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L’opera di Tommaso Campanella, La Città del Sole (1602), è un’utopia religiosa (come quella di Moro), che presenta molte analogie con la Repubblica di Platone.
Il termine utopia deriva dal greco: ou topos e eu topos, un luogo che non c’è, ma che ci dovrebbe essere, in quanto luogo del bene.

TRAMA
La Città del Sole ha inizio con un dialogo tra l’Ospitalario, un cavaliere dell’ordine di Malta, e il Genovese, il nocchiero di Colombo.
Il nocchiero narra di esser giunto a Taprobana dopo aver girato tutto il mondo e di aver incontrato, appena messo piede a terra, una grande squadra militare, composta da donne e da uomini armati, la maggior parte dei quali in grado di comprendere la sua lingua e che lo condussero alla Città del Sole.

STRUTTURA
La Città del Sole sorge su un alto colle ed è inespugnabile, perché difesa da un muro enorme che si restringe a spirale in prossimità del tempio e che viene a formare sette gironi; ogni ‘muro’ prende da uno dei sette pianeti. Alla città si accede tramite quattro porte, poste in linea dei punti cardinali, cosicché i cittadini abbiano sempre dalla loro parte l’influenza delle quattro costellazioni, in quanto credono fermamente che il moto degli astri sia responsabile delle azioni umane.
Solo attraversando tutti e sette i gironi si può arrivare alla sommità del colle, che si presenta come un’estesa pianura, su cui sorge un grande tempio tondo, privo di mura, sopra il quale una cupola è sostenuta da grosse colonne. Tale cupola ne ha un’altra più piccola in mezzo (dove ci sono le celle in cui vivono i sacerdoti), con uno spiraglio al di sopra dell’altare, circolare e in croce spartito. Sopra vi sono due mappamondi, uno dov’è dipinto il cielo, l’altro la terra. Sulla cupola sono raffigurate la volta celeste e le stelle, con i loro nomi e per ognuna tre versi che spiegano la loro influenza sulla vita degli uomini; ai piedi dell’altare, su cui sono sempre accese sette lampade che, come le mura di difesa, prendono il nome dai sette pianeti, il pavimento è decorato da pietre preziose.

GOVERNO
Regge il governo un Principe Sacerdote, che si chiama Sole o Metafisico, dotato del potere sia spirituale sia temporale. Egli per poter governare deve avere più di trentacinque anni, in quanto deve arrivare ad essere il più virtuoso tra i virtuosi, il che richiede molto studio ed esperienza. A lui rimane il potere finché qualcun altro dimostra di essere più saggio, il che capita molto di rado.
Lo aiutano nella gestione della città Pon, Sin e Mor, rispettivamente il ministro della guerra, della sapienza e dell’amore.
Pon si occupa di tutto ciò che attiene alla vita militare (i soldati, le munizioni, le fortificazioni), alla pace e alla guerra.
Sin, invece, amministra la Sapienza, quindi tutte le discipline, le scienze. La Sapienza della città non è conservata in libri cartacei, poiché qui non esistono, ma in un unico grande libro, appartenente a tutto il popolo: le mura.
Nel primo girone si trovano nozioni di geometria e una carta della Terra, con le leggi, gli usi e i costumi delle varie nazioni. Nel secondo girone ci sono informazioni di geologia. Nel terzo girone sono descritte le erbe, con le loro virtù mediche, e le tipologie di pesci. Nel quarto girone compaiono tutte le specie di uccelli, rettili e insetti, tra cui alcune creature fantastiche, come la fenice e i draghi. Nel quinto tantissimi animali terrestri e nel sesto tutte le creazioni meccaniche, insieme agli inventori di scienze e leggi, tra cui Gesù Cristo e gli Apostoli, che hanno un posto d’onore, e pure Maometto. Non mancano personaggi come Cesare e Alessandro Magno, che sono a loro ben noti perché sanno tutto ciò che capita nel mondo, grazie ad ambasciatori inviati appositamente per raccogliere informazioni.
Infine vi è Mor, che fa in modo che uomini e donne, unendosi, diano una prole forte e mantengano buona la razza; si occupa anche dell’educazione, della sanità, dell’alimentazione e di tutto quello che concerne l’abbigliamento e  l’unione tra i sessi.
Il Metafisico si dedica a questi affari con loro, perché nulla si fa senza la sua approvazione.

