Il cavallo di... Pechino

20 Luglio 2001

C’è un aspetto legato alla recente

assegnazione a Pechino (Cina) delle

Olimpiadi estive del 2008 che merita

una considerazione in questa rubrica.

Occorre prima di tutto comprendere

con quali mezzi vive oggi il governo

internazionale del movimento olimpico

(Cio): esso per ogni edizione dei G.O.

preleva il 40% dei diritti tv in mano

all’americana Nbc (dopo Atene 2004

la percentuale salirà a 51) ed il 10% dei

proventi da sponsorizzazione del “programma

Top”. Questo ultimo è costituito

da 11 aziende (CocaCola, Ibm, John

Hancock, Kodak, Xerox, McDonald,

Samsung, Panasonic, Time, Ups e Visa)

che, per esempio, in occasione di

Sydney 2000 hanno versato complessivamente

circa 1.300 miliardi di lire.

Il 70% di queste risorse vitali per il

Cio (Nbc + 8 delle 11 società) è in mano

agli Usa, che possono sfruttare questa

posizione dominante modellando la

linea di condotta politica olimpica in

base alle congiunture. Un monitoraggio

sostanziale a partire dagli inizi degli

anni Ottanta (dopo i G.O. in Mosca), in

coincidenza con la graduale virata verso

il mercato dell’economia asiatica continentale

(Corea in testa) e con la necessità

espansiva di quella statunitense

post-Reagan. E nel 1988 si celebrarono

i G.O. in Seoul.

La svolta economica di Deng-

Xiaoping arrivò agli inizi degli anni

Novanta, e Pechino chiese l’edizione

storica delle Olimpiadi del 2000. Ma

l’economia Usa era in piena salute e non

avvertiva la necessità di concentrarsi sui

mercati asiatici, di lì a poco colpiti nel

Sud-est da una grave crisi finanziaria

con la drammatica discesa dello yen

(giugno 1998). In questa bufera la Cina

del grande balzo economico, quindi ad

alto rischio di inflazione, non svalutò la

sua moneta (il renminbi). Un fatto che

sorprese gli Usa e fece capire loro la

forza (inespressa) di quel continente di

1 miliardo di persone, che dimostrò la

non subalternità della sua moneta ad

altre valute, a partire dal dollaro.

Pragmatici come sempre, gli Usa

compresero allora che una economia a

base di investimenti sarebbe stata più

efficace che la politica per mettere alla

prova il gigante cinese.

La ripresentazione della candidatura

olimpica per il 2008 era dunque la grande

occasione per gli Usa, a maggiore

ragione in presenza di una economia

stagnante alla ricerca di nuovi mercati.

E così il 13 luglio scorso in Mosca, oltre

a quella sportiva del medagliere, si è

aperta anche la sfida americana alla stabilità

finanziaria cinese con l’obiettivo,

attraverso le tentazioni consumistiche

“occidentali” legate ai G.O., di scalfire il

renminbi a favore del dollaro.









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