Parmenide nasce a Elea (attuale Ascea, Campania), in Magna Grecia tra il 515 e il 510 a.C. Della sua vita non si hanno molte notizie. Figlio di una famiglia aristocratica, viene eletto legislatore e reputato un buon magistrato, in grado di governare la sua pólis con ottime leggi alle quali i cittadini giurano solennemente fedeltà ogni anno. Non si sa con precisione di chi sia stato allievo, secondo alcune testimonianze è stato allievo del pensatore pitagorico Amina, secondo altre invece è stato allievo di Senofane di Colofone. Il suo allievo prediletto è Zenone, con il quale fonda la scuola eleatica. Nel 468 scrive il poema “Sulla natura”, di cui sono giunti solo alcuni frammenti. Muore nel 436 a.C.

 

 

L’OPERA E LE DUE VIE:

Parmenide ritiene, al contrario del suo contemporaneo Eraclito, che sia necessario andare oltre i sensi, per dare ascolto solo alla ragione (lógos), pensiero che riporta anche nella sua opera. L’opera è divisa in tre parti, la prima è un proemio nel quale Parmenide stesso, protagonista dell’opera, racconta di venire accompagnato dalle figlie del Sole a bordo di un carro al cospetto della dea Dike, la dea della giustizia, la quale rivela al filosofo l’esistenza di due vie di pensiero: la via della verità (alétheia), la quale dice che “ciò che è non è possibile che non sia” e la via dell’opinione (dóxa), la quale dice che “ciò che non è, è necessario che non sia”. Le altre due parti dell’opera sono