A che gioco giochiamo?

3 Marzo 2000

La rivoluzione fiscale di fine anno che

ha interessato lo sport minore (quello

in regime forfettario della Legge 16-

12-1991, n. 398) va in due direzioni che

oggi, in mancanza ancora di regolamenti

di attuazione, appaiono pericolosamente

contraddittorie. Da una parte

la soppressione delle periodiche procedure

contabili e di denuncia dei proventi

presso le sedi della Siae: in soldoni il

sodalizio ora si autotassa ogni trimestre

ai fini Iva, e comunica al fisco i ricavi

commerciali una volta all’anno in sede

di dichiarazione dei redditi. Dall’altra

la riqualificazione del ruolo di esattore

della stessa Siae nell’azione di monitoraggio

di questi sodalizi ed in particolare

in quella di raccolta e di trasmissione

al Ministero delle Finanze di certi dati

riguardanti in modo verosimile il loro

aspetto commerciale della gestione

(proventi, reddito di impresa...).

La contraddizione è manifesta: viene

delineato un controllo della capacità

contributiva degli enti che era garantita

in itinere proprio da quelle precedure

e strumenti rimossi dal 1° gennaio

scorso. A questo punto la raccolta dei

dati può avvenire: a) attraverso la loro

comunicazione periodica alla Siae con

buona pace dei propositi di semplificazione

amministrativa (si rischia il

raddoppio degli adempimenti), oppure:

b) attraverso una serie di sistematiche

visite da parte del funzionario Siae. Con

quali poteri, al di là della questione

dell’accesso al domicilio privato in caso

di sodalizi con sede legale presso una

persona fisica? Chi pensa ad una semplice

rilevazione di dati tipo quella dei

consumi di certe utenze è fuori strada.

Dal 1° gennaio 2000 ai funzionari Siae la

legge riconosce pieni poteri di verifica

ed ispezione.

La situazione è delicata e, senza chiarimenti

a breve, si può entrare in una

stagione di contenzioso, considerato

che la materia fiscale del no-profit è

lacunosa e nebulosa. Con un rischio in

più. L’intervento del tribunale di turno

a dirimere una lite “locale” che in realtà

riguarda dei tributi nazionali. Con conseguenze

incontrollabili. L’ultimo esempio?

Allorchè il Tribunale di Venezia

sentenziò nell’aprile del 1998 che la

sconosciuta Società Sportiva Romano

Volley doveva versare l’imposta spettacoli

anche sui corrispettivi da prestazioni

pubblicitarie derivanti dallo sponsor,

né la direzione centrale della Siae, né il

ministero fecero proprio su base nazionale

il disposto della decisione, se non

un anno dopo quando ad imbattersi

nella questione furono l’agenzia di

Torino e la Juventus Spa. Allora il principio

del giudice veneziano fu trasfuso in

una risoluzione ministeriale, e cominciò

il recupero per il passato del tributo

nei confronti delle tante sconosciute

Romano Volley d’Italia.









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