Arbitro "sandwich"?

30 Novembre 2001

Gli esperti di marketing hanno sentenziato

di recente che sponsorizzare

lo sport rende di più di una campagna

pubblicitaria.

Pallavolo e pallacanestro, secondo

gli addetti ai lavori, sono gli investimenti

più remunerativi, ma le novità

potrebbero arrivare dal calcio. Uno

sport dove è difficile individuare nuovi

spazi su persone e cose per ulteriori

abbinamenti di sponsorship. Eppure,

se ci pensate bene, è rimasta ancora

una maglietta linda sul campo, marca

della sponsor tecnico a parte: quella

dell’arbitro. Improbabile? Se è vero che

l’arbitro spesso è oggetto di contestazioni

dentro e fuori dal campo di gioco,

è altrettanto vero che egli è comunque

indispensabile: senza di lui niente partita.

E questo basta a renderlo un “uomosandwich”

unico nel suo ruolo e quindi

appetibile per il marketing.

Piuttosto l’aspetto frenante potrebbe

essere un altro. A parte il fatto che un

abbinamento personalizzato e non a

livello di categoria (Aia) potrebbe fare

scattare la stessa rivendicazione da

parte del sindacato calciatori professionisti,

con la conseguenza che sulle divise

da gioco comparirebbero lo sponsor

del club e quello dell’atleta, è prevedibile

che l’arbitro, cioè l’autorità, potrebbe

essere rifiutato da una fetta del mercato.

Testimonial ideale di beni e servizi

destinati ad un target maturo, il giudice

di gara infatti non comunicherebbe con

la clientela più difficile, quella degli

adolescenti (ado). Ne sanno qualcosa

le grandi marche mondiali del settore

sportivo (Adidas e Nike in testa), che

hanno impiegato del tempo prima di

capire a loro spese che la comunicazione

verso gli ado deve essere non diretta,

fatta a colpi di spot videomusicati e

veicolata attraverso personaggi mito.

Che scarseggiano sempre più. Non a

caso negli Usa sta ottenendo uno strepitoso

successo (35milioni di dollari di

volume di affari) la Split, che ha puntato

tutto sugli sport alternativi che fanno

trend ed ora veste la quotidianità degli

ado Usa alla moda con capi ispirati ai

suoi settori forti: surf, bmtx, moto-cross,

skate, snowboard e ski freeride.

L’onda americana è arrivata sulle

coste europee.

Un problema per Adidas, Nike e C.,

che nel settore della scarpa tecnica cercano

la risposta all’offensiva di Split. Con

il sogno proibito di “griffare” un giorno

il tesoro delle Olimpiadi: le medaglie.

Quelle di Salt Lake City (febbraio 2002)

porteranno sul retro l’effige della dea

greca della vittoria, Niké. Una magra

consolazione per la marca della virgola

più famosa nel mondo.









Museo Alessandro Roccavilla

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