Dopo aver scritto una top 10 sulle caratteristiche strane dei filosofi di ogni luogo ed ogni tempo sono ritornato per parlare delle morti più strane dei filosofi greci!

Da quanto ci perviene, infatti, nell antica Grecia i filosofi più intelligenti morivano nelle maniere più assurde, ed è il momento che qualcuno le racconti nel dettaglio.

Prima di cominciare ricordo solo che a volte le fonti da cui ci giungono notizie di queste morti potrebbero essere incerte, data la loro datazione antichissima, o romanzate, allo scopo di accrescere la fama del pensatore in questione, e quindi non completamente attendibili, in casi come questi, non tarderò a sottolinearlo.

 

ESCHILO, QUANDO LA CALVIZIA DIVENTA UN PROBLEMA PRATICO

Cominciamo con la più certa tra le morti strane nell’antica Grecia dato che viene documentata dallo storico romano Valerio Massimo.

Il drammaturgo creatore della tragedia greca Eschilo (525-456), divenne molto famoso al tempo grazie alle sue tragedie (prima tra tutte l’Orestea)  e per la sua condotta eroica a Maratona, Salamina e Platea ma non ebbe comunque vita facile: venne infatti più volte esiliato in Sicilia, l’ultima delle quali,si dice, dopo essere stato processato per empietà per aver svelato i segreti dei misteri Eleusini, ovvero dei riti religiosi misterici dedicati a Demetra.

Proprio in Sicilia, a Gela per la precisione, la strada di Eschilo si incrociò con quella di un Gipeto affamato.

Il Gipeto, o Avvoltoio degli agnelli, è un rapace europeo con l’astuta abitudine di uccidere le prede dotate di corazze difensive schiantandole al suolo da una certa altezza al fine di spaccare il loro carapace per mangiare le parti molli successivamente.

Così, il nostro Gipeto, avente tra le zampe una succosa ma ben difesa tartaruga, stava sorvolando le campagne di Gela in cerca di una roccia sulla quale far cadere la testuggine, quando ne trovò una luccicante dal colore stranamente rosato, perfetta per lo scopo. Il rapace fece piombare il rettile sulla roccia rosa e barbuta e, quando il guscio la colpì, questa urlò e si accasciò a terra per non rialzarsi più. Questa fu la fine del tragediografo Eschilo e della sua calvizia alquanto controproducente.

Solo un quesito rimane: il guscio della tartaruga si sarà rotto?

 

PLATONE E L’ANEDDOTO CHE NESSUNO RACCONTA

Allievo più famoso di Socrate, trascrittore dei suoi dialoghi, maestro di Aristotele e fondatore dell’Accademia; con un curriculum del genere, Platone (428-347 a.C) non faticava a farsi riconoscere.

Gli studenti di tutto il mondo ancora si ritrovano a dover esporre i suoi miti, come quello della caverna o quello dell auriga, che servono a spiegare con facilità il suo pensiero ai più giovani. Tutti conoscono la sua visione delle idee come entità autonome e perfette, che possono solo essere vagamente imitate dalla materia terrestre.

Interessanti sono anche la sua posizione riguardo l’anima, che sarebbe immortale e capace di passare in un altro corpo dopo la dipartita del precedente, e la sua teoria su Atlantide, l’enorme e prosperoso regno sommerso dalle acque e mai più rinvenuto.

L’aneddoto di cui voglio parlare, però, è una simpatica storia riguardo la morte del grande filosofo.

Di solito si pensa che un grande uomo muoia dicendo un’ultima commovente frase ad effetto mentre un raggio di luce angelica lo illumina; per Platone, non andò proprio così.

Nonostante le notizie siano incerte, si dice che, a ottant’anni circa, andandosene in giro tranquillamente fosse inciampato per strada e fosse finito con la testa in una tinozza d’acqua nella quale sarebbe affogato non riuscendo a rialzarsi. Niente da aggiungere.

