Calcio: a quando il risparmio salariale?

8 Dicembre 2000

Per l'attuale generazione di giocatori

professionisti delle prime serie il calcio

è una miniera d'oro inesauribile.

Ma per tuo figlio che oggi frequenta

la scuola calcio, fra venti anni il football

avrà ancora l'oro in bocca?

L'attuale Eldorado è reso possibile

grazie ai fondi senza fine che arrivano

dai diritti televisivi alle imprese calcistiche.

Una massa di liquidità mai vista

prima d'ora che, coperti i costi fissi

di gestione, viene erogata ai calciatori

dipendenti a titolo di stipendi.

Una posta questa ultima che nella

maggiore parte dei casi compromette

l'equilibrio economico-finanziario del

bilancio. E chiudendo i conti in rosso,

non scatta neppure l'obbligo di legge

di destinare il 10% degli utili conseguiti

al settore giovanile societario.

Quindi le aziende, salvo eccezioni,

non hanno capacità di risparmio.

Chi ha questa possibilità?

Il terminale di quel fiume di ricchezza

prodotto dallo spettacolo: il calciatore.

Che, alle prese con una fiscalità media

sopra il 50%, difficilmente risparmia per

investire nel calcio.

Insomma qui la sensazione è che

l'azienda spettacolistica del calcio non

si curi di destinare risorse in termini

di investimenti in mattoni (impianti) o

formazione (centri di addestramento)

non dico per la sopravvivenza, ma per

un suo consolidamento, anche in previsione

di possibili cali di audience tv

(Germania).

A questo punto si tratta allora di capire

se è matura l'introduzione nel sistema

del "risparmio salariale" in luogo di

quello sugli eventuali utili di cui sopra,

a livello comunitario (compreso quindi

il Principato di Monaco beneficiato da

esenzioni fiscali concorrenziali).

Ci sono due vie: l'onere a carico delle

imprese si configurerebbe come una

sorta di "salary cap", con obbligo di reinvestimento

del risparmio retributivo in

formazione (settori giovanili propri o

presso club satelliti).

In caso contrario si può pensare che

una percentuale della retribuzione in

capo al calciatore venga defiscalizzata

e redistribuita da una Lega calcio

continentale per la creazione di centri

di formazione nei vari Paesi, tenendo

conto anche della provenienza dei contribuenti.

Considerato che una fetta

della massa salariale interessa sempre

più manodopera extracomunitaria, si

creerebbero così anche i presupposti

per programmi di formazione nei Paesi

di origine dei giovani, mitigando il fenomeno

degli "scafisti del pallone".









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