Le scadenze elettorali e la guerra nella
Repubblica jugoslava hanno fatto passare
in secondo piano il disavanzo finanziario
(150miliardi di lire) del Coni, causato
soprattutto dal crollo degli introiti dei
concorsi pronostici.
A farne le spese sono lo sport d'élite
dilettantistico non militarizzato (le rappresentative
nazionali) e la serie C del
calcio, mentre per i club privati con atleti
"azzurri" e più in generale per i sodalizi
sportivi di base i contributi Coni e
federali non costituiscono da tempo le
principali fonti di entrata.
E così per la prima volta nella storia
repubblicana il governo si è impegnato
a garantire la copertura della preparazione
olimpica in vista di Sydney 2000
(100/120miliardi emergenze permettendo).
Un duro colpo al principio dell'autonomia
dello sport, basato sull'autosufficienza
economica grazie alla schedina.
Le contromisure del Foro Italico si
stanno delineando:
- tagli ai trasferimenti federali
(37,7/40%);
- liberalizzazione del commercio degli
spazi pubblicitari delle squadre nazionali;
- dismissioni di immobili.
Questi interventi non hanno tuttavia
evitato al Coni il coinvolgimento nella
riforma in corso della pubblica amministrazione,
con alcune modifiche strutturali
(riforma Melandri) oggetto di dura
contestazione nell'ambiente: decadenza
del contratto del pubblico impiego per i
dipendenti Coni e Fsn, ed autonomia di
bilancio delle federazioni.
Da questo scenario manca il nuovo
toto-scommesse, con entrate annue
a regime pronosticate dagli addetti ai
lavori fra gli 8.000 ed i 10.000miliardi
di lire (nel 1998 il mercato dei giochi e
delle scommesse non solo sportive è
stato di 26.000miliardi). Un risultato da
far impallidire il SuperEnalotto. E fare
balenare in certi ambienti l'idea di privatizzare
l'Istituto per il credito sportivo
(Ics), ente pubblico morale di cui fanno
parte il Coni ed un pool di banche.
L'Ics è di fatto la "banca" dell'impiantistica
sportiva italiana che, se è vero che
non lucra sui tassi di interesse dei mutui
concessi (dall'1 al 5%), è altrettanto vero
che attualmente ogni anno incamera
l'1% dei concorsi pronostici sportivi
(circa 100miliardi) a costo zero. C'è da
dire che il prezzo di questa cassaforte
non è indifferente: per liquidare il Coni
che non entrerebbe (?) nella Spa, occorrono
1.700 miliardi, una somma pari al
valore patrimoniale dell'istituto (attività
meno passività) ed a circa due budget di
spesa annua dello stesso Coni.
Un investimento che le banche interessate
potrebbero accettare a patto di
una revisione in aumento della percentuale
sugli introiti del futuro eldorado
del totoscommesse.