Catarina Pollini è la cestista italiana
più famosa a fine carriera.
Non è libera di concluderla come
desidera (svincolarsi dalla Comense) e
non beneficerà di una pensione come
ex atleta.
Un discreto cestista maggiorenne di
divisione nazionale B non è libero di
gestire la carriera (svincolarsi unilateralmente
dal sodalizio per il quale è tesserato)
e non beneficerà di una pensione
quale ex atleta.
Entrambi, donna e uomo, sono sportivi
dilettanti, o meglio, non sono atleti
professionisti, anche se il loro atteggiamento
(a partire dall'orario di lavoro) è
quello di un cestista di A1 o di A2.
E' una legge dello Stato, la n. 91 del
23 marzo 1981, che inquadra la figura
dello sportivo professionista in termini
di diritti e di doveri.
A differenza di ciò che avviene per
le altre professioni protette da albi, il
riconoscimento non è dato ad personam,
cioè subordinato all'accertamento
della sussistenza di requisiti personali
dell'aspirante atleta professionista. Esso
dipende dal riscontro positivo dei requisiti
di merito economico e patrimoniale
della controparte che dovrà sostenere
gli oneri del rapporto di lavoro (stipendio,
contributi, tfr...): i club sportivi.
Nel 1994 il Consiglio federale della
federbasket, previo riscontro della solidità
economica dei club (fidejussioni),
deliberò l'applicazione della Legge 23
marzo 1981, n. 91, nei rapporti economici
fra le società partecipanti ai tornei
maschili di A1 e di A2 ed i loro atleti,
divenuti professionisti dalla sera al mattino
in forza della "promozione" dei
sodalizi.
I potenziali datori di lavoro dei tornei
di serie B ed inferiori maschili e di A femminili
non offrirono quelle garanzie.
Il caso Pollini sulle prime pagine di
alcuni quotidiani nazionali in questi
giorni, lungi dalla strumentalizzazione
in chiave di pari opportunità fra i sessi,
ripropone due questioni di fondo:
- il riconoscimento dello status di
sportivo professionista subordinato a
condizioni estranee alla sfera dell'atleta
è lesivo di un diritto personale?
- la particolarità del rapporto in
campo sportivo tra sodalizio e collaboratore
(ingaggio, orari di lavoro, premi
partita, diritti di immagine...) può essere
riconosciuto nell'àmbito di un contratto
di lavoro subordinato?
Di fronte a ciò oggi come oggi la
soluzione proponibile non è di facile
attuazione: atleti maggiorenni professionisti
iscritti ad un albo e provvisti di
posizione Iva per parcellare le prestazioni
sulla base di un contratto d'opera
a termine, e provvedere personalmente
all'assistenza sanitaria ed alla previdenza;
garantiti i diritti allo svincolo ed
alla pensione, rimane l'incognita del
mercato.