E’ difficile riscontrare nel passato in
Italia una operazione di pubblicità istituzionale
a mezzo stampa così “presenzialista”
come quella che da diverso
tempo sta conducendo la federazione
del golf.
Lo scopo dell’iniziativa, con testimonial
prestati da altri sport (Fiona
May, Giancarlo Fisichella e Kristian
Ghedina...), è la popolarizzazione del
golf, la sua democratizzazione sull’esempio
del modello Usa. E che il golf
al di là dell’oceano sia diventato ormai
un business lo dicono le cifre: 26 milioni
e mezzo di praticanti (1 italiano su 2)
che ogni anno spendono 22miliardi di
dollari per attrezzature, capi di abbigliamento,
biglietti ed abbonamenti di
ingresso ai 16.365 impianti esistenti.
Fra questi il più famoso, quello di
Pebble Beach (Monterrey), non è un
country-club privato, ma un campo
pubblico al quale tutti possono accedere.
La ricetta migliore per fare di
uno sport di élite un prodotto di largo
consumo.
Come avvenne in Italia in un certo
senso per la disciplina del tennis negli
anni Settanta, allorchè non fu necessaria
una tale campagna promozionale da
parte della federazione, grazie anche
e soprattutto ai successi di Adriano
Panatta e C.. Costantino Rocca non ha
prodotto in proporzione i medesimi
effetti.
Da qui la linea di condotta politica
intrapresa dalla federgolf per un allargamento
della base dei praticanti in
termini di numeri e di livello sociale
(attualmente il golf è praticato per
l’82,5% dalla classe socio-economica
superiore) con una vera azione di
marketing.
E con un occhio di riguardo per quelle
imprese che, stimolate dagli uffici
promozionali incuranti del suddetto
processo di popolarizzazione del golf,
legano marchio e prodotti raffinati a
questo sport d’élite.
Insomma, per la federgolf l’obiettivo
di conciliare qualità e quantità.
Una situazione che non riguarda solo
il golf, ma tutte quelle discipline di
cui le televisioni a pagamento stanno
attualmente “allontanando” dal grande
pubblico eventi e campioni. E quindi
praticanti ed in ultima analisi certi
sponsor.
Non è un caso se in Germania il
record di sponsorizzazioni nel 1999 va
al salto dal trampolino con gli sci (visibile
in chiaro), con i campioni Martin
Schmitt e Sven Hannawald.
E c’è di più. Con gli sport tradizionali
criptati e per certi versi “distanti”
dai consumatori prima della prossima
rivoluzione culturale della tv a pagamento,
gli sponsor si indirizzeranno
verso quelle discipline al confine con
il divertimento puro, alla portata di un
pubblico attivo in crescendo con l’aumento
del tempo libero, e che fanno
ormai tendenza: beach volley, pattinaggio
su ruote in linea, mountain bike,
streetbasketball...