CITTADINANZA
I cittadini, i Solari, fuggirono dalle Indie e crearono una nuova economia, senza proprietà private, ma con i beni e le donne in comune. Anche sulle terre conquistate impongono la comunanza dei beni, ma non quella delle donne, poiché essa è fattibile solo in società che conoscono la filosofia. Tutti lavorano per il benessere comune ed è errato pensare, come fece lo stesso Aristotele verso la Repubblica di Platone, che se lavorano per la comunità e non per se stessi nessuno avrà voglia di faticare e ognuno aspetterà che un altro agisca al suo posto, poiché tale è la concordia e l’ordine che nessuno oserebbe procrastinare.
I cittadini sono amici tra di loro in modo sincero, perché non esistono amicizie dovute a interessi personali, come capita nella nostra società: ciò è proprio dovuto al fatto che non hanno nulla da donarsi l’un l’altro o da scambiarsi, dal momento che si presta molta attenzione al fatto che nessuno abbia più di quanto debba avere. Gli amici si aiutano nelle guerre e nei momenti di difficoltà e tra loro si chiamano fratelli, se sono coetanei, mentre i giovani chiamano padri gli uomini con più di ventidue anni e sono da loro chiamati figli, il che dimostra l’affetto reciproco.
Sono gli offiziali, quaranta magistrati scelti dal Sole, ad assicurarsi che tale rapporto di fratellanza fra i cittadini si mantenga inalterato e che tutti siano sempre produttivi.

EDUCAZIONE E MESTIERI
I bambini, dopo essere nati, rimangono con le madri per un periodo di massimo due anni: il tempo necessario allo svezzamento. Non sono i genitori a decidere il loro nome, ma il Sole, che lo dà in base alle loro caratteristiche; in seguito viene loro dato il cognome dell’arte, questa volta a seconda dei loro talenti, azioni o vittorie in campo militare. Compiuti i tre anni, dopo essere stati separati dalle madri, apprendono la lingua e l’alfabeto e vengono portati da quattro maestri ai piedi delle mura, dove possono acquisire un sapere enciclopedico. Per rinforzarli li fanno camminare scalzi e li educano tramite il gioco. Dopo i sette anni i bambini cominciano ad andare a lezione, ad occuparsi dei pubblici servizi o a lavorare in campagna. L’istruzione non è obbligatoria, poiché ci si deve avvicinare per curiosità, ovvero desiderio di conoscere, e non per costrizione. Le lezioni hanno sempre luogo all’aperto, a contatto con la natura, che deve essere osservata e studiata direttamente. I giovani apprendono molto più velocemente di quanto siamo in grado di fare noi: ciò che noi impariamo in dieci o quindici anni di studio essi lo imparano in un solo anno: questo accade perché praticano una confessione finalizzata alla purificazione delle coscienze, che permette una minore distrazione da parte delle situazioni mondane e una maggiore concentrazione.
Non c’è la concezione di nobiltà per nascita, poiché è nobile colui che conosce quante più arti: non lo è invece chi ozia e spende soldi, portando alla rovina la repubblica. Le arti che tutti devono conoscere sono l’arte militare, l’agricoltura e la pastorizia.

I mestieri più pesanti, come arare o seminare, sono svolti dagli uomini, mentre quelli più semplici o che richiedono minori spostamenti (cucire, mungere, tessere ecc.) dalle donne. Le donne si dedicano alla musica, come i fanciulli, ma non possono suonare trombe o tamburi; preparano il cibo e la tavola, però sono i giovani, maschi e femmine fino all’età di vent’anni, ad occuparsi del servizio dei pasti.
Uomini e donne mangiano separatamente, senza fare baccano, e una persona legge sempre a tavola. I medici dicono ai cuochi quali vivande vadano servite a malati, vecchi e giovani. Gli offiziali, che hanno un ruolo importantissimo, hanno più cibo degli altri membri della popolazione e non capita di rado che ne mandino una parte ai ragazzi che si sono distinti durante le lezioni del giorno, e ciò viene considerato come un grande onore.
Ogni mestiere ha la propria dignità, anche quello più semplice, e fa in modo che il sistema cittadino sia funzionale: tutti portano a terminano i loro compiti in sole quattro ore e lavorano in modo così efficiente che non servono schiavi. Trascorrono il resto del tempo a imparare tramite attività ricreative, a camminare, a leggere, tutto sempre con gioia e senza mai stare seduti. Nulla li rende oziosi, se non la vecchiaia, che però porta consiglio.
La comunità li rende poveri e allo stesso tempo ricchi: ricchi perché dispongono di tutto il necessario, poveri perché usano gli oggetti senza farsi dominare dalla volontà di mantenerne il possesso, in quanto in realtà non appartengono a nessuno.
In questa comunanza di beni c’è spazio anche per i commerci con i popoli stranieri, prevalentemente sotto forma di scambi di beni, perché non viene usato il denaro, benché per gli ambasciatori vengano prodotte delle monete, che usano per pagare gli alloggi o il cibo nei periodi in cui sono lontani da Taprobana.

