Superfatture... è scontro

24 Dicembre 1999

La fatturazione di sponsorizzazioni e

di prestazioni pubblicitarie inesistenti

o di importo maggiorato nello sport

dilettantistico esiste da tempo.

Nel 1986 l’entrata in vigore della

legge sui rimborsi spese e le indennità

di trasferta forfettarie esentasse ha

standardizzato il meccanismo: la restituzione

all’imprenditore della maggiore

quota fatturata viene ricostruita attraverso

l’erogazione figurativa per contanti

dei suddetti compensi a percettori

ignari o compiacenti.

Tangentopoli portò alla ribalta della

cronaca le vicende più clamorose.

La punta di un iceberg che ha raggiunto

dimensioni intollerabili per l’erario,

se è vero che il ministero delle

finanze, dopo averlo annunciato nel

maggio scorso, ha emanato di recente

un pacchetto di misure contro le “superfatture”.

Il provvedimento in pratica blinda

in banca o presso la posta la gestione

finanziaria dell’associazionismo sportivo,

al fine di limitare i margini di manovra

per operazioni elusive.

Se si è arrivati al punto di bandire

l’uso di denaro contante, è ora di andare

alle radici di questo fenomeno.

Un fenomeno delittuoso che, dalla

parte del soggetto sportivo, fonda spesso

la sua ragione di esistere sulla possibilità

di esercitare senza fine di lucro la

promozione, l’organizzazione e la pratica

dell’attività sportiva di base, quella di

avviamento allo sport dei giovani.

Se ci pensate a mente serena, è qualcosa

di perverso.

Una delle cause principali del ricorso

alla fatturazione gonfiata attraverso lo

strumento dell’associazionismo sportivo

da parte delle Pmi italiane di capitali

(srl, spa) è il carico fiscale-previdenziale

(Irpeg, Irap e costo del lavoro) obiettivamente

elevato.

Senza una revisione della intera

materia, si ottiene ben poco in termini

di prevenzione del fenomeno in questione.

Sull’altro fronte, occorre distinguere

i sodalizi sportivi che “rimborsano” i

tecnici per l’avviamento dei junior da

quelli che erogano rimborsi ed indennità

anche a favore degli atleti senior (le

cosiddette “prime squadre”). Il prodotto

finito dell’attività dei senior, la partita,

è il fine per il soggetto sportivo, ma è il

mezzo per l’imprenditore che, tramite

l’associazione, ricompensa di fatto gli

atleti-sandwich sponsorizzati. Il provvedimento

ci può stare.

Ma scaricare la questione tout court

sulle spalle anche della formazione

sportiva privata, può provocare forme

di disubbidienza corale nei confronti di

uno Stato che non ha saputo canalizzare

l’avviamento allo sport nell’ambiente

naturale del sistema scolastico a tutti i

livelli, pubblico e privato.









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