 

METROCLE ED IL SUO GRANDE SENSO DEL PUDORE

Metrocle fu un filosofo cinico di cui ci perviene pochissimo; non conosciamo le sue date di nascita e morte, nè molto riguardo i luoghi da lui frequentati o le sue idee, sappiamo solo che era originario di Maronia, un piccolo paese ai confini con la Macedonia e che frequentò il liceo di Aristotele con scarsi risultati, preferendo passare sotto l’ala protettiva del filosofo cinico Cratete di Tebe, dal quale ereditò il pensiero.

Nonostante le scarse notizie su di lui, ad oggi è affermato con certezza che il filosofo cinico fosse particolarmente pudico, talmente tanto, che una volta, per la vergogna era quasi arrivato al punto di suicidarsi.

Accadde infatti che, in classe con i suoi codiscepoli, mentre recitava una sua orazione, si fece sfuggire un sonoro peto e si vergognò talmente tanto della cosa che decise di lasciarsi morire di fame! Fortunatamente Cratete lo dissuase dal proposito mangiando moltissimi lupini (delle specie di fave) ed emettendo un peto a sua volta, dimostrando che non ci fosse nulla di male nel corretto funzionamento del nostro corpo.

Ma se non fu questa l’occasione delle sua morte, quale allora?

Anche se non è certo, ci viene reperito che, ormai anziano, Metrocle bruciò i suoi appunti del liceo come segno di liberazione e si uccise strangolandosi da solo per il semplice fatto di essere stanco della vecchiaia.

Si può dire che un uomo è strano quando tra le pochissime testimonianze che ci pervengono di lui, due parlano rispettivamete di una morte strana e di un tentato suicidio esagerato.

 

DEMOCRITO E LA CIECA FEDE NEGLI ATOMI

Democrito (460-370 a.C) fu un grandissimo filosofo noto per la sua ontologia basata sull’atomismo, che sostituiva i tradizionali “essere” e “non essere” rispettivamente con l’atomo ed il vuoto.

Il filosofo affermò che l’atomo fosse l’elemento originale e fondamentale dell’universo, indivisibile, immutabile, eterno e intellegibile, insomma, l’archè; allo stesso tempo parlò anche dell’esistenza di un infinito vuoto nel quale gli atomi possono muoversi, dato che non sarebbe concepibile immaginare che tali atomi non fossero compensati da un enorme spazio; per l’appunto, il vuoto.

Democrito, tuttavia, come il suo collega Metrocle, arrivato ad una certa età iniziò a stancarsi della vecchiaia e decise di suicidarsi lentamente diminuendo sempre più il cibo; quando ormai mancava poco al collasso, sua sorella, con la quale conviveva, lo informò che sarebbe stato molto scortese da parte sua morire in quel momento, dato che le cerimonie funebri le avrebbero impedito di partecipare alle feste Tesmoforie. L’atomista allora si fece portare dei pani caldi, li annusò e riuscì a sopravvivere abbastanza da far passare le feste. Stando ai suoi ragionamenti, infatti, l’anima umana è formata da atomi caldi e solo il raffreddamento di questi ultimi porta alla morte, quindi, a seguito del suo digiuno, la sua anima sarebbe stata vicina al raffreddamento definitivo, ma il contatto con gli atomi roventi del profumo le avrebbe fatto guadagnare ancora un po’di autonomia.

Passate le Tesmoforie, però, Democrito stabilì che fosse ora di farla definitivamente finita, ma allo stesso tempo volle cogliere in ogni minima sfumatura tutti i dettagli della morte, quindi optò per una fine lentissima: riempì una vasca di miele e ci si immerse dentro; stando sempre alla teoria sugli atomi caldi, i bollenti atomi del miele rallentarono l’uscita dal corpo dell’anima di Democrito, così costui potè cogliere tutti i dettagli della sua morte. Peccato solo che, a procedimento concluso, non potè spiegarli a nessuno.

 

PIRRONE ED IL SUO HAKUNA MATATA

Pirrone (365-275 a.C), fu un filosofo originario dell’Elide molto apprezzato in Grecia e stimato anche da Alessandro Magno, che lo portò con se in Asia.

