Il vero caso Pollini

7 Maggio 1999

Catarina Pollini è la cestista italiana

più famosa a fine carriera.

Non è libera di concluderla come

desidera (svincolarsi dalla Comense) e

non beneficerà di una pensione come

ex atleta.

Un discreto cestista maggiorenne di

divisione nazionale B non è libero di

gestire la carriera (svincolarsi unilateralmente

dal sodalizio per il quale è tesserato)

e non beneficerà di una pensione

quale ex atleta.

Entrambi, donna e uomo, sono sportivi

dilettanti, o meglio, non sono atleti

professionisti, anche se il loro atteggiamento

(a partire dall'orario di lavoro) è

quello di un cestista di A1 o di A2.

E' una legge dello Stato, la n. 91 del

23 marzo 1981, che inquadra la figura

dello sportivo professionista in termini

di diritti e di doveri.

A differenza di ciò che avviene per

le altre professioni protette da albi, il

riconoscimento non è dato ad personam,

cioè subordinato all'accertamento

della sussistenza di requisiti personali

dell'aspirante atleta professionista. Esso

dipende dal riscontro positivo dei requisiti

di merito economico e patrimoniale

della controparte che dovrà sostenere

gli oneri del rapporto di lavoro (stipendio,

contributi, tfr...): i club sportivi.

Nel 1994 il Consiglio federale della

federbasket, previo riscontro della solidità

economica dei club (fidejussioni),

deliberò l'applicazione della Legge 23

marzo 1981, n. 91, nei rapporti economici

fra le società partecipanti ai tornei

maschili di A1 e di A2 ed i loro atleti,

divenuti professionisti dalla sera al mattino

in forza della "promozione" dei

sodalizi.

I potenziali datori di lavoro dei tornei

di serie B ed inferiori maschili e di A femminili

non offrirono quelle garanzie.

Il caso Pollini sulle prime pagine di

alcuni quotidiani nazionali in questi

giorni, lungi dalla strumentalizzazione

in chiave di pari opportunità fra i sessi,

ripropone due questioni di fondo:

- il riconoscimento dello status di

sportivo professionista subordinato a

condizioni estranee alla sfera dell'atleta

è lesivo di un diritto personale?

- la particolarità del rapporto in

campo sportivo tra sodalizio e collaboratore

(ingaggio, orari di lavoro, premi

partita, diritti di immagine...) può essere

riconosciuto nell'àmbito di un contratto

di lavoro subordinato?

Di fronte a ciò oggi come oggi la

soluzione proponibile non è di facile

attuazione: atleti maggiorenni professionisti

iscritti ad un albo e provvisti di

posizione Iva per parcellare le prestazioni

sulla base di un contratto d'opera

a termine, e provvedere personalmente

all'assistenza sanitaria ed alla previdenza;

garantiti i diritti allo svincolo ed

alla pensione, rimane l'incognita del

mercato.









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