Il fitness cerca regole

21 Settembre 2001

L’industria del fitness (15 milioni di

utenti per 6.000 miliardi di lire di spesa)

punta ad un salto di qualità, cercando di

accreditarsi all’interno del sistema sanitario

nazionale, e di scaricare il falso noprofit

presente nel variegato settore.

L’iniziativa, promossa da un imprenditore

del campo (Raffaello Cattarossi)

ed appoggiata da diverse associazioni

di categoria e forze politiche, trova nella

leva fiscale lo strumento per perseguire

i due obiettivi di fondo sopra indicati.

Prestazione sanitaria. Tale è il servizio

offerto da un centro fitness secondo

la proposta rivolta al Ministero della

Sanità.

A questo ultimo viene richiesto il riconoscimento

ufficiale di questo principio

all’interno del Piano sanitario nazionale,

in quanto i proponenti sostengono che

l’attività fisica rientra a tutti gli effetti

tra i mezzi di promozione di “comportamenti

e stili di vita per la salute”.

L’eventuale accettazione dovrebbe

fare scattare il regime agevolato tipico

delle prestazioni sanitarie, ma a metà:

infatti mentre ai fini Irpef nella proposta

viene prevista la deducibilità in sede

di dichiarazione dei redditi della spesa

affrontata nel centro fitness al pari degli

altri oneri sostenuti per la salute, ai fini

Iva viene ipotizzata la riduzione dell’aliquota

dal 20 al 4 per cento, ignorando

(?) che le attività mediche e paramediche

nell’ordinamento tributario sono

esenti dall’imposta sul valore aggiunto.

A parte questo aspetto, trattasi di

misure che, secondo i fautori dell’iniziativa,

dovrebbero contribuire sensibilmente

al contenimento dell’evasione

fiscale del settore. Ed in questa direzione

sembra andare la seconda parte del

documento.

Falso no-profit. Contro l’impresa del

benessere fisico mascherata da associazione

sportiva senza fini di lucro viene

richiesta l’applicazione di un pacchetto

di misure fiscali restrittive: obbligo di

redigere un elenco soci con le rispettive

somme versate, di introitare solo quote

annuali (eliminando quindi le iscrizioni

mensili, trimestrali, semestrali...) ed

obbligo di emettere per i servizi di

fitness la ricevuta fiscale, il cui importo

non sarà detraibile ai fini Irpef.

Al di là di quello che sarà l’esito dell’iter

della proposta in sede parlamentare,

l’iniziativa porta allo scoperto per

la prima volta in modo significativo la

volontà di una parte della corrente profit

di liberare il mercato del fitness da

quelle forme distorsive che hanno trovato

fino ad ora nel Paese, quali alleati

nell’azione di lobbying sul Palazzo, l’industria

farmaceutica e quella di attrezzature

ed articoli del settore.









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