ABBIGLIAMENTO
I vestiti vengono cambiati quattro volte all’anno, a seconda delle stagioni, e una volta al mese lavati nelle fontane che si trovano in ogni girone.
Si può solo vestire di bianco, di giorno e nella città, e di rosso, di notte e fuori dalla città, mentre è proibito il nero, perché considerato “feccia delle cose”, in quanto sinonimo dell’ombra, che i Giapponesi cercano perché si rifiutano di abbronzarsi: questo fatto li porta inevitabilmente a evitare la luce, cioè il sole, considerato dai Solari simbolo e immagine di Dio.

SESSUALITÀ
Le donne non possono dedicarsi alla generazione prima dei diciannove anni, gli uomini prima dei ventuno. Ai giovani con meno di ventuno anni viene concesso di abbandonarsi a rapporti sessuali, ma solo con donne sterili o gravide, perché ciò impedisce che essi siano spinti da impulsi a commettere gravi peccati.
Se i giovani sono trovati nell’atto di sodomia, la prima volta vengono costretti a indossare legata al collo una scarpa, che sta a significare la loro azione contraria a ciò che è considerato normale, sovvertimento dell’ordine naturale delle cose, invece la seconda volta vengono sottoposti a punizioni più gravose, a volte addirittura alla pena capitale.
Dopo aver raggiunto i ventuno anni i giovani possono fare sesso ogni tre sere, solo dopo essersi lavati, aver digerito e pregato. All’ora prestabilita dal medico e dall’astrologo le maestre aprono le porte che separano le stanze dei due generatori, scelti in base alle loro caratteristiche fisiche da Mor.
Gli offiziali e i sapienti, che per il troppo pensare non riescono mai veramente ad abbandonarsi al coito e che per questo potrebbero generare una prole inetta, si uniscono a donne belle, mentre gli uomini affascinanti si uniscono a donne poco attraenti.
In questa città non sono importanti la nobiltà o la dote, bensì tutto si concentra nella generazione, opera religiosa e bene pubblico, non privato.
Le donne sterili possono essere accomunate, ma non hanno lo stesso onore delle madri di fronte alla società: ciò viene fatto affinché non inducano le altre donne a fingere la sterilità per potersi abbandonare a rapporti lussuriosi, che non hanno nulla a che fare con il semplice concepimento di un figlio.
Ogni giorno tutti si dedicano all’attività fisica e hanno un corpo che rasenta la perfezione, come l’Uomo Vitruviano di Leonardo Da Vinci.
Le donne sono alte, forti, coraggiose e abbronzate: sono dotate di una bellezza naturale, che non deve essere corrotta in alcun modo, infatti è loro severamente vietato imbellettarsi o indossare scarpe alte, usi tipici di donne pigre che cercano di porre rimedio ai loro difetti con artefici che rovinano la prole, invece che con l’esercizio del corpo.

