Il malcontento del mondo sportivo
dilettantistico per la manovra fiscale di
fine anno ha raggiunto il Parlamento.
Una reazione trasversale se è vero
che si è fatta sentire con forza anche la
comunità sportiva più vicina al governo
di centro sinistra dimissionario, l'Uisp.
Il profilo basso del Coni sulla vicenda
può nascondere viceversa la scelta più
opportuna dell'utilizzo dei canali parlamentari,
oppure una posizione morbida
nei confronti di quell'esecutivo decaduto
che impegnò lo Stato per 150miliardi
di lire per i prossimi Giochi Olimpici.
Da un punto di vista tecnico l'istanza
dello sport si traduce in un pacchetto
di modifiche in sei punti alla normativa
vigente, da inserire come articolo nel
testo della seconda legge di correzione
alla Finanziaria del 2000, il cui dibattito
era inserito nell'agenda dei lavori parlamentari
di questa settimana, stravolta
poi dall'esito delle elezioni del 16 aprile
scorso.
Tre i punti più significativi di questa
sorta di controriforma: disciplina dei
compensi, utilizzo dei contanti e decorrenza
del provvedimento in questione.
Compensi.
Verrebbero scaglionati in tre fasce:
- da zero a 10 milioni (contro gli attuali
6) esenti da imposte; - da 10 milioni ed
una lira a 50 milioni tassati alla fonte
in base all'attuale normativa (Irpef più
addizionali regionale e comunale); - per
l'eccedenza, soggetta al cumulo con
altri eventuali redditi, scatterebbe l'obbligo
della dichiarazione dei redditi.
Divieto di utilizzo del denaro contante.
Si propone:
a) di innalzare l'odierno limite di
100mila lire per ciascuna operazione,
a partire dal quale è bandita la cassa
contante, a 500mila lire;
b) di abrogare tout court il divieto per
le associazioni che non svolgono attività
commerciale o che, esercitandola,
applicano il regime contabile ordinario
(partita doppia).
Entrata in vigore della norma emendata.
Per i proponenti il 1° gennaio 2000,
come a dire: la attuale normativa non
ha mai prodotto i suoi effetti.
Una richiesta in chiave retroattiva
insolita per la nostra legislazione tributaria,
dura per qualsiasi ministro delle
finanze di un esecutivo dimissionario,
che rischia di vedere sconfessata dopo
pochi mesi la sua linea di condotta
politica in materia, ma allettante per un
nuovo governo alla ricerca della conferma
del consenso ottenuto.