In questi ultimi mesi in alcune discipline
sportive non professionistiche,
cioè non disciplinate dalla legge n.
91/1981 e successive modifiche, si sta
perfezionando una rivoluzione: l’abrogazione
parziale o totale del vincolo
sportivo deliberata dalle federazioni
calcio (settore dilettanti), pallavolo e
rugby. In altre parole viene sancita dal
diritto sportivo la libertà dello sportivo
amatoriale di accasarsi presso un altro
sodalizio per il quale svolgere l’attività
agonistica, senza alcun nulla-osta da
parte del precedente.
Un argomento che, portato anche in
sede parlamentare nel passato (1998),
non è stato affrontato dal legislatore.
Forse non a caso, perchè si tratta di una
questione non semplice. Innanzitutto la
sua natura di diritto costituzionale: c’è
da domandarsi se l’atleta, in particolare
maggiorenne, è a tutti gli effetti un
“socio” del sodalizio, per cui per analogia
è possibile richiamare le libertà di associazione
e di dissociazione. Ammesso
che ciò sia sostenibile, questo diritto è
stato disapplicato con tacito accordo
delle parti finchè il dilettantismo era
circoscritto in tutti i sensi (geografico,
monetario, temporale...). Riscoperto da
alcuni anni, esso oggi fa a pugni con la
realtà economica del settore, dove lo
sportivo viene acquistato, formato, stipendiato
e ceduto, realizzando sul trasferimento
del vincolo. Caduto questo
ultimo, affinchè l’atleta per il sodalizio
non diventi solo un onere, occorrerebbe
elaborare un meccanismo di indennizzo
a carico dello sportivo partente.
Un problema.
Come quello di individuare giuridicamente
lo sportivo dilettante che monetizza
le prestazioni (lavoratore autonomo
o dipendente?), ed il confine che lo
separa dall’atleta professionista (per la
Lega calcio dilettanti il tetto di 25.000
euro all’anno di compensi).
Di fronte a queste annose questioni
il legislatore fiscale nel 1999 si è mosso
in via autonoma, inserendo i compensi
percepiti per l’attività dilettantistica fra
i redditi “diversi”. Ora tra le conseguenze
dell’operazione svincolo potrebbe
esserci l’emersione di questi compensi
attraverso il coinvolgimento indiretto
delle federazioni con relative responsabilità.
Su questo punto di recente la
federcalcio dilettanti friulana ha messo
le mani avanti. Ecco l’arcano: ai fini di
schedare la carriera degli sportivi “liberi”
(e non solo di quelli), presso gli uffici
tesseramento federali potrebbe diventare
obbligatorio il deposito dell’accordo
tra sportivo e club con l’indicazione
dell’ingaggio. Una persistenza della sua
misura al di sotto del limite esentasse
(circa 5mila euro all’anno) potrebbe
richiamare l’attenzione della amministrazione
finanziaria, che si troverebbe
a disposizione una sorta di banca dati.