ESERCITO
Uomini e donne ricevono un addestramento militare a partire dai dodici anni. Non sono sfiorati dalla paura della morte, perché credono nell’immortalità dell’anima, perciò non indugiano contro il nemico. Leggono le storie dei grandi generali del passato ed esprimono un’opinione sulle loro azioni: sono poi i maestri a determinare e indicare quali siano state buone o cattive. Machiavelli non parlerebbe mai di guerra giusta e guerra ingiusta dal punto di vista morale, ma direbbe che la guerra giusta è quella che funziona e dunque affronterebbe la questione con occhio scientifico.
Si addestrano ogni giorno per non poltrire, ma anche perché sull’isola di Taprobana ci sono altri quattro regni, invidiosi della loro felicità, i cui membri preferirebbero essere sottomessi alla Città del Sole piuttosto che ai loro re. Essi muovono spesso guerra ai Solari, nonostante perdano sempre, perché non professano la loro stessa religione e li considerano usurpatori dei loro confini. Quando gli abitanti della Città del Sole vengono attaccati da nemici o chiamati da altre terre per ricevere aiuto, si riuniscono in Consiglio e pregano Dio che li aiuti a prendere le migliori decisioni. Dopo mandano un sacerdote, il Forense, per esortali a desistere e se rifiutano, poiché agiscono senza senno, non esitano a lanciarsi nel combattimento. Al termine della guerra, mentre i soldati più coraggiosi sono premiati dal Sole con doni o con giorni di astensione da ogni attività (accolta con dispiacere, poiché i Solari detestano non fare niente e preferiscono mettersi al servizio della comunità), i vili o sono uccisi o sono frustati, mentre i disobbedienti sono costretti a combattere con un bastone in mano contro bestie feroci, e difficilmente sopravvivono.
La città è sempre protetta e sorvegliata, anche dalle donne, ma solo di giorno.
Essi sono clementi con i nemici, perché sostengono che la guerra si faccia per rendere buoni gli uomini, non per ucciderli, e combattono solo se spinti a farlo, in guerre difensive. La loro clemenza sembra molto simile a quella praticata dagli antichi romani.

ALIMENTAZIONE E STILE DI VITA
L’alimentazione dei Solari è basata sull’assunzione di carne, frutta e verdura, poiché pensano che sia le piante sia gli animali soffrano e che quindi tra l’uccidere gli uni o gli altri non ci sia differenza.
Gli anziani mangiano tre volte al giorno, i giovani quattro e il resto della comunità due. Non bevono molto: i giovani non possono bere vino prima dei diciannove anni e quando hanno raggiunto quest’età lo bevono mischiandolo con l’acqua. Solo dopo in cinquant’anni lo si può bere puro.
La vita dei Solari è solitamente lunghissima e a volte essi riescono ad arrivare anche ai duecento anni, in quanto il loro stile di vita è ottimo e sono capaci di sanare qualunque malattia o dolore, con preghiere e l’uso delle erbe.

GIUSTIZIA
Nella Città del Sole non esistono le carceri, ma c’è un torrione dove vengono mandati e rieducati i ribelli. La rieducazione consiste nell’infliggere punizioni, finalizzate ad uno scopo ben preciso: la cura dai loro vizi.
Coloro che commettono ingiustizia devono presentarsi insieme ai testimoni (almeno cinque) di fronte al giudice e a Pon, e pronunciare la loro difesa. Prima il giudice li assolve o li condanna, se poi si appellano a Pon, il giorno seguente questi o li libera o li considera colpevoli, finché il terzo giorno è il Sole a decidere il loro destino. Se sono ritenuti privi di colpa, allora devono riappacificarsi con l’accusatore e con i testimoni e dar loro un bacio, poiché sono stati i ‘sanatori della sua malattia’. Se invece sono dichiarati peccatori vengono esortati da tutti i Solari ad accettare la sentenza di morte e se viene da loro accettata possono scegliere come morire, altrimenti se la rifiutano categoricamente non viene loro fatto nulla. Non c’è una simile indulgenza nei confronti di coloro che agiscono contro Dio, la libertà pubblica o i magistrati, perché in tal caso vengono uccisi senza alcuna pietà.
I condannati a morte possono dire pubblicamente i motivi per cui non dovrebbero essere uccisi, confessando le colpe degli altri, i quali dovrebbero, secondo la loro testimonianza, ricevere pene ancor peggiori della sua. Se scontano la pena (ovvero se ciò che dicono corrisponde alla verità dei fatti), vengono mandati in esilio, la città viene depurata con sacrifici e preghiere, ma le persone citate di fronte al popolo non subiscono alcun tipo di punizione.
Le leggi sono poche, ma molto severe, scritte su una tavola di rame, tra le colonne del tempio, sulle quali è scritta l’essenza di tutte le cose esistenti.

