L’industria del fitness (15 milioni di
utenti per 6.000 miliardi di lire di spesa)
punta ad un salto di qualità, cercando di
accreditarsi all’interno del sistema sanitario
nazionale, e di scaricare il falso noprofit
presente nel variegato settore.
L’iniziativa, promossa da un imprenditore
del campo (Raffaello Cattarossi)
ed appoggiata da diverse associazioni
di categoria e forze politiche, trova nella
leva fiscale lo strumento per perseguire
i due obiettivi di fondo sopra indicati.
Prestazione sanitaria. Tale è il servizio
offerto da un centro fitness secondo
la proposta rivolta al Ministero della
Sanità.
A questo ultimo viene richiesto il riconoscimento
ufficiale di questo principio
all’interno del Piano sanitario nazionale,
in quanto i proponenti sostengono che
l’attività fisica rientra a tutti gli effetti
tra i mezzi di promozione di “comportamenti
e stili di vita per la salute”.
L’eventuale accettazione dovrebbe
fare scattare il regime agevolato tipico
delle prestazioni sanitarie, ma a metà:
infatti mentre ai fini Irpef nella proposta
viene prevista la deducibilità in sede
di dichiarazione dei redditi della spesa
affrontata nel centro fitness al pari degli
altri oneri sostenuti per la salute, ai fini
Iva viene ipotizzata la riduzione dell’aliquota
dal 20 al 4 per cento, ignorando
(?) che le attività mediche e paramediche
nell’ordinamento tributario sono
esenti dall’imposta sul valore aggiunto.
A parte questo aspetto, trattasi di
misure che, secondo i fautori dell’iniziativa,
dovrebbero contribuire sensibilmente
al contenimento dell’evasione
fiscale del settore. Ed in questa direzione
sembra andare la seconda parte del
documento.
Falso no-profit. Contro l’impresa del
benessere fisico mascherata da associazione
sportiva senza fini di lucro viene
richiesta l’applicazione di un pacchetto
di misure fiscali restrittive: obbligo di
redigere un elenco soci con le rispettive
somme versate, di introitare solo quote
annuali (eliminando quindi le iscrizioni
mensili, trimestrali, semestrali...) ed
obbligo di emettere per i servizi di
fitness la ricevuta fiscale, il cui importo
non sarà detraibile ai fini Irpef.
Al di là di quello che sarà l’esito dell’iter
della proposta in sede parlamentare,
l’iniziativa porta allo scoperto per
la prima volta in modo significativo la
volontà di una parte della corrente profit
di liberare il mercato del fitness da
quelle forme distorsive che hanno trovato
fino ad ora nel Paese, quali alleati
nell’azione di lobbying sul Palazzo, l’industria
farmaceutica e quella di attrezzature
ed articoli del settore.