Uno sci "federalista"

3 Novembre 2000

Per programmare con continuità dei

validi sciatori e sciatrici occorrono le

montagne ed i ghiacciai. L'Italia ne è

discretamente fornita, eppure nella particolare

classifica delle nazioni alpine

dello sci essa da tempo perde colpi.

Sponsor e network tv hanno voltato

le spalle, la federsci al pari delle consorelle

è "vittima" degli scommettitori

in fuga verso altri giochi, ed anche

nell'esercito sembrano essere arrivati i

tempi delle vacche magre.

Morale: si spera in qualche miracolo.

Ora ci sono alcune verità:

a) a livello internazionale lo sci alpino

tradizionale deve fare i conti con

le nuove mode e tecniche di vivere la

montagna e di scenderne le pendici,

che fanno tendenza ed audience nelle

nuove generazioni;

b) i costi di investimento in una carriera

sciistica della prole per una famiglia

italiana media sono troppo elevati

rispetto ai montepremi in palio delle

competizioni dei senior.

I montepremi li alzi con i diritti

tv. Questi li ottieni se c'è audience.

L'audience c'è in presenza di spettacolo.

Allora l'idea è quella di "privatizzare"

il circuito: non corrono più le nazioni,

ma un giro ristretto di scuderie che si

spartiscono i migliori atleti.

Una sorta di campionato tipo motomondiale,

con il rischio tuttavia che

senza un Valentino Rossi della neve

l'Italia non si desta. E si ritorna da capo.

A parte questa ipotesi, che dipendente

dalla federsci internazionale, i

casi sono due:

1) attesa del miracolo;

2) statistiche alla mano, se nei distretti

alpini della Penisola la crescita dell'economia

è direttamente proporzionale a

quello del movimento agonistico della

neve, allora si investa a livello di bilanci

regionali, cercando prima di tutto di

uniformare le normative in materia fra

regioni autonome e non. In altre parole

Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia,

Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli

Venezia Giulia fanno una Austria? Sì,

allora trovino il modo di mettere tutte

insieme 10miliardi di lire annui per un

programma pluriennale di formazione

e specializzazione della professione

sciistica. D'altronde in un futuro dove

alcuni sport potrebbere essere finanziati

sempre più con soldi pubblici ben

vengano, dove ve ne sono gli estremi,

queste forme di regionalizzazione della

spesa in base alla ricaduta economica

diretta sul territorio.









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