Indietro tutta...?

21 Marzo 2000

Il malcontento del mondo sportivo

dilettantistico per la manovra fiscale di

fine anno ha raggiunto il Parlamento.

Una reazione trasversale se è vero

che si è fatta sentire con forza anche la

comunità sportiva più vicina al governo

di centro sinistra dimissionario, l'Uisp.

Il profilo basso del Coni sulla vicenda

può nascondere viceversa la scelta più

opportuna dell'utilizzo dei canali parlamentari,

oppure una posizione morbida

nei confronti di quell'esecutivo decaduto

che impegnò lo Stato per 150miliardi

di lire per i prossimi Giochi Olimpici.

Da un punto di vista tecnico l'istanza

dello sport si traduce in un pacchetto

di modifiche in sei punti alla normativa

vigente, da inserire come articolo nel

testo della seconda legge di correzione

alla Finanziaria del 2000, il cui dibattito

era inserito nell'agenda dei lavori parlamentari

di questa settimana, stravolta

poi dall'esito delle elezioni del 16 aprile

scorso.

Tre i punti più significativi di questa

sorta di controriforma: disciplina dei

compensi, utilizzo dei contanti e decorrenza

del provvedimento in questione.

Compensi.

Verrebbero scaglionati in tre fasce:

- da zero a 10 milioni (contro gli attuali

6) esenti da imposte; - da 10 milioni ed

una lira a 50 milioni tassati alla fonte

in base all'attuale normativa (Irpef più

addizionali regionale e comunale); - per

l'eccedenza, soggetta al cumulo con

altri eventuali redditi, scatterebbe l'obbligo

della dichiarazione dei redditi.

Divieto di utilizzo del denaro contante.

Si propone:

a) di innalzare l'odierno limite di

100mila lire per ciascuna operazione,

a partire dal quale è bandita la cassa

contante, a 500mila lire;

b) di abrogare tout court il divieto per

le associazioni che non svolgono attività

commerciale o che, esercitandola,

applicano il regime contabile ordinario

(partita doppia).

Entrata in vigore della norma emendata.

Per i proponenti il 1° gennaio 2000,

come a dire: la attuale normativa non

ha mai prodotto i suoi effetti.

Una richiesta in chiave retroattiva

insolita per la nostra legislazione tributaria,

dura per qualsiasi ministro delle

finanze di un esecutivo dimissionario,

che rischia di vedere sconfessata dopo

pochi mesi la sua linea di condotta

politica in materia, ma allettante per un

nuovo governo alla ricerca della conferma

del consenso ottenuto.









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