L'anno dell'utile

12 Novembre 1999

Le società dell’industria del calcio

chiudono al 30 giugno i conti della stagione

sportiva cominciata il 1° luglio di

un anno addietro. Nei successivi quattro

mesi la fotografia dello stato di salute

economico e finanziario del club viene

elaborata per l’approvazione dei soci.

Da diversi anni di questi tempi la

raffica a mo’ di classifica dei bilanci in

rosso del calcio non fa più notizia. Salvo

il segnale contrario. Ad oggi infatti sono

ben quattro i rendiconti (quelli delle spa

della Juventus, della Lazio, del Parma e

dell’Udinese) che presentano un risultato

positivo che, come impone la federazione,

deve essere per il 10% reinvestito

a favore del settore giovanile.

Per la società del capoluogo piemontese

si registra poi la storica delibera di

distribuzione agli azionisti del rimanente

90% a titolo di dividendo. La prima

volta nella storia del calcio italiano.

Parlare di inversione di rotta è forse

ancora presto. Talvolta il contenimento

della perdita od il raggiungimento di

un simbolico utile sono frutto di manovre

di bilancio non del tutto ortodosse:

la rinuncia senza una motivazione

economica a crediti vantati nei confronti

del club da parte dell’azionista

di maggioranza si traduce tout court

in una sopravvenienza attiva benefica

per i conti; come l’iscrizione “anticipata”

di alcuni proventi, quali per esempio

quelli derivanti dalla cessione dei diritti

tv nel bilancio dell’anno di stipula del

contratto e non in quello di produzione

dello spettacolo televisivo oggetto del

rapporto stesso. Detto questo, occorre

tuttavia riconoscere che qualcosa sta

cambiando nel management del calcio

di prima divisione, e quindi nella sua raffigurazione

in bilancio, per una serie di

fattori verificatisi nell’ultimo quinquennio:

a) l’utilizzo fiscale in bilancio della

perdita del club da parte dell’azienda

del socio imprenditore è oggi un atto

di elusione sanzionato; b) l’abolizione

quasi totale del divieto di distribuire

l’utile conseguito (legge n. 586 del

1996); c) l’ingresso in borsa nel maggio

del 1998 della Lazio Spa con alle spalle

il primo bilancio in utile; d) la crescita

esponenziale dei ricavi della cessione

dei diritti tv; e) la ricerca di proventi da

attività extracalcistiche (gestione stadi

e centri commerciali, merchandising...)

per rendere la gestione meno legata al

risultato del campo.

Molto probabilmente una inversione

di tendenza netta (una maggioranza di

bilanci positivi su 22) si potrà ottenere

soltanto con la istituzione di un tetto

sugli ingaggi della manodopera, un

provvedimento annunciato dalla Lega

di serie A/B ai tempi del salvataggio del

calcio dal tracollo finanziario (primavera

1995) e poi mai deliberato.









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