Le star mondiali dello sport del 2000?
Rupert Murdoch (BSkyB), Pierre Lescure
(Canal+), Leo Kirch (Tv tedesca), Robert
Louis Dreyfus (Adidas), Ted Turner (Cnn),
Max Mosley (F1), Jean Claude Darmon.
Se fosse ancora in vita Giovannino
Agnelli (Fiat).
Le imprese nello sport del 2000? Le
marche sportive che organizzano i loro
campionati, le agenzie di marketing
che acquistano delle squadre in giro
per il mondo, i club sportivi che lanciano
le loro televisioni tematiche ed
ancora i colossi dell'articolo sportivo
che divorano le piccole ditte. Il tutto
in nome della razionalizzazione e della
concentrazione. Di potere e di business.
Intorno allo sport.
Stiamo vivendo una delle più straordinarie
rivoluzioni economiche e di
costume: dalla società sportiva anni
Sessanta soggetto istituzionale al pari
dellla famiglia, del partito, del sindacato,
dello Stato siamo passati alla società
sportiva oggetto commerciale sul mercato
per il metasponsor, per il network
televisivo ed in ultima analisi per se
stessa (merchandising). Secondo la
Borsa di Londra, la prima a quotare nel
1983 un club sportivo (il Tottenham),
una crescita esponenziale di ricchezza
del 455% contro il 75% generale.
La rivoluzione entra nell'ultimo naturale
stadio: quello della finanza.
"Olympe", il primo fondo sportivo
di Tocqueville Finance, filiale francese
di Tocqueville Asset Management in
New York, investe attualmente in 400
società del settore quotate in Borsa
(Nike, Manchester United, Gruppo Jean
Claude Darmon, Adidas, All Blacks...).
Perché lo sport, a differenza di altri
settori, è già entrato nella "globalizzazione"
di cui si comincia a parlare: dai
Paesi Bassi all'Honduras, dal Senegal
ad Hongkong trovi sempre da qualche
parte un'immagine di Ronaldo, di
Michael Jordan o la virgola della Nike.
Insomma dall'Olimpo di Omero all'
"Olympe" del vicino di casa sottoscrittore.
Che dallo sport, oltre alle emozioni,
ora potrà ricevere dei dividendi.
Realizzati magari anche grazie alle prestazioni
dei titoli della società avversaria
della domenica allo stadio.