Manodopera infungibile

9 Agosto 2002

Diego Della Valle, che lo scorso

week-end ha rilevato l’azienda calcistica

“Fiorentina 1926 Florentia srl”, è

presidente del gruppo Tod’s (300milioni

di euro di ricavi e 1500 dipendenti nel

2001): ha le carte in regola per far quadrare

i conti del nuovo club viola?

La domanda non è fuori luogo, perchè

di fronte ai ciclici dissesti finanziari

del calcio si comincia a domandare:

possibile che validi imprenditori non

riescano ad applicare ai club le stesse

regole di buona gestione che fanno

adottare alle loro aziende di successo?

La risposta la gente in realtà da tempo

l’ha data: colpa degli ingaggi, sproporzionati

rispetto ai ricavi, che vengono

talvolta proposti e comunque di norma

accettati da questi capitani di industria.

La risposta inquadra l’atteggiamento

anti-economico dell’imprenditore, ma

non la causa. Essa è riconducibile ad un

termine, l’ “infungibilità”, che usiamo per

definire un bene unico, insostituibile, e

quindi come tale con un valore intrinseco:

diciamo allora che la manodopera

operaia del calcio (allenatore e giocatori)

per l’imprenditore è purtroppo infungibile.

Spieghiamo.

Numerosi industriali del calcio, Della

Valle compreso, producono e/o commercializzano

beni materiali. Il loro

successo dipende in massima misura

da alcune professionalità (ricercatori,

tecnici specializzati), di cui fra l’altro

da tempo negli Usa si sta discutendo

l’infungibilità e quindi l’inserimento del

loro valore fra le attività di bilancio, ed

in minima parte da una manodopera

che, non essendo un bene insostituibile,

non ha un “valore di acquisto”

se devo incrementarla per soddisfare

nuove commesse, né un “valore di

mercato” per quanto concerne la sua

retribuzione.

Nell’industria del calcio le parti si

rovesciano: il cliente (il tifoso), spesso

a parità di prezzo (biglietto, abbonamento),

richiede al club una commessa

costante o maggiore in termini di

prestazioni sul campo. Risultato: l’incidenza

sui costi dello spettacolo dello

staff è minimo perchè, dirigenti del

calciomercato a parte, sono carenti

le professionalità interne per prevenire

fatti negativi (vedi esperimento

Milan Lab) o le tendenze dei mercati

(tv, spettattori, sponsor); viceversa l’incidenza

della manodopera operaia è

notevolissima, perchè ciascuno di quei

dipendenti della rosa non è un numero

qualsiasi registrato a libro matricola, ma

è un bene unico nel suo genere (“quel”

terzino, “quel” portiere), con un valore

talvolta anche in campo pubblicitario, il

cui grado di infungibilità sul mercato è

direttamente proporzionale al costo di

acquisto o della clausola rescissoria ed

al costo della sua retribuzione.









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