Con sei mesi di ritardo la manovra
finanziaria 1999 sullo sport dilettantistico
potrebbe lasciare i segni: l’erario
intende spostare la ricerca della capacità
contributiva delle associazioni sportive
in capo ai suoi partecipanti attivi.
L’articolo 25 della Legge 13 maggio
1999, n. 133, che racchiude quanto
sopra, ha una lunga storia alle spalle.
Nell’estate del 1996 esso era l’articolo
11 conclusivo del fu “disegno di legge
Veltroni”, una sorta di legge quadro
dello sport italiano non professionistico:
in esso si enunciava che la normativa
fiscale delle società sportive schedate
ex-novo dal Coni nazionale sarebbe
stata quella prevista per le nascenti
Onlus (organizzazioni non lucrative di
utilità sociale). Un rinvio destinato a
cadere nel nulla, allorchè un anno dopo
con l’emanazione del decreto legislativo
4 dicembre 1997, n. 460 di riforma
del settore no-profit, si scoprì l’impossibilità
tecnica di raggiungere l’obiettivo
a favore dei sodalizi sportivi. Questi
ultimi, di fronte al rischio di perdere la
qualifica di ente non commerciale e
delle relative agevolazioni in presenza
di ricavi commerciali prevalenti, venivano
intanto consigliati dalle federazioni
di adeguare lo statuto come previsto
dalla sopra citata riforma Visco. Tra le
clausole da inserire la tenuta di una
contabilità finanziaria, di cui si sottovalutò
la portata. Nel frattempo (primavera
1998) l’ex articolo 11 era oggetto
di una serie di emendamenti proposti
da tempo dalla Lega Dilettanti della
federcalcio: a) incremento a 360milioni
di lire annue del tetto dei ricavi commerciali
dei sodalizi a cui è legata l’applicazione
del regime fiscale agevolato
della Legge 16 dicembre 1991, n. 398;
b) diminuzione dal 6 al 3 per cento del
coefficiente di redditività da applicare
sui suddetti ricavi per il calcolo delle
imposte Irpeg ed Irap.
Richieste che nel provvedimento di
maggio sono state soddisfatte. Ma ad
un prezzo molto alto.
Al fisco del 1999 non interessa più
la redditività del sodalizio, ma, attraverso
la gestione finanziaria (cassa e
banca) dello stesso, la sua strumentalità
quale fonte di reddito nei confronti di
alcune categorie di partecipanti attivi
(gestori di palestre, istruttori, allenatori,
atleti...). Va in questa direzione il limite
annuo indicizzato Istat di 6milioni (contro
i teorici 18) di compensi esentasse,
anche sotto forma di rimborsi ed indennità
di trasferte forfettarie della legge n.
80/1986, corrisposti a tecnici ed atleti. E
dopo più di un anno dalla riforma Visco,
il cerchio si chiude con la conferma
che la contabilità finanziaria dei sodalizi
è entrata ufficialmente nel mirino dei
verificatori quale fonte rilevatrice delle
annose questioni che caratterizzano il
settore (compensi in nero ai collaboratori
e fatturazioni inesistenti o fittizie).