Fondazioni e scuola

7 Settembre 2001

Due settimane addietro si rifletteva

in questa rubrica circa la difficoltà

ambientale crescente nei Paesi occidentali

Cee di avviare sistematicamente

le giovani generazioni alla professione

in quelle discipline che, in seguito alla

globalizzazione, si sono aperte a mondi

in cui la domanda di sport quale occasione

di avanzamento sociale è forte.

Ad integrazione di quanto sopra, occorre

sottolineare che in Italia la situazione

è aggravata dalla "assenza" della

scuola, cioè dell'istituzione che in altri

Stati è il primo punto di riferimento per

l'apprendimento comunque di quelle

capacità motorie di base utili in una

futura vita sedentaria da adulti, e non

di meno per una carriera sportiva professionale.

Su questa annosa questione è ora

di confrontarsi da parte di tutti i soggetti

in causa. D'altronde quando nel

corso del recente meeting di Rimini

il presidente di Ifil, Umberto Agnelli,

esorta i privati ad un impegno concreto

in quei settori no-profit in cui lo Stato

non dà buona prova, non è fuori luogo

aggiungere nell'elenco insieme con la

citata scuola lo sport, se è vero che la

scorsa settimana la Corte dei Conti ha

censurato la gestione amministrativa

del Comitato Olimpico, che non è Stato,

ma comunque è parastato.

Allora se la scuola è di fatto un cantiere

aperto, ci si imponga nei lavori

in corso di fare entrare l'attività fisica

dall'ingresso principale, elaborando un

sistema di formazione sportiva in base

ai diversi livelli.

A maggiore ragione se si scopre oggi

che su 9,2 milioni di studenti solo 391

mila gareggiano nelle competizioni di

istituto.

Una rivoluzione culturale a cui fa

resistenza una certa mentalità, che può

fare leva su di un dato: 1.165 scuole

sono prive di una superficie per l'attività

fisica.

Dove prendere anche queste risorse?

In questa estate che si sta concludendo

ha tenuto banco nelle cronache

di politica economica il dibattito circa

l'esigenza di ritagliare per le fondazioni

bancarie un ruolo sempre più attivo nel

sostenimento delle varie espressioni

del tessuto economico-sociale, come

ad esempio la scuola. Quella scuola

nuova, con la componente sport integrata

a tutti gli effetti, in modo che

il presidente della fondazione possa

intervenire con risorse per il patrimonio

(palestre) senza il rischio di censure per

essere uscito dai settori di intervento

statutari (lo sport è escluso).

In definitiva fondazioni bancarie e

scuola devono intervenire alla base di

un sistema sportivo che, sebbene le

cifre importanti (55 mila miliardi di lire

di giro di affari, il 2,4% del Pil ed il 3%

della spesa nazionale delle famiglie),

rimane un colosso dai piedi di argilla









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