La cassaforte del Coni

30 Aprile 1999

Le scadenze elettorali e la guerra nella

Repubblica jugoslava hanno fatto passare

in secondo piano il disavanzo finanziario

(150miliardi di lire) del Coni, causato

soprattutto dal crollo degli introiti dei

concorsi pronostici.

A farne le spese sono lo sport d'élite

dilettantistico non militarizzato (le rappresentative

nazionali) e la serie C del

calcio, mentre per i club privati con atleti

"azzurri" e più in generale per i sodalizi

sportivi di base i contributi Coni e

federali non costituiscono da tempo le

principali fonti di entrata.

E così per la prima volta nella storia

repubblicana il governo si è impegnato

a garantire la copertura della preparazione

olimpica in vista di Sydney 2000

(100/120miliardi emergenze permettendo).

Un duro colpo al principio dell'autonomia

dello sport, basato sull'autosufficienza

economica grazie alla schedina.

Le contromisure del Foro Italico si

stanno delineando:

- tagli ai trasferimenti federali

(37,7/40%);

- liberalizzazione del commercio degli

spazi pubblicitari delle squadre nazionali;

- dismissioni di immobili.

Questi interventi non hanno tuttavia

evitato al Coni il coinvolgimento nella

riforma in corso della pubblica amministrazione,

con alcune modifiche strutturali

(riforma Melandri) oggetto di dura

contestazione nell'ambiente: decadenza

del contratto del pubblico impiego per i

dipendenti Coni e Fsn, ed autonomia di

bilancio delle federazioni.

Da questo scenario manca il nuovo

toto-scommesse, con entrate annue

a regime pronosticate dagli addetti ai

lavori fra gli 8.000 ed i 10.000miliardi

di lire (nel 1998 il mercato dei giochi e

delle scommesse non solo sportive è

stato di 26.000miliardi). Un risultato da

far impallidire il SuperEnalotto. E fare

balenare in certi ambienti l'idea di privatizzare

l'Istituto per il credito sportivo

(Ics), ente pubblico morale di cui fanno

parte il Coni ed un pool di banche.

L'Ics è di fatto la "banca" dell'impiantistica

sportiva italiana che, se è vero che

non lucra sui tassi di interesse dei mutui

concessi (dall'1 al 5%), è altrettanto vero

che attualmente ogni anno incamera

l'1% dei concorsi pronostici sportivi

(circa 100miliardi) a costo zero. C'è da

dire che il prezzo di questa cassaforte

non è indifferente: per liquidare il Coni

che non entrerebbe (?) nella Spa, occorrono

1.700 miliardi, una somma pari al

valore patrimoniale dell'istituto (attività

meno passività) ed a circa due budget di

spesa annua dello stesso Coni.

Un investimento che le banche interessate

potrebbero accettare a patto di

una revisione in aumento della percentuale

sugli introiti del futuro eldorado

del totoscommesse.









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