Arbitri in... nero?

14 Gennaio 2000

L’arbitro di calcio è un lavoratore

dipendente? Lo domanda il pubblico

ministero di Torino, Guariniello, all’Ispettorato

del lavoro. La questione metterà

a nudo la consueta legge del doppio

binario (l’inconciliabilità fra il diritto di

Stato e quello sportivo) e toccherà poi

al giudice di turno regalarci un nuovo

tassello di legislazione sportiva.

E’ del giugno scorso per esempio la

notizia della sentenza n. 5866/99 della

Corte di Cassazione che, dopo diciassette

anni, decreta che il premio federale

per “Spagna 82” al difensore Claudio

Gentile non ha natura di lavoro dipendente,

bensì di lavoro autonomo. Le

motivazioni del disposto stanno nella

brevità e nell’occasionalità della prestazione

dell’atleta (la fase finale dei mondiali

di calcio) a favore della federcalcio,

all’interno per contro della prestazione

quotidiana dello stesso per il suo club (il

campionato)

I due tipi di lavoro sportivo (autonomo

e subordinato) sono disciplinati

dalla Legge 23 marzo 1981, n. 91 sul

professionismo, che non contempla tuttavia

l’arbitro fra i destinatari.

La risposta va allora ricercata nell’àmbito

del contratto di lavoro del personale

della federcalcio (associazione arbitri,

l’Aia, compresa), alla luce della riforma

del Coni del luglio scorso.

L’art. 17 del decreto Melandri trasforma

infatti la natura del suddetto rapporto

lavorativo da pubblica a privata per i

nuovi assunti. Di conseguenza per il passato

l’esclusività del lavoro subordinato

statale dovrebbe rendere inapplicabile

l’ipotesi del rapporto dipendente tra

la Figc/Aia e gli arbitri/assistenti che,

anche di serie A e B, possono contare

su di una occupazione lavorativa fuori

dal calcio.

Si può parlare quindi, in costanza di

“gettoni di presenza” (cioè di rimborsi

forfettari) per gli arbitri delle prime due

serie, di rapporti di collaborazione coordinata

e continuativa.

I relativi compensi dal 1° gennaio

1996 devono scontare, oltre alla ritenuta

Irpef, una trattenuta Inps del 10%.

La puntualizzazione è necessaria considerato

che l’indagine di Guariniello

riguarda l’ipotesi di reato di omessi versamenti

contributivi.

Viceversa il prossimo rapporto fra

due soggetti privati (Figc/Aia ed arbitro),

più impegnativo in termini di orari

e regolamenti per il giudice di gara,

non dovrebbe sfuggire all’ipotesi di un

lavoro dipendente, anche part-time. Gli

elementi non mancano: subordinazione

alle direttive dei designatori, tre giorni

alla settimana per circa 10 se non 11

mesi a disposizione, compensi oltre ai

puri rimborsi di spesa e vari benefit.

La soluzione alternativa dell’arbitro

con partita Iva è debole in presenza

sempre dello stesso committente dell’opera

(la Figc), anche se a sentire i tifosi

certi arbitri ne hanno altri.









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