Il salto dello sponsor

30 Luglio 1999

E’ difficile riscontrare nel passato in

Italia una operazione di pubblicità istituzionale

a mezzo stampa così “presenzialista”

come quella che da diverso

tempo sta conducendo la federazione

del golf.

Lo scopo dell’iniziativa, con testimonial

prestati da altri sport (Fiona

May, Giancarlo Fisichella e Kristian

Ghedina...), è la popolarizzazione del

golf, la sua democratizzazione sull’esempio

del modello Usa. E che il golf

al di là dell’oceano sia diventato ormai

un business lo dicono le cifre: 26 milioni

e mezzo di praticanti (1 italiano su 2)

che ogni anno spendono 22miliardi di

dollari per attrezzature, capi di abbigliamento,

biglietti ed abbonamenti di

ingresso ai 16.365 impianti esistenti.

Fra questi il più famoso, quello di

Pebble Beach (Monterrey), non è un

country-club privato, ma un campo

pubblico al quale tutti possono accedere.

La ricetta migliore per fare di

uno sport di élite un prodotto di largo

consumo.

Come avvenne in Italia in un certo

senso per la disciplina del tennis negli

anni Settanta, allorchè non fu necessaria

una tale campagna promozionale da

parte della federazione, grazie anche

e soprattutto ai successi di Adriano

Panatta e C.. Costantino Rocca non ha

prodotto in proporzione i medesimi

effetti.

Da qui la linea di condotta politica

intrapresa dalla federgolf per un allargamento

della base dei praticanti in

termini di numeri e di livello sociale

(attualmente il golf è praticato per

l’82,5% dalla classe socio-economica

superiore) con una vera azione di

marketing.

E con un occhio di riguardo per quelle

imprese che, stimolate dagli uffici

promozionali incuranti del suddetto

processo di popolarizzazione del golf,

legano marchio e prodotti raffinati a

questo sport d’élite.

Insomma, per la federgolf l’obiettivo

di conciliare qualità e quantità.

Una situazione che non riguarda solo

il golf, ma tutte quelle discipline di

cui le televisioni a pagamento stanno

attualmente “allontanando” dal grande

pubblico eventi e campioni. E quindi

praticanti ed in ultima analisi certi

sponsor.

Non è un caso se in Germania il

record di sponsorizzazioni nel 1999 va

al salto dal trampolino con gli sci (visibile

in chiaro), con i campioni Martin

Schmitt e Sven Hannawald.

E c’è di più. Con gli sport tradizionali

criptati e per certi versi “distanti”

dai consumatori prima della prossima

rivoluzione culturale della tv a pagamento,

gli sponsor si indirizzeranno

verso quelle discipline al confine con

il divertimento puro, alla portata di un

pubblico attivo in crescendo con l’aumento

del tempo libero, e che fanno

ormai tendenza: beach volley, pattinaggio

su ruote in linea, mountain bike,

streetbasketball...









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