Questo filosofo divenne famoso perchè creò un pensiero filosofico tutto suo, detto appunto Pirronesimo, che si basava su una sola parola: atarassia (libertà di pensieri). Studiando e riflettendo Pirrone infatti arrivò alla conclusione finale che la piena conoscenza delle cose sia semplicemente impossibile, e che quindi l’uomo non debba riporre grandi sforzi in nulla. Si tratta di una corrente di pensiero piuttosto drastica che l’elide prendeva molto sul serio, al punto da non curarsi mai di nulla, nè a livello intellettuale, nè in generale.

Si dice che un giorno, passeggiando con un certo Anassarco, vide quest’ultimo cadere in una fossa colma di melma, ma andò avanti come se nulla fosse ed il pover’uomo dovette uscire da solo!

Pirrone era anche solito girare per le vie della città senza badare molto a dove mettesse i piedi, quindi si rese necessario farlo uscire con un accompagnamento di discepoli che si occupasse della sua incolumità; la scorta fece un buon lavoro e Pirrone visse fino a 90 anni senza particolari intoppi, riuscendo persino a studiare tra i magi in Persia e tra i gimnosofisti in India, al seguito di Alessandro il Grande.

Accadde però che, nel 275 a.C, Pirrone uscì senza essere accompagnato da nessuno ed in pochissimo tempo venne preso in pieno da un carro, morendo sul colpo; che dire, in linea con il suo pensiero, non ha dovuto fare molti sforzi per morire.

 

EMPEDOCLE E LE SUE MULTIPLE MORTI

Empedocle, il mago, inventore, medico e filosofo che Dante inserisce nel limbo dell’inferno non ha bisogno di molte presentazioni. La sua figura è tutt’ora avvolta nella leggenda, non si conoscono i suoi estremi di nascita e morte e alcuni attribuiscono a lui addirittura poteri paranormali come la manipolazione degli eventi atmosferici.

Folklore a parte, è innegabile che fu un grande filosofo, che riuscì a combinare i pensieri ionici, pitagorici, eraclitei e parmenidei in un grande sunto, affermando che l’essere sia immortale ma continuamente soggetto al divenire; è anche colui che citò per la prima volta i 4 elementi (fuoco, aria, acqua e terra) come entità immutabili collocate ,però, in una realtà in eterna mutazione. Secondo Empedocle, infatti, gli elementi, un tempo tutte membra dello sfero (la versione completa e perfetta dell’amore) vennero separati dall’Odio, che distrusse lo Sfero stesso e, conseguentemente creò la realtà che tutti conosciamo.

Come già detto, tuttavia, gran parte della figura di Empedocle è avvolta nella leggenda, e la sua morte non fa eccezione: almeno sei scrittori ne hanno parlato e hanno dato tutti un’interpretazione diversa, chi dice che sia morto di morte naturale, chi cadendo in mare, chi per impiccagione, chi volando giù da un carro, ma la storia migliore, nonchè quella più famosa e più assurda, afferma che egli, ad un certo punto della sua vita, avesse deciso di buttarsi nell’Etna, senza ragioni apparenti, e quella fu la sua fine, anche se si dice che il vulcano eruttò sucessivamente uno dei suoi sandali di bronzo.

La morte di Empedocle fu indubbiamente meno spettacolare ma questa versione viene affermata con fermezza da almeno tre storici antichi, quindi è giusto ricordarla.

 

ERACLITO, quando l’Idropisia uccide in un modo inaspettato

Altro famosissimo filosofo, Eraclito (535-475 a.C) èil saggio che conosciamo con il soprannome di “Il filosofo del divenire”, dato il suo pensiero, poi ripreso da Empedocle, che affermava che l’universo fosse continuamente in divenire, cioè in continuo mutamento.

Eraclito era famoso anche per suddividere il popolo in varie categorie. Divideva, per esempio, gli svegli, ovvero le persone che vanno oltre le apparenze e si interrogano sul significato intellegibile, nascosto ai sensi, delle cose, dai dormienti, ovvero quelli che si limitano a fare il necessario per il sostentamento, senza accorgersi di ciò che li circonda.

 

Proprio questa tendenza a classificare la maggior parte delle persone come dormienti lo portò ad estraniarsi sempre più dalla città ed a vivere nelle foreste. Fu proprio tra gli alberi che, ormai sessantenne, si ammalò di Idropisia.

