Si potrebbe dire che il liberalismo e il socialismo sono state e sono tutt’ora, le due principali ideologie sociopolitiche nel panorama mondiale.

Liberalismo

Il liberalismo è una dottrina politica, che vede le sue origini tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo, con un’elaborazione iniziale da parte dei filosofi illuministi.

Le premesse del pensiero liberale si trovano nella storia europea a partire dal Rinascimento e dalla Riforma. Ossia: nella lotta per la libertà religiosa; nella competizione fra la nobiltà inglese e l’assolutismo degli Stuart, che strappò al potere della Corona garanzie sul piano giudiziario e politico; nella dottrina della divisione e dell’equilibrio dei poteri ispirata al modello inglese e teorizzata da Montesquieu; nella concezione di un diritto naturale, fondamento di ogni costruzione giuridica, che da van Groot approda al contrattualismo di Rousseau.

Il principio fondamentale del liberalismo è quello di attribuire all’individuo un valore autonomo rispetto a quello dello stato e limitare il potere di quest’ultimo ponendo una ferma separazione tra pubblico e privato. Essenziale è l’individualismo economico, per cui la massima utilità generale è garantita dalla libera competizione, intesa all’utile particolare e svincolata da ogni disciplina.

Nasce proprio da qui la concezione di “stato minimo”, ovvero lo stato liberale, che pone come unico obbiettivo dello stato la tutela dei diritti fondamentali.

Le dichiarazioni dei diritti americana (1776) e francese (1789) si pongono al vertice di un processo storico, riassumendone i tratti essenziali: libertà di coscienza e di pensiero, di espressione e di associazione; eguaglianza di fronte alla legge, diritto di concorrere alla formazione della legge stessa, diritto di proprietà.

Attraversando i secoli, questa ideologia ha subito molte influenze, senza però mai tralasciare la sua posizione antiautoritaria.

Il termine vede le sue origini già nell’Ottocento, ma con significati diversi e ogni tanto contrastanti.

Si vede per la prima volta usato in modo corretto nel 1911 con la pubblicazione de il liberalismo, opera del sociologo Leonard Trelawny Hobhouse.

Socialismo

Nel senso storicamente più vasto, ogni dottrina, teoria o ideologia che postuli una riorganizzazione della società su basi collettivistiche e secondo principi di uguaglianza sostanziale, contrapponendosi alle concezioni individualistiche della vita umana.

In senso più stretto, e in epoca moderna, sistema generalizzato di idee, valori e credenze, finalizzato a guidare i comportamenti collettivi  e i movimenti, i gruppi, i partiti che li organizzano, verso l’obiettivo di un nuovo ordine politico in grado di eliminare o almeno ridurre le disuguaglianze sociali attraverso una qualche forma di socializzazione dei mezzi di produzione e correttivi applicati al meccanismo di distribuzione delle risorse economiche.

Propone un sistema economico che rispecchia il significato di “sociale”, ovvero che pensa a tutta la popolazione.

Il socialismo, nella sua forma più radicale, mira a realizzare i suoi obbiettivi attraverso lo smantellamento delle classi sociali, l’abolizione della proprietà privata, dei mezzi di produzione e di scambio.

Sociale non è solo il sistema economico, ma anche la concezione di stato, che per l’ottica socialista, deve avere quasi massima autorità, limitando le iniziative private e assumendo il controllo sui settori produttivi attraverso il dirigismo statale.

Fino al 1848, i termini socialismo e comunismo erano considerati intercambiabili. In quell’anno, nel Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels, si opera la suddivisione tra “socialismo utopico” e “socialismo scientifico”, che essi chiamano anche “comunismo” per evidenziarne polemicamente le differenze con il primo. Movimenti come quello fascista e nazionalsocialista, agli inizi, erano soliti definirsi “socialisti” per cercare di prendere più consenso possibile dalla popolazione, anche se erano, in realtà, in contrasto con le idee socialiste, eccezion fatta per alcune caratteristiche come l’anticapitalismo.

