La Legione Redenta di Siberia fu organizzata nella Concessione italiana di Tientsin alla fine della prima guerra mondiale con ex prigionieri di guerra austro-ungarici di etnia italiana. Fece parte del Corpo di spedizione italiano in Estremo Oriente.

Oltre 25.000 soldati di etnia italiana dell’esercito dell’Impero Austro-ungarico furono fatti prigionieri sul fronte russo nei primi anni della “Grande Guerra”. Molti di loro furono aiutati dalle autorità italiane a uscire dai campi di concentramento della Russia, una volta qualificatisi come “italiani” e non più “austroungarici”.

Un notevole contingente di questi militari, calcolato in circa 10.000, evitò la guerra civile russa. , andando fino in Cina e raggiungendo la piccola colonia del Regno d’Italia detta “Concessione italiana di Tientsin”.

Alcuni di questi “ex-prigionieri irredenti” decisero di combattere sotto la bandiera dell’Italia e furono arruolati nella Legione Redenta, guidata dal maggiore dei Carabinieri Reali Cosma Manera.

 

Infatti nei primi mesi dell’estate del 1918 arrivarono a Tientsin inizialmente oltre 900 militari “irredenti” (principalmente dal Trentino e dalla Veneziagiulia-Dalmazia), provenienti dalla Russia europeausando la ferrovia transiberiana.

Questi soldati, che raggiunsero poi il numero di circa 2.500, furono inquadrati nellaLegione Redenta di Siberia e furono uniti ad alcuni battaglioni di Alpini, venuti dall’Italia via mare, per costituire il corpo di spedizione italiano in Estremo Oriente, basato a Tientsin.

” Tutti gli ex prigionieri irredenti, che si trovano ancora in diverse località della Siberia, vengono trasferiti per ferrovia, attraverso Mudken, a Tientsin in Cina, dove a cura del nostro Consolato sono alloggiati nelle caserme inglesi dell’Indian Barraks, inquadrati da una ventina di ufficiali italiani in compagnie di circa 200 uomini nei distaccamenti “Irredenti”, riequipaggiati con divise giapponesi (cappello alpino con coccarda tricolore) e poi distribuiti in tre sedi: 1.750 rimangono a Tiensin, 500 passano a Pechino e 250 a Shan-kai-kuan. Il totale si aggira intorno a 2.500 uomini, dei quali 1.600 sono trentini e circa 900 giuliani. Ha inizio l’addestramento con fucili prestati dagli inglesi. Tra i giuliani si arruolano volontariamente nell’esercito italiano e una folta schiera di triestini e dalmati, diversi istriani e molti trentini. Questi uomini, inquadrati nei battaglioni rosso e nero dal colore delle mostrine, rappresentano il nucleo del costituendo Corpo Italiano di spedizione in Estremo Oriente (CSIEO), rinforzato poi con l’arrivo dall’Italia di un altro contingente di militari.”

Questo corpo di spedizione combatté nell’estate 1919 per mantenere attiva la ferrovia transiberiana in Manciuria, che serviva agli Alleati per approvvigionare i “Bianchi” russi contro i sovietici.

Nei combattimenti si distinse un gruppo di militari redenti originari di Zara, insigniti successivamente.

Truppe alleate sfilano a Vladivostok nel 1918. Nel settembre di quell’anno in questa città siberiana vi erano le seguenti truppe: 70.000 Giapponesi, 1.400 Italiani, 5.002 Americani, 829 Inglesi e 107 Francesi

Questi Dalmati italianidi Zara nel giugno 1918, provenienti dalla Siberia russa, arrivarono a Tientsin, furono inquadrati nel battaglione degli “Irredenti” (detto “battaglione nero”, dal colore delle mostrine) e vennero aggregati al Corpo. Nell’agosto successivo prestarono giuramento di fedeltà al Regno d’Italia e sino al giugno 1919combatterono sul fronte siberiano contro i bolscevichi in località Irkutsk, Harbin e Vladivostok.

Infine a novembre 1919 s’imbarcarono per rientrare in Italia, ma solo l’8 febbraio 1920 riapprodavano a Zara, dopo cinque anni e mezzo di assenza. Il Ministero della Guerra concesse a sette di questi Dalmati italiani un “Encomio Solenne”, ed a tre di loro (Antonio Matessi ed altri due zaratini) anche la croce al merito di guerra.

Il maggiore Cosma Manera guidò la “Legione Redenta” in estremo oriente fino al 1920, quando la legione fu finalmente rimpatriata in Italia via mare, ricevendo massimi elogi dalle autorità italiane.

Il caso della Brigata Savoia

Una vicenda peculiare della “Legione Redenta” fu quella della cosiddetta Brigata Savoia di Andrea Compatangelo. Costui era un commerciante italiano radicato nella Russia zarista, che decise di organizzare -motu proprio- una brigata di ex-prigionieri austriaci di etnia italiana dichiaratisi irredenti e di raggiungere con loro la Concessione italiana di Tientsin, attraversando la Siberia in treno e combattendo assieme alla Legione Ceca.  Questa Brigata si contrassegnava nel corpo di spedizione Italiano per l’uso di mostrine rosse da arditi.

« In Russia nel Settembre 1918, nella città di Samara, per iniziativa del Rag. Andrea Compatangelo viene costituito un piccolo contingente italiano, composto di circa 300 uomini, i quali operarono in cooperazione delle truppe ceche, in appoggio ai russi bianchi.Questi uomini erano ex prigionieri austriaci provenienti dal Trentino e Venezia Giulia, i quali dettero vita a quel reparto irregolare italiano che assunse la denominazione di “Battaglione Savoia”. Questo reparto seguì le vicende delle truppe ceche e in ultimo pose la sua sede a Krasnojarsk ove rimase fino a quando, in seguito all’arrivo del corpo di spedizione italiano, fu avviato a Vladivostok fondendosi colla “Legione Redenta”.[. »

La vicenda di Compatangelo, che nel suo treno armato sembra essere stato assistito da una crocerossina nobile della famiglia Romanov, ha ricordato ad alcuni critici e personaggi cinematografici delle scene della celebre pellicola vincitrice di Oscar “Il Dottor Zivago”.