria.

 

 

Beh, alla fine c’è stato più da dire di quanto io stesso avessi programmato! D’ora in poi, quindi, ricordatevi sempre, che non è tutta spada ciò che è arma.


 

 

SITOGRAFIA

https://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Armi_medievali

https://it.wikipedia.org/wiki/Pugnale

https://it.wikipedia.org/wiki/Arma_inastata

https://it.wikipedia.org/wiki/Mazza

https://it.wikipedia.org/wiki/Arco_(arma)

https://it.wikipedia.org/wiki/Balestra_(arma)

https://it.wikipedia.org/wiki/Scudo

https://it.wikipedia.org/wiki/Uso_bellico_della_polvere_da_sparo

https://it.wikipedia.org/wiki/Cannone


Articolo redatto dall’alunno Edoardo Massolini, classe 3a del Liceo Classico