L’arbitro di calcio è un lavoratore
dipendente? Lo domanda il pubblico
ministero di Torino, Guariniello, all’Ispettorato
del lavoro. La questione metterà
a nudo la consueta legge del doppio
binario (l’inconciliabilità fra il diritto di
Stato e quello sportivo) e toccherà poi
al giudice di turno regalarci un nuovo
tassello di legislazione sportiva.
E’ del giugno scorso per esempio la
notizia della sentenza n. 5866/99 della
Corte di Cassazione che, dopo diciassette
anni, decreta che il premio federale
per “Spagna 82” al difensore Claudio
Gentile non ha natura di lavoro dipendente,
bensì di lavoro autonomo. Le
motivazioni del disposto stanno nella
brevità e nell’occasionalità della prestazione
dell’atleta (la fase finale dei mondiali
di calcio) a favore della federcalcio,
all’interno per contro della prestazione
quotidiana dello stesso per il suo club (il
campionato)
I due tipi di lavoro sportivo (autonomo
e subordinato) sono disciplinati
dalla Legge 23 marzo 1981, n. 91 sul
professionismo, che non contempla tuttavia
l’arbitro fra i destinatari.
La risposta va allora ricercata nell’àmbito
del contratto di lavoro del personale
della federcalcio (associazione arbitri,
l’Aia, compresa), alla luce della riforma
del Coni del luglio scorso.
L’art. 17 del decreto Melandri trasforma
infatti la natura del suddetto rapporto
lavorativo da pubblica a privata per i
nuovi assunti. Di conseguenza per il passato
l’esclusività del lavoro subordinato
statale dovrebbe rendere inapplicabile
l’ipotesi del rapporto dipendente tra
la Figc/Aia e gli arbitri/assistenti che,
anche di serie A e B, possono contare
su di una occupazione lavorativa fuori
dal calcio.
Si può parlare quindi, in costanza di
“gettoni di presenza” (cioè di rimborsi
forfettari) per gli arbitri delle prime due
serie, di rapporti di collaborazione coordinata
e continuativa.
I relativi compensi dal 1° gennaio
1996 devono scontare, oltre alla ritenuta
Irpef, una trattenuta Inps del 10%.
La puntualizzazione è necessaria considerato
che l’indagine di Guariniello
riguarda l’ipotesi di reato di omessi versamenti
contributivi.
Viceversa il prossimo rapporto fra
due soggetti privati (Figc/Aia ed arbitro),
più impegnativo in termini di orari
e regolamenti per il giudice di gara,
non dovrebbe sfuggire all’ipotesi di un
lavoro dipendente, anche part-time. Gli
elementi non mancano: subordinazione
alle direttive dei designatori, tre giorni
alla settimana per circa 10 se non 11
mesi a disposizione, compensi oltre ai
puri rimborsi di spesa e vari benefit.
La soluzione alternativa dell’arbitro
con partita Iva è debole in presenza
sempre dello stesso committente dell’opera
(la Figc), anche se a sentire i tifosi
certi arbitri ne hanno altri.