L’Idropisia è una malattia che non permette alle sostanze, soprattutto i liquidi, di lasciare il corpo, pertanto Eraclito iniziò a gonfiarsi pericolosamente ed era in pericolo di vita. In un primo momento provò ad accantonare il suo pensiero e rivolgersi a dei dottori ma, per qualche motivo, al posto che dire loro chiaramente di cosa soffrisse, cercò di farglielo capire tramite enigmi apparentemente troppo complessi per dei miseri dormienti, così, data la loro impossibilità di capire di cosa soffrisse quel pallone gonfiato (in tutti i sensi) davanti a loro, lo liquidarono.

Eraclito, quindi, dopo averli maledetti a sua volta, decise di curarsi da se con un metodo alternativo: distendersi al sole e farsi ricoprire di sterco; risparmiando i dettagli più nauseabondi,dopo due giorni di permanenza sotto il sole greco ricoperto di letame era diventato talmente irriconoscibile e deforme che i suoi stessi cani, credendolo una specie di cadvere e non riconoscendo più il suo odore, lo sbranarono vivo.

In genere l’Idropisia porta effettivamente alla morte, ma in questo modo non capita spesso.

 

PITAGORA E LE FAVE DEMONIACHE

Continuiamo la lista con un altro famosissimo pensatore. Il matematico e filosofo Pitagora (570-495 a.C) è considerato non solo il creatore del celeberrimo teorema di uso comunissimo ma anche (probabilmente a torto) il coniatore della parola Filosofia.

Pitagora è riuscito a giungere fino a noi non solo per il suo già citato teorema, ma anche per la sua dottrina che verteva su moltissimi argomenti, dalla metempsicosi, di cui fu un ferreo sostenitore, alla teoria cosmografica che vedeva il fuoco al centro dell’universo, che ci permette di considerare il celebre matematico come il precursore della teoria eliocentrica di Copernico. Il filosofo, inoltre, era un estimatore dei numeri, vedendoli come entità perfette, componenti essenziali di ogni corpo terrestre; addirittura si dice che il matematico ritrovasse l’archè nell’armonia in quanto perfetto connubio di numeri e note musicali, il trionfo dell’ordine.

Questo pensatore fondò anche una scuola a Crotone, di cui egli era il capo assoluto, nella quale chiunque avrebbe potuto ascoltare lui ed i suoi seguaci più saggi disquisire di vari temi; più tardi questa scuola si trasformò nel quartier generale di un movimento aristocratico anti democrazia e questo fece guadagnare molti nemici al matematico.

La morte di Pitagora è avvolta nella leggenda, ma la versione più famosa (anche se probabilmente falsa) è alquanto ilare. Si racconta, infatti, che, durante un simposio, l’edificio in cui lui ed i suoi allievi si trovavano fu dato alle fiamme da alcuni democratici. Riuscito a salvarsi, Pitagora corse via inseguito dai nemici, finchè si trovò davanti un nemico troppo potente per lui: un campo di fave. Le fave erano tra i più grandi nemici del matematico, in quanto lo confondevano: da un lato portavano ordine nelle vesti di alimenti proteici, economici e sostanziosi, dall’altra seminavano disordine in quanto causa del favismo, una malattia molto grave all’epoca. Pitagora, dunque, data la loro natura controversa, si asteneva non solo dal mangiare fave, ma persino dal passarci in mezzo; pertanto, davanti al campo, si fermò e si consegnò ai nemici che lo uccisero.

La morte di Pitagora lascia interdetti, da un lato è stato coerente fino in fondo con la sua morale, dall’altro lo ha fatto in una maniera considerevolemente ridicola.

 

CRISIPPO ED UNO SPETTACOLO DA MORIR DAL RIDERE

Crisippo (281-208 a.C) è stato un filosofo stoico allievo di Cleante, nonchè suo successore come capo della scuola filosofica dello stoicismo.

Di questo filosofo e matematico ci pervengono solo frammenti sparsi in opere di scrittori più famosi, ma è ragionevole credere che in vita abbia composto circa 700 testi, tutti, purtroppo, andati perduti. Ciò che giunge fino a noi, per quanto riguarda il suo pensiero, è la sua singolare convinzione che il cosmos (l’ordine di tutte le cose) sia un animale dotato di anima e sensi, il cui corpo sia costituito dal logos (la razionalità), a sua volta composto da aria e fuoco.

