Nonostante le proiezioni in ripresa dal
2000 delle scommesse sportive, la crisi
della schedina non sembra avere fine: la
contrazione degli incassi a tutto il mese
di settembre ha raggiunto il 47% rispetto
all’anno precedente. L’obiettivo Coni
di fine anno dei 1.040 miliardi di lire di
entrate totocalcio/totogol sembra ormai
compromesso.
L’inversione di tendenza prevista con
lo svolgimento a regime del totoscommesse
è attesa oltre che dal Coni anche
dall’erario. Su di una quota degli introiti
delle scommesse sportive (5%), lo Stato
infatti punta per garantirsi dal prossimo
primo gennaio la copertura del mancato
gettito della abrogata imposta sugli
spettacoli (si parla di circa 300 miliardi di
lire all’anno).
Una soppressione salutata con soddisfazione
dal mondo dello sport, calcio
professionistico in testa. Questo ultimo
nel 1996 commissionò ad una società
del settore uno studio per dimostrare
l’anomalia tutta italiana di questo balzello
sconosciuto negli altri Paesi dell’Europa
unita.
Il tributo, nato all’epoca della riforma
tributaria degli anni Settanta, ha alimentato
nell’ultimo decennio un contenzioso
presso numerosi tribunali della
Penisola.
Si litiga in merito all’applicazione dell’imposta
(aliquota del 9%) sui proventi
legati all’organizzazione degli eventi
sportivi diversi da quelli pacificamente
tassati relativi alla biglietteria ed agli
abbonamenti. In sostanza si stratta delle
sponsorizzazioni e dei diritti televisivi.
Grazie a questa ultima risorsa l’industria
del calcio professionistico dopo
i Mondiali francesi nel 1998 ha visto
decollare i suoi ricavi in bliancio.
Il divario di potenzialità economiche
fra il calcio e le altre discipline sportive
sta allarmando da tempo i governi della
sinistra di quei Paesi dell’Europa dove il
business del football televisivo ha raggiunto
cifre impensabili solo fino a poco
tempo addietro.
Il 1° ottobre scorso il governo britannico
ha approvato l’istituzione della tassa
sui diritti tv del calcio (aliquota 5%), il cui
gettito andrà a favore dello sport amatoriale.
In Francia la ministro Marie-George
Buffet sulla stessa proposta sta incontrando
la resistenza della Lega calcio, ma
alla fine un analogo provvedimento a
quello di Londra dovrebbe passare.
Insomma l’armonizzazione europea
dei regimi fiscali è ancora lontana anche
in questo settore: mentre in Italia scompare,
in altri Stati questa imposta è destinata
a nascere sotto forma di tassa a
carico dello sport ricco per aiutare quello
orfano della tv. Un modello che farebbe
comodo allo sport italiano per arginare
la spaventosa voragine dei conti della
Sportass, la compagnia di assicurazione
dei 5 milioni di praticanti italiani (professionisti
compresi), che ha toccato recentemente
i 130 miliardi di deficit.