Confronto

È nel risorgimento che queste due ideologie prendono definitivamente piede, è infatti necessario ricordare come sia un periodo di cambiamento, in cui la società è mutata e continua a mutare.

Si vedono diverse popolazioni unite sotto la stessa bandiera, nascono gli ideali di libertà, diritto dei popoli e nazionalità. Ci sono due fronti sociali divisi, da un lato la classe borghese, che rivendica una posizione privilegiata nel panorama socioeconomico di questi anni, dall’altro ci sono gli operai, che chiedono invece una diminuzione del divario tra la loro condizione sociale e quella delle classi più agiate.

Si diffonde la concezione liberista, che ha come fondamento la libertà sociale, politica e soprattutto economica.

Il liberalismo è pura espressione degli interessi borghesi ed è proprio per questo che questa ideologia non riceverà mai molti consensi dalla classe operaia.

Il liberista chiede una politica di non impedimento da parte dello stato: quest’ultimo non deve dare alcun vincolo e la vita, specialmente in campo economico, deve svolgersi in un clima di totale libertà. Una concorrenza regolatrice deve nascere da sola, senza interventi da parte di qualcuno.

Il liberismo propone lo sviluppo del paese grazie all’ indipendenza di iniziativa, l’abolizione della censura e l’esaltazione della tolleranza.

La concezione socialista nasce invece dalle masse operaie, che vedono in esso la possibilità di abbattere le classi sociali e di avere la garanzia di una vita dignitosa, tutelando inoltre le classi operaie attraverso l’intervento dello stato che dà loro mezzi concreti per lo sviluppo, accentrando tutto sotto il suo controllo.

Le due ideologie hanno anche una diversa concezione di libertà, negativa e positiva, e di uguaglianza: formale e sostanziale.

La libertà negativa sarebbe quella di impostazione “liberale”: consiste in una generale libertà dell’ individuo da vincoli esterni, primo tra tutti lo Stato. Si dice “negativa” per rimarcare il fatto che l’attenzione è posta sui vincoli all’ azione degli individui, e non sugli scopi che si prefiggono. Le cosiddette libertà negative sono garantite, ad esempio, dall’ inviolabilità del domicilio, libertà da perquisizioni sommatorie e detenzione preventiva. A questo si aggiungono tutte le norme sulla privacy e quelle a garanzia della proprietà privata. 

Le libertà positive invece sarebbero quelle di impostazione più sociale, e si dicono “positive” perché consistono in una libertà di fare qualcosa. Rientrano in queste la libertà di riunione , di associazione , di professione religiosa. A questi si aggiunge l’attenzione ai diritti “sociali”, volti a rendere effettive queste libertà: uno tra tutti il diritto “al lavoro”.

Per uguaglianza formale si intende l’uguaglianza di tutti davanti alla legge, ben rappresentata da due concetti:

  1. La legge è uguale per tutti. (fino alla rivoluzione francese nobili e clero erano sottoposti a leggi e tribunali diversi)
  2. Le leggi non devono operare discriminazioni. (di razza, genere, religiose, politiche e personali)

Per uguaglianza sostanziale si intende invece che le leggi, oltre a essere uguali per tutti e a non operare discriminazioni, devono prevedere forme di compensazione socioeconomiche in grado di fornire a tutti eguali opportunità di realizzarsi.

A partire dal 1920 fino alla fine della prima repubblica, nel panorama politico italiano è stato presente un partito di centro-sinistra, che perseguiva un ideale di socialismo liberale o liberalsocialismo.

Rispetto al socialismo classico, il fine ultimo, per i socialisti liberali, non è la totale conversione della società capitalistica in una di stampo socialista, bensì il conseguimento di un sistema economico misto, caratterizzato da una qualche forma di regolamentazione e pianificazione economica statalizzata coniugata a una mera economia di mercato, in cui siano equamente contemplate la presenza di proprietà privata e proprietà statale, sotto forma di imprese pubbliche nazionalizzate o di società cooperative (autogestite o meno), dei beni strumentali, e in cui il processo politico-economico della società sia maggiormente democratizzato.