I Del Piero di Nairobi

27 Agosto 1999

Il calcio sta all’Italia come la corsa sta

al Kenya.

Il Del Piero della situazione, il modello

da imitare si chiama Paul Tergat, cinque

volte campione del mondo di cross e

soprattutto proprietario di diverse case

ad Ngong e ad Eldoret.

Perchè questo è il primo punto: la

corsa in Kenya è come il basket negli Usa

od il calcio in Italia. Più che la celebrità è

il denaro ciò che conta.

Insomma, se un giorno là si correva

dietro alle antilopi, oggi si corre dietro

all’oro.

Una pressione sempre più forte. Il

livello è tale che gli atleti non durano a

lungo sulla scena, incalzati dai giovani

leoni assetati di dollari. Per mettere su

famiglia a fine carriera e sfruttare i vantaggi

economici dell’atletica a favore di

tutti i famigliari. In altre parole, per emergere

dalla onnipresente miseria.

Rimanendo però a casa, perchè i kenyani,

a differenza dei maghrebini, si adattano

a fatica a vivere in Europa.

E questo è il secondo punto, fondamentale

per le multinazionali degli articoli

sportivi, scarpe in testa: 3.000.000

di dollari che grazie all’atletica entrano

in Kenya ogni anno, pari al montepremi

dei meeting conquistati in media dai

corridori degli altopiani.

Un bottino redistribuito in patria in

termini di potere di acquisto nei consumi.

Di scarpe e di magliette firmate

per correre, per sognare. E per indurre

appunto una multinazionale ad investire

quanto basta in un deserto di povertà.

Fila con il dottor Rosa l’ha capito per

prima, cambiando strategia: basta corridori

in Brescia; strutture su misura in

Kenya (camp) per reclutare quanti più

giovani possibile, fra i quali i campioni

del 2000. La corsa è cominciata: Puma,

Adidas e Nike, con i manager-procuratori

che tengono in pugno l’atletica di oggi

(Hermens, McDonald, De Madonna...),

hanno seguito l’esempio della Fila e tutti

insieme oggi si spartiscono la popolazione

giovanile (maschi e femmine)

delle varie tribù del Paese per zone di

influenza.

Queste marche spesso entrano in

conflitto con esercito e federatletica di

Nairobi (targata comunque Nike), allorchè

negano loro gli atleti per gli appuntamenti

istituzionali, dove le medaglie e

le coppe sostituiscono il denaro e quindi

non c’è ritorno.

In definitiva un mercato con cifre

ragguardevoli: 25 i manager da tutto il

mondo presenti ai campionati nazionali

1999 di cross, e 1.639 i partecipanti

alla selezione annuale Discovery Kenya

della Fila (234 under 10, 201 under 12,

168 under 14 e 534 juniors nell’ultima

edizione).

Quanto durerà questo fenomeno economico

e sociale dell’atletica kenyana?

Difficile stabilirlo con precisione, ma la

fame è tale che si può escludere l’ipotesi

di una moda di stagione.









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