Già dalla sua dottrina possiamo capire che Crisippo fosse quantomeno un po’ strano e la sua morte non fece che confermare questa osservazione.

Diogene Laerzio, uno storico che si occupò di documentare la vita di molti filosofi, racconta infatti che un giorno il matematico avesse chiesto una cesta di fichi per poi scoprire che un asino ingordo li aveva mangiati tutti. Indispettito dalla cosa, il filosofo decise di farla pagare all’equino, così decise di ubriacarlo facendogli bere un’intera bottiglia di vino; l’asino, ubriaco fradicio, iniziò a barcollare per il cortile sbattendo da tutte le parti. Crisippo, alla vista di quello spettacolo, si divertì talmente tanto che scoppiò in una fragorosa ed incontrollata risata, talmente lunga e clamorosa, che ad un certo punto ebbe un arresto cardiaco e cadde a terra rigido come un asse, per non alzarsi più.

La storia di Crisippo insegna che il karma è sempre dietro l’angolo.

Zenone di Elea, l’immortale.

Concludiamo l’elenco con il filosofo greco Zenone di Elea (489-431 a.C), il re dei paradossi.

Il pensatore, infatti, divenne famosissimo per i suoi cosiddetti paradossi, ovvero delle descrizioni di fatti che vanno contro l’opinione comune. La più famosa di queste descrizioni è di sicuro quella di Achille e la tartaruga, secondo cui, se il potente guerriero dal pie’ veloce sfidasse in una corsa una tartaruga dandole un leggero vantaggio, il rettile vincerebbe la gara. La tartaruga compirebbe l’impresa avvalendosi del fatto (fermamente creduto da Zenone ma matematicamente errato) che la somma tra più lunghezze, per quanto piccole, dia un risultato infinito; il potente acheo, dunque, non riuscirà mai a superare il rettile a causa della distanza infnita presente tra loro due.

La morte di Zenone non è documentata molto bene ed è leggermente romanzata, ma vale la pena di raccontare la versione più nota della sua dipartita.

Si dice che il filosofo ed un manipolo di rivoluzionari avessero ordito una congiura contro il tiranno Dermilo e che quest’ultimo, dopo aver scoperto e mandato a monte il complotto, avesse catturato il pensatore e lo avesse  interrogato cercando di farsi dire il nome dei congiurati fuggiti. Ad un certo punto Zenone sembrava pronto a parlare ma chiese di essere lasciato solo con Dermilo; quando si avvicinò al despota, gli morse un orecchio e non lo mollò finchè non venne trafitto dalle spade delle guardie!

Molto probabilmente fu questa la fine del filosofo, ma alcune fonti dell’epoca affermano che non fosse ancora morto dopo essere stato trafitto, anzi, avesse avuto ancora la forza di strapparsi la lingua a morsi per non parlare. Non finì qui però: notando l’inefficacia delle spade contro quello strano tipo, Dermilo ordinò che fosse costruito un grande mortaio nel quale, una volta ultimato, buttò dentro Zenone e lo uccise pestandolo ripetutamente con un grande pestello!

 

 

Che dire, siamo arrivati alla fine del nostro elenco delle morti strane dei filosofi.

Spero, come sempre di essere riuscito a strappare una risata tutti.


 

Sitografia

http://www.lundici.it/2014/02/le-11-morti-piu-assurde-nellantica-grecia/

https://it.wikipedia.org/wiki/Eschilo

https://it.wikipedia.org/wiki/Platone

https://it.wikipedia.org/wiki/Metrocle

https://it.wikipedia.org/wiki/Democrito

https://it.wikipedia.org/wiki/Pirrone

https://it.wikipedia.org/wiki/Empedocle

https://it.wikipedia.org/wiki/Eraclito

https://it.wikipedia.org/wiki/Pitagora

https://it.wikipedia.org/wiki/Crisippo_di_Soli

https://it.wikipedia.org/wiki/Zenone_di_Elea


Articolo redatto dall’alunno Edoardo Massolini della classe 3A del Liceo classico