Tutti noi siamo concordi nel fatto che la figura di Galileo Galilei, con il suo metodo scientifico, abbia posto una base quanto mai solida per lo sviluppo ed il progresso della scienza moderna; tuttavia, questo modo di approcciarsi ad un “problema” è solo la sintesi della particolare visione che Galilei aveva della natura.

Innanzitutto, per comprendere il suo pensiero, reputo di primaria importanza analizzare l’epoca in cui il pisano è vissuto. Nato nel febbraio del 1564, egli visse a cavallo tra l’età rinascimentale e quella barocca, ma è soprattutto da quest’ultima che è stato maggiormente influenzato. I caratteri fondanti di questo periodo (quali, ad esempio, l’amore per la meraviglia, la ricerca del nuovo ed il desiderio di sperimentare) erano, infatti, tutti presenti in egual misura in Galilei. Ma furono le varie contraddizioni che sorgevano dal rapporto tra gli antichi e i moderni che lo spinsero definitivamente nella sua ricerca (in generale, la società barocca voleva svincolarsi dai modelli antichi, rifiutando tutte quelle regole o leggi che si fondavano solo sull’autorità di chi le aveva formulate) .

L’indagine galileiana parte dall’osservazione, grazie soprattutto al cannocchiale; una notte il genio pisano puntò lo strumento verso il cielo per osservare la Luna e scoprì che essa aveva dei caratteri molto simili a quelli della Terra. Ne dedusse che il nostro pianeta, al contrario di quanto si era creduto fino a quel momento, non aveva delle proprietà uniche nell’universo. Inoltre il 7 gennaio del 1610, Galileo puntò il cannocchiale verso quattro piccole stelle fisse ed osservò per la prima volta i quattro maggiori satelliti di Giove.

Tali scoperte astronomiche, sotto un certo punto di vista, erano la conferma di quanto espresso da Copernico nella sua teoria dell’universo: infatti la Luna, nonostante fosse simile alla Terra, si muoveva in cielo e quindi non era assurdo pensare che anche il nostro pianeta avesse un moto tutto suo. Inoltre, il sistema di Giove poteva essere preso come un modello in scala ridotta dell’universo, nel quale il gigante gassoso (il Sole) è al centro ed i satelliti (i pianeti) gli ruotano attorno.

Possiamo quindi porre nell’osservazione il principio fondante della concezione galileiana della natura; ma ora addentriamoci in essa analizzando il rapporto tra scienza e religione. Tale tema, ritenuto di primaria importanza, fu trattato dallo scienziato pisano in una lettera del 21 dicembre 1613 indirizzata al padre Benedetto Castelli, suo amico e discepolo. Nello scritto Galilei sostiene che le affermazioni della Bibbia siano di assoluta verità e che esse non possano errare, purché siano interpretate correttamente, facendo valere i significati metaforici del testo invece che quelli letterali.

Frontespizio dell’edizione originale de Il Saggiatore

La Natura invece presenta una coerenza e una chiarezza del tutto assente nella Scrittura: infatti non si possono assolutamente mettere in dubbio tutti quei fenomeni che ci sono presentati ai sensi a causa di passi che, presi alla lettera, dicono diversamente. Galilei afferma inoltre che il libro della Natura e la Bibbia non siano mai in contraddizione tra di loro, poiché entrambi sono opere di Dio; quindi il compito dei teologi, ribadisco, è quello di trovare il vero senso dei passi della Scrittura. Lo scienziato pisano porta, a sostegno della sua tesi, un argomento molto saldo: nella lettera riporta l’esempio del passo di Giosuè, nel quale il condottiero pregò Dio di fermare il Sole. Galilei intende quindi sottolineare come sia rovinoso affidarsi all’interpretazione letterale delle sentenze bibliche soprattutto in ambito scientifico.

 

Tuttavia, la rivoluzione vera e propria sulla concezione della natura fu compiuta da Galilei solo una decina di anni più tardi con l’uscita de Il Saggiatore: lo scienziato pisano esprime con assoluta convinzione che la natura sia organizzata armonicamente secondo leggi matematiche e geometriche. I caratteri con cui è scritto il libro della Natura sono dunque matematici e non tutti sono in grado di comprenderli. Questo è l’elemento fondante della convinzione di Galileo che la scienza è davvero in grado di dire qualcosa di vero sulla reale costituzione dell’universo e di rappresentare la struttura fisica del mondo.

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA