I gestori di impiantistica sportiva in
Italia possono essere suddivisi in tre
categorie: le imprese con fini di lucro,
le associazioni sportive dilettantistiche
senza fini di lucro ed i falsi sodalizi noprofit.
A grandi linee possiamo legare a ciascuna
una diversa tipologia di strutture:
alle prime (rare) la grande impiantistica
privata, alle seconde quella pubblica
in concessione ed ai terzi le palestre
private.
Tutti questi operatori, se esercenti
attività commerciale, in queste ultime
settimane stanno ricevendo dal
Ministero delle Finanze, al pari di altre
categorie di lavoratori autonomi, un
questionario in merito alle attrezzature
utilizzate, ai consumi sostenuti, all'attività
svolta ed ai costi e ricavi di gestione
(1999).
Si tratta degli studi di settore, attraverso
i quali il fisco cerca di fotografare
la capacità reddituale delle aziende.
In altre parole elaborando le risposte
degli intervistati l'Erario punta a definire
per ogni categoria economica una griglia
di redditi medi a livello nazionale. Il
mancato raggiungimento del suddetto
valore da parte dei contribuenti è una
spia per il fisco.
Da quando sono nati gli studi di
settore sono oggetto di critiche. Come
tutti i sistemi basati esclusivamente
su numeri e medie aritmetiche, la
loro rigidità di fondo non tiene conto
infatti di una grande verità: l'economia
aziendale non ha regole, se è vero che
due imprenditori - a parità di capitali
investiti, di localizzazione e di prodotti
fabbricati - uno può fallire e l'altro prosperare.
Figuriamoci poi quando uno dei due
opera non per fine di lucro.
E così da più parti si rimpiange il
tempo (anni Settanta) degli "studi" fatti
sul campo da funzionari esperti, capaci
di fare quadrare i conti dello Stato con
quelli della logica aziendale.
Nel 1993 e nel 1997 il fisco si ripropose
di farlo proprio con i gestori di
impiantistica sportiva, ma il taglio
repressivo e la limitata azione sul territorio
nazionale delle indagini evidentemente
non diedero risultati.
In caso contrario noi avremmo oggi
una legge quadro a trecentosessanta
gradi, agevolativa se del caso, dedicata
ai diplomati Isef giovani conduttori di
palestre private che, abbandonati a se
stessi dal legislatore, si mascherano dietro
il no-profit e, senza partita iva, non
riceveranno neppure il questionario. E
nello stesso tempo degli studi di settore
in materia che, nelle premesse, terrebbero
conto delle diverse logiche di
gestione fra chi manda avanti il proprio
impianto per lucro, e chi quello pubblico
coniugando pareggio di gestione e
politiche tariffarie sociali.