L’esperienza di questa settimana di
docenza al corso “la gestione dell’impresa
sociale” presso l’istituto per ragionieri
“E. Bona” mi ha permesso di rafforzare
il giudizio negativo circa la legge 16
dicembre 1991, n. 398, conosciuta negli
ambienti sportivi dilettantistici come
la norma del forfait o della semplificazione
contabile. In soldoni il motto
era: imposte minime dovute allo Stato
contro la tenuta di una sola scrittura (il
famoso borderò Siae).
A quasi ormai dieci anni dalla sua
entrata in vigore, il bilancio degli effetti
della norma non può essere positivo,
nel constatare che la conseguenza della
sua selvaggia applicazione è la disabitudine,
per non dire, l’abbandono della
pratica di rendicontazione della gestione
del sodalizio. E forse non è un caso se
la rendicontazione, già divenuta obbligo
statutario dal 1° gennaio 1998 con
la Riforma Visco per rendere neutrali al
fisco i corrispettivi derivanti dai soci e/o
per vincere la presunzione di commercialità
dell’ente in presenza di entrate
commerciali prevalenti su quelle istituzionali,
dal 2000 è obbligo di legge per
le associazioni sportive dilettantistiche
in regime forfettario.
Ma se oggi riabituarsi ad una puntuale
rendicontazione della gestione
è difficile per tutti i soggetti in regime
della legge n. 398/91, soltanto chi si
trova in particolari situazioni (una minoranza)
sta scoprendo quale siano i costi
per lo sbandamento contabile commesso
incautamente in questi anni. La
sbandierata deregulation delle scritture
contabili per i piccoli sodalizi sportivi
oggi deve fare i conti con normative e
regolamenti che prescindono da quella
agevolazione, concessa all’associazionismo
nel 1991 forse con troppa superficialità
in assenza di una legge-quadro
sullo sport dilettantistico.
E’ il caso di quei sodalizi praticanti
sport agonistici e gestori di impianti
sportivi che, contro un accertamento
Iciap, ora non sono in grado di dimostrare
alla municipalità, attraverso la
rendicontazione, che l’avanzo di gestione
dell’attività commerciale legata allo
sfruttamento della struttura in convenzione
venne indirizzato alla copertura
del disavanzo di gestione dell’attività
sportiva agonistica, o comunque all’investimento
di risorse in tale settore
istituzionale, facendo così cadere la
presunzione comunale di attività con
scopo di lucro. E’ soltanto un esempio
che dimostra come molto probabilmente
la ricerca dell’Erario di un minimo
gettito Irpeg-Ilor dall’associazionismo
sportivo italiano in evoluzione degli
anni Novanta, non doveva avere quale
contropartita una generalizzata deregulation
contabile, da cui ora si chiede
un rientro con tempi e modalità non
facili da rispettare.