Tanto fumo poca... merce

18 Settembre 1998

Si è conclusa lunedì scorso in Torino,

presso il Lingotto Fiere, "Supporter '98",

la prima mostra mercato del merchandising.

Se per questo ultimo si intende l'apposisione

del marchio ufficiale del club,

regolarmente depositato e ceduto ad

un soggetto (licenziatario) per l'utilizzo

commerciale, non solo sulle "repliche"

dell'abbigliamento da gara degli atleti,

ma su tutto quanto di oggettistica

accompagna una persona nelle ventiquattro

ore, ebbene di merchandising

sportivo si è visto poco. Molto poco.

E se ciò è normale per le società non

metropolitane del calcio e per quelle di

altri sport, legate ad audience circoscritte,

per i grandi club dell'industria del

pallone il trend è sconfortante.

Sui due fronti: abbigliamento ed

oggettistica (gadget).

In merito al primo, proprio un anno

addietro, in occasione dell'esordio di

questa rubrica ("Da Ronaldo a Minessi"),

venivano individuate le cause del mancato

decollo: i falsari e gli alti costi di

importazione dei prodotti di vestiario

per una domanda limitata e priva di

potere di acquisto diretto (bambini ed

adolescenti).

Sul versante dell'oggettistica, dove

esiste una potenziale domanda, l'offerta

tuttavia deve fare i conti con alcuni

fattori che ne frenano l'affermazione:

- la mancanza di una politica di protezionismo

dei marchi ufficiali dei club

da parte di autorità nazionali (la Lega

Calcio);

- i ristretti margini di ricarico sui prezzi

di articoli di fascia medio-alta che

scoraggiano l'abbianmento da parte

del licenziatario;

- il rischio di boicottaggio di beni di

largo consumo "marchiati" (si pensi ai

prodotti Parmalat rifiutati dalla clientela

dei market catalani, allorchè negli

anni 80 l'azienda di Tanzi sponsorizzava

la società del Real Madrid);

- la concorrenza dei prodotti di target

giovane (cd-room, dischi, video e

materiale promo-pubblicitario di eventi

musicali e cinematografici); non a caso

negli Usa la Disney compra squadre

sportive ed in Gran Bretagna si parla di

abbinamenti fra club calcistici e gruppi

di pop e rock music;

- l'assenza di una strategia di marketing

nei confronti del consumatore

"donna", dimenticata per esempio dalla

pubblicità televisiva durante i Mondiali

di calcio France 98.









Museo Alessandro Roccavilla

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