Le società dell’industria del calcio
chiudono al 30 giugno i conti della stagione
sportiva cominciata il 1° luglio di
un anno addietro. Nei successivi quattro
mesi la fotografia dello stato di salute
economico e finanziario del club viene
elaborata per l’approvazione dei soci.
Da diversi anni di questi tempi la
raffica a mo’ di classifica dei bilanci in
rosso del calcio non fa più notizia. Salvo
il segnale contrario. Ad oggi infatti sono
ben quattro i rendiconti (quelli delle spa
della Juventus, della Lazio, del Parma e
dell’Udinese) che presentano un risultato
positivo che, come impone la federazione,
deve essere per il 10% reinvestito
a favore del settore giovanile.
Per la società del capoluogo piemontese
si registra poi la storica delibera di
distribuzione agli azionisti del rimanente
90% a titolo di dividendo. La prima
volta nella storia del calcio italiano.
Parlare di inversione di rotta è forse
ancora presto. Talvolta il contenimento
della perdita od il raggiungimento di
un simbolico utile sono frutto di manovre
di bilancio non del tutto ortodosse:
la rinuncia senza una motivazione
economica a crediti vantati nei confronti
del club da parte dell’azionista
di maggioranza si traduce tout court
in una sopravvenienza attiva benefica
per i conti; come l’iscrizione “anticipata”
di alcuni proventi, quali per esempio
quelli derivanti dalla cessione dei diritti
tv nel bilancio dell’anno di stipula del
contratto e non in quello di produzione
dello spettacolo televisivo oggetto del
rapporto stesso. Detto questo, occorre
tuttavia riconoscere che qualcosa sta
cambiando nel management del calcio
di prima divisione, e quindi nella sua raffigurazione
in bilancio, per una serie di
fattori verificatisi nell’ultimo quinquennio:
a) l’utilizzo fiscale in bilancio della
perdita del club da parte dell’azienda
del socio imprenditore è oggi un atto
di elusione sanzionato; b) l’abolizione
quasi totale del divieto di distribuire
l’utile conseguito (legge n. 586 del
1996); c) l’ingresso in borsa nel maggio
del 1998 della Lazio Spa con alle spalle
il primo bilancio in utile; d) la crescita
esponenziale dei ricavi della cessione
dei diritti tv; e) la ricerca di proventi da
attività extracalcistiche (gestione stadi
e centri commerciali, merchandising...)
per rendere la gestione meno legata al
risultato del campo.
Molto probabilmente una inversione
di tendenza netta (una maggioranza di
bilanci positivi su 22) si potrà ottenere
soltanto con la istituzione di un tetto
sugli ingaggi della manodopera, un
provvedimento annunciato dalla Lega
di serie A/B ai tempi del salvataggio del
calcio dal tracollo finanziario (primavera
1995) e poi mai deliberato.