RELIGIONE
Il sommo sacerdote è il Sole. Sacerdoti sono anche tutti gli altri offiziali, il cui compito è quello di rendere pure le coscienze attraverso la confessione. Anche gli offiziali confessano i loro peccati, e quelli degli estranei, senza nominarli, a Pon, Sin e Mor, che a loro volta si confessano con il Sole. Questo viene a conoscenza di tutti i vizi che tormentano la città e compie un sacrificio, durante il quale confessa pubblicamente le sue colpe e quelle del popolo, che viene in questo modo assolto. Dopodiché chiede chi tra i cittadini si voglia sacrificare a Dio, garantendo la difesa di tutti i Solari. Colui che si offre viene posto su una tavola legata da quattro funi e mandato sulla cupoletta del tempio, dove trascorre venti o trenta giorni pregando e mangiando a stento cibo datogli dai sacerdoti che vivono nelle celle intorno, ed infine o torna tra gli uomini e viene tenuto in grande stima, o si fa sacerdote.
Sopra il tempio vivono ventiquattro sacerdoti che pregano e osservano continuamente le stelle, da cui ricevono notizie su ciò che accadrà in futuro: sono gli intermediari tra Dio e gli uomini. Scendono dal tempio solo per i pasti e non hanno dei rapporti con donne, se non per rispondere alle necessità del corpo. Il Sole li consulta per sapere tutto ciò che hanno scoperto sulla città e sul resto del mondo, mentre nel tempio ogni ora c’è qualcuno che prega; si danno il cambio per quarantotto ore.
Il Metafisico opera un sincretismo religioso tra religione ebraica, islamica, egizia e cattolica, benché ritengano quest’ultima la religione naturale.
Non ritengono possibile che l’universo sia eterno, bensì pensano sia stato creato, o dalla fine di altri mondi o dal Caos. Onorano il sole e vi vedono l’immagine di Dio, perciò nella loro città tanti oggetti sono circolari (il tempio, le mura, l’altare…). Non sanno quali siano i luoghi di pene e premi in cui andremo appena morti, ma credono che l’anima sia immortale.
Pensano che l’Ente, Dio supremo, e il Niente, l’assenza di essere, siano i due principi metafisici, da cui si crea l’Essere finito. Credono nella Trinità, infatti considerano Dio come unione tra Potenza, Sapienza e Amore, non come Padre, Figlio e Spirito Santo, perché non hanno avuto come noi la Rivelazione. Tutti gli enti ricevono l’essenza da Potenza, Sapienza e Amore, perché prendono parte all’essere, e Impotenza, Ignoranza e Disamore, poiché partecipano anche al non essere: a cause delle prime tre si comportano virtuosamente e vengono indotti al peccato dalle altre tre.

USANZE
Festeggiano ad ogni cambio di stagione e negli anniversari della fondazione della città, in cui ballano e cantano. I poeti cantano le gesta degli eroi, gesta vere e non inventate. Chi narra storie non vere è punito e non può essere ritenuto poeta.
Si costruiscono statue solo in onore dei morti, ma i grandi uomini vengono ricordati per le loro scoperte o imprese nel libro degli eroi quando sono ancora vivi.
I corpi dei defunti non vengono seppelliti, ma bruciati, per evitare che diffondano pestilenze e in modo tale che si trasformino in fuoco, elemento vivo, che viene dal sole e torna a lui.

RIFLESSIONI DELL’ALLIEVA
Nell’opera di Campanella ci sono secondo me alcuni aspetti contradditori.

