La riforma tributaria Visco obbliga
le associazioni sportive dilettantistiche
a rendicontare i movimenti finanziari
(quelli di cassa e di banca) relativi alla
gestione dell'attività sociale.
Questo adempimento sta facendo
emergere sui libri contabili (giornalmastro)
le operazioni legate alla compravendita
delle prestazioni sportive
degli atleti.
Nel calcio, sport nazionale, il fatto si
tinge dei contorni tipici del fenomeno
di costume che fa il verso al più famoso
mercato dei professionisti in Milano, a
partire dal luogo per antonomasia degli
scambi, l'albergo.
Nella sostanza (leggi soldi) fra i due
mondi c'è l'abisso in termini di valore
della singola operazione, ma il numero
delle contrattazioni circa i trasferimenti
(temporanei o definitivi) dei calciatori
non è da meno, considerato il frazionamento
dei campionati regionali minori.
Il volume della campagna acquistivendite
del calcio dilettantistico non
è dato a sapere. Per evitare i fulmini
della federcalcio e quelli del fisco, ci si
difende nell'ambiente negando spesso
il titolo oneroso degli scambi.
In materia non mancano le zone
d'ombra.
Carte federali alla mano, il punto 2
dell'art. 41 del Regolamento della Lega
Nazionali Dilettanti decreta la nullità,
con tanto di rinvio alla giustizia sportiva
delle parti in causa, di accordi e di
convenzioni di carattere economico fra
società e calciatori.
Quanto sopra lascia quasi ad intendere
che solo la persona fisica (calciatore,
parente o procuratore), non potendo
essere proprietario del vincolo di utilizzazione
dell'atleta (cartellino), non può
contrattarlo. Un chiarimento federale
circa l'ampliamento del divieto ai sodalizi
sarebbe auspicabile,
Discorso che vale a maggiore ragione
per il fisco.
Il Coni da sempre sposa la neutralità
dei trasferimenti in virtù di un principio
base della riforma tributaria degli anni
Settanta: le cessioni di beni e di servizi
fra associazioni senza fini di lucro
che svolgono attività sotto l'egida della
stessa federazione nazionale rientrano
nell'attività istituzionale non soggetta
a tassazione diretta ed indiretta. Una
posizione ribadita anche dopo l'entrata
in vigore della legge agevolativa dello
sport dilettantistico (la n. 398/91) che
però, stabilendo l'aliquota Iva dei trasferimenti
in questione, implicitamente li
riconduce fra le operazioni commerciali
imponibili. L'incertezza regna sovrana.
Considerato che si tratta di fondi reinvestiti
in buona parte all'interno del
sistema calcio minore e che spesso essi
rappresentano la sopravvivenza per
diversi club, la loro raccolta meriterebbe
una deregulation alla luce del sole.