C’è un aspetto legato alla recente
assegnazione a Pechino (Cina) delle
Olimpiadi estive del 2008 che merita
una considerazione in questa rubrica.
Occorre prima di tutto comprendere
con quali mezzi vive oggi il governo
internazionale del movimento olimpico
(Cio): esso per ogni edizione dei G.O.
preleva il 40% dei diritti tv in mano
all’americana Nbc (dopo Atene 2004
la percentuale salirà a 51) ed il 10% dei
proventi da sponsorizzazione del “programma
Top”. Questo ultimo è costituito
da 11 aziende (CocaCola, Ibm, John
Hancock, Kodak, Xerox, McDonald,
Samsung, Panasonic, Time, Ups e Visa)
che, per esempio, in occasione di
Sydney 2000 hanno versato complessivamente
circa 1.300 miliardi di lire.
Il 70% di queste risorse vitali per il
Cio (Nbc + 8 delle 11 società) è in mano
agli Usa, che possono sfruttare questa
posizione dominante modellando la
linea di condotta politica olimpica in
base alle congiunture. Un monitoraggio
sostanziale a partire dagli inizi degli
anni Ottanta (dopo i G.O. in Mosca), in
coincidenza con la graduale virata verso
il mercato dell’economia asiatica continentale
(Corea in testa) e con la necessità
espansiva di quella statunitense
post-Reagan. E nel 1988 si celebrarono
i G.O. in Seoul.
La svolta economica di Deng-
Xiaoping arrivò agli inizi degli anni
Novanta, e Pechino chiese l’edizione
storica delle Olimpiadi del 2000. Ma
l’economia Usa era in piena salute e non
avvertiva la necessità di concentrarsi sui
mercati asiatici, di lì a poco colpiti nel
Sud-est da una grave crisi finanziaria
con la drammatica discesa dello yen
(giugno 1998). In questa bufera la Cina
del grande balzo economico, quindi ad
alto rischio di inflazione, non svalutò la
sua moneta (il renminbi). Un fatto che
sorprese gli Usa e fece capire loro la
forza (inespressa) di quel continente di
1 miliardo di persone, che dimostrò la
non subalternità della sua moneta ad
altre valute, a partire dal dollaro.
Pragmatici come sempre, gli Usa
compresero allora che una economia a
base di investimenti sarebbe stata più
efficace che la politica per mettere alla
prova il gigante cinese.
La ripresentazione della candidatura
olimpica per il 2008 era dunque la grande
occasione per gli Usa, a maggiore
ragione in presenza di una economia
stagnante alla ricerca di nuovi mercati.
E così il 13 luglio scorso in Mosca, oltre
a quella sportiva del medagliere, si è
aperta anche la sfida americana alla stabilità
finanziaria cinese con l’obiettivo,
attraverso le tentazioni consumistiche
“occidentali” legate ai G.O., di scalfire il
renminbi a favore del dollaro.