Le maggiori incongruenze sono le seguenti:
1) Gli offiziali hanno dei compiti importantissimi e tra i tanti c’è anche quello di sincerarsi che tutti i cittadini adempiano ai loro doveri ogni giorno. Potrebbe però sorgere spontaneo un dubbio: siamo proprio sicuri che i magistrati svolgano il loro compito in modo onesto? Una situazione simile avvenne nel passaggio dal Comune alla Signoria, nel quale nacque l’istituzione della Balia degli Squittini, che permetteva a degli scrutatori di rivedere le schede elettive; molto spesso gli scrutatori, corrotti con denaro dalle famiglie che volevano salire al potere, cambiavano i voti in loro favore: in un luogo in cui il denaro non ha valore i magistrati potrebbero anche nascondere l’improduttività di una persona in cambio di rapporti lussuriosi e in tal caso sarebbero necessari dei controllori che li sorveglino. Evidentemente Campanella pensò che, poiché essi sono scelti dal Sole, uomo virtuosissimo, è impossibile che assegni una funzione così seria a persone disoneste.
2) Come già detto, se il giudice dichiara che un cittadino debba morire, se non ha commesso un peccato gravissimo, può decidere se sottoporsi alla condanna o no.
Difficile è credere che ci sia veramente possibilità di scelta se tutti coloro che conoscono il colpevole insistono affinché egli accetti il proprio destino. O meglio, si può scegliere, ma è improbabile che qualcuno si opponga alla sua sentenza, in quanto anche se innocente viene convinto dagli altri e si autoconvince di essere colpevole.
3) Il Metafisico, Pon, Sin e Mor non vengono eletti, ma passano il potere a qualcun altro se lo ritengono più virtuoso di loro. Ciò è poco fattibile, dal momento che far parte dei triumviri o essere il Principe Sacerdote vuol dire avere un controllo pressoché totale sull’andamento della vita cittadina e ricoprire una funzione di grande importanza. È una visione molto idilliaca, che mostra quanto Campanella credesse – o volesse credere – alla bontà degli uomini. La realtà dei fatti però, nella maggioranza dei casi, è diversa. Chi rinuncerebbe al potere perché qualcun altro si dimostra migliore di lui? E come si dimostra di essere più virtuosi di un altro?


AUTORE
Giovan Domenico Campanella nasce a Stignano, nella contea di Stilo, in provincia di Reggio Calabria, parte del Regno di Napoli, il 5 settembre 1568.
Egli proviene da una famiglia povera. Il padre, Geronimo Campanella, è un calzolaio, che nel 1582 decide di mandarlo a Napoli da un fratello in modo che acquisisca un sapere giuridico, ma il giovane genio prodigio, desideroso di migliorare la propria condizione, all’età di quattordici anni decide di prendere gli Ordini Domenicani e di assumere il nome di Tommaso Campanella, in onore di Tommaso d’Aquino.
Viene descritto da una Cronaca del tempo come «uomo di ingegno vivace, di alta statura, con faccia pallida, il pelo nero e i denti radi».
A Nicastro si dedica agli studi di logica aristotelica e a Cosenza a quelli di Teologia. Comincia a leggere opere che si oppongono alle teorie di Aristotele, in particolare quelle di Telesio, che ritiene che la Natura si manifesti per se stessa ai sensi dell’uomo, perché l’uomo ne fa parte. Nella sua prima opera, Philosophia sensibus demonstrata (1592), Campanella difende le teorie telesiane e viene processato dal suo stesso ordine. Dopo il processo, che si conclude con l’abiura, entra a contatto con l’astrologia, che diventerà fondamentale per i suoi scritti.
Le sue convinzioni fanno sì che sia denunciato all’Inquisizione e confinato in un convento fino al 1597. Dopo essere stato liberato torna in Calabria, dove sostiene una cospirazione contro il dominio spagnolo. Campanella vuole l’instaurazione di una società in cui si pratica la comunanza dei beni e delle mogli, come nella sua opera, perché è convinto che le profezie di Gioacchino da Fiore, per cui ci sarà una catastrofe che rinnoverà il mondo dello spirito nel 1600, siano vere. Dopo essere stato tradito da due cospiratori, viene imprigionato a Napoli. Per sfuggire alla morte la mattina di Pasqua del 1600 viene trovato quasi completamente bruciato nella sua cella piena di fumo e si finge matto. In seguito viene sottoposto invano a delle torture che dovrebbero spingerlo a confessare la sua sanità mentale. Continua a fingere e al termine di queste torture egli dice all’uomo che lo sta riconsegnando ai carcerieri: «Credevano che fossi così stupido da parlare». Rimane prigioniero per ventisette anni e in questo lungo periodo scrive le sue opere più importanti, tra cui la Città del Sole. Viene liberato nel 1629 e trascorre il resto della sua vita presso il convento parigino di Saint-Honoré, dove è protetto dal Cardinale Richelieu e finanziato da Luigi XIII. Muore nel 1639.

