Articoli su... misura

5 Novembre 1999

La scorsa domenica sulle piste del

monte Cervino ci furono 5.000 sciatori.

In termini di valore di attrezzature

ed abbigliamento del settore, ponendo

come media 1.500.000 lire pro-capite,

glissarono sulla neve circa 7,5 miliardi.

Un mercato importante, ma dai risvolti

imprevedibili.

Una minima parte di quei frequentatori

era infatti sul posto per motivi

agonistici, in seduta di allenamento

propedeutica alla imminente stagione.

La massa era presente per diporto, per

divertimento.

In questa fotografia sono quindi rappresentate

in proporzione le due anime

consuete della pratica sportiva: specializzazione

o tempo libero.

La novità dei nostri giorni è rappresentata

dal fatto che queste realtà

hanno ormai interessato anche quelle

discipline un tempo status-symbol

(golf, tennis, sci alpino...). Un processo

trasversale che ridisegna alcuni scenari,

se è vero che ai vertici di tali sport sta

arrivando sistematicamente anche la

gioventù non della upper class. L’altra

da parte sua porta anche nell’abbigliamento

per la pratica sportiva quel

disimpegno dai regolamenti originari

dello sport d’élite in materia (la divisa

bianca del tennista per intenderci).

Di fronte a queste trasformazioni dei

consumi, i fornitori del mondo sportivo

scoprono o rivedono le strategie.

E così mentre la stazione di risalita

invernale piuttosto che il centro

vacanze estive ritagliano dello spazio

per l’utenza degli agonisti, il golf club

affianca ai green da competizione delle

zone per la crescente domanda di questa

disciplina come loisir.

Senza contare il fenomeno dei diversi

macchinari ed attrezzature per il

benessere del corpo che, dalla palestra,

potrebbero migrare nelle case al fianco

di altri elettrodomestici.

Se poi dal settore immobiliare passiamo

a quello dell’articolo sportivo,

per alcuni marchi si tratta di intercettare

e scegliere tra le due domande per non

uscire con le ossa rotte dal mercato. E’

il caso di due prestigiosi brand italiani

quali Fila e Diadora. Innanzi a quelle

due richieste diverse ed altrettanto forti,

le ditte hanno imboccato di recente vie

differenti: capi portabili ed italianità per

una Fila conosciuta sul mercato per le

linee di abbigliamento e gli articoli frutto

di laboratorio; tecnicismo estremo

ed internazionalità per la casa veneta,

un tempo rinomata per l’accessibilità

dei prodotti in tutti i sensi. Tempo libero

per la prima, specializzazione per la

seconda.

In entrambi i casi una sorta di sfida

italiana a quelle multinazionali del settore

che, in quanto tali, rispondono a

queste trasformazioni con l’acquisizione

dell’azienda ad hoc (es. l’acquisto di

Salomon/sci da parte dell’Adidas).









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