DOTTRINA
Telesio influenza profondamente la visione filosofica e del mondo di Tommaso Campanella. Egli sostiene che lo studio non si debba basare solo sui testi e le parole di valenti uomini, come fanno gli aristotelici, ma sull’osservazione della natura, che è il libro che Dio ci ha fornito, prima ancora delle Sacre Scritture.
A suo parere quando Dio creò il mondo pose in uno spazio, «capacità immobile et incorporea, atta a ricevere ogni corpo», la materia, che è un’entità fisica in grado di assumere qualsiasi forma. Nella materia inserì i principi del caldo e del freddo, incorporei ma che esistono solo nei corpi. Caldo e freddo lottano per impossessarsi della materia e da questa contesa nascono i primi corpi del mondo, ovvero il cielo e la terra, e successivamente gli altri enti, che sono tutti dotati di sensibilità.
Campanella crede nel panpsichismo: l’uomo è dotato di un’anima che coordina tutte le sue parti, ma anche l’intero cosmo ne ha una, che permette che le sue diverse componenti si richiamino e influenzino tra di loro, perciò è anche un grande sostenitore dell’astrologia.
Egli pensa che la conoscenza sensibile abbia il primato su tutte le altre. Questa conoscenza avviene tramite:
– L’identità tra soggetto senziente e oggetto sentito.
– Passività e attività nella sensazione: se un oggetto subisce una modificazione (passività), la percepisce (attività), perché tutti gli enti hanno sensibilità.
– L’autocoscienza: gli enti non potrebbero conoscere tutti gli altri se non conoscessero se stessi. Questo sensus sui non può essere messo in dubbio, perché avviene tramite una conoscenza diretta. Le sensazioni esterne invece non possono essere considerate certe, poiché derivano da una conoscenza mediata.


 

Civitas Solis A cura di Massimo Baldini Edizione integrale con versione in latino La Città del Sole è una delle più celebri utopie di tutti i tempi e certamente l’opera più famosa di Tommaso Campanella, scritta nel carcere di Napoli, dove fu rinchiuso dal 1599 al 1626. Strutturata in forma di dialogo tra un Ospitaliero (cioè un cavaliere dell’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni in Gerusalemme) e un Genovese (nocchiero di Colombo), delinea l’immagine di una società perfetta, che sembra trarre la propria ispirazione da una sapiente unione di scienza e magia. Le pagine più note e più citate dell’opera sono quelle dedicate al tema del comunismo dei beni e delle donne. «Perdonano volentieri a’ nemici e dopo la vittoria li fanno bene. Se gettano mura o vogliono occider i capi o altro danno a’ vinti, tutto fanno in un giorno, e poi li fanno bene, e dicono che non si deve far guerra se non per far gli uomini buoni, non per estinguerli.»

ARTICOLO REDATTO CON SCRUPOLOSA PIGNOLERIA DALLA ALUNNA MUSSO VANESSA DELLA CLASSE IV A DEL LICEO CLASSICO.

 

 


VEDI ANCHE:

Originariamente scritto in latino nel 1516, questo libro rappresenta a buon titolo il prototipo moderno della letteratura utopistica e visionaria. Suddiviso in due parti, il libro è incentrato sul dialogo di More con Raffaele Itlodeo (“il chiacchierone”). Questi, gran viaggiatore, esordisce con la descrizione a tinte vive dell’Inghilterra dell’epoca. Il fenomeno delle recinzioni, dell’espropriazione delle terre comuni a opera della nobiltà terriera, aveva condotto sul lastrico vaste componenti della società inglese, soprattutto i contadini. Da lì l’aumento vertiginoso della criminalità, dei reati e dei furti. Ma è nella seconda parte dell'”Utopia” che Itlodeo espone la sua ricetta per ovviare al malgoverno appena descritto: la repubblica di Utopia, una società in cui è abolita la proprietà privata e dove l’uso dei beni è concesso solo in base ai propri bisogni. Abolendo la proprietà privata viene annullata così la ragione prima del furto, dando vita pertanto a una società molto meno violenta. È altresì bandito anche l’uso del danaro, perché le cose sono soppesate solo in base al loro valore d’uso e non per il loro valore di scambio. In questa isola, amministrata rettamente, ognuno può professare la religione che meglio crede, anche se tutti convengono per l’esistenza di un Dio, creatore e provvidente, e per l’esistenza altresì dell’anima, la cui credenza è essenziale anche per il retto governo della società.

 


 

ARTICOLO REDATTO CON SCRUPOLOSA PIGNOLERIA DALLA ALUNNA MUSSO VANESSA DELLA CLASSE IV A DEL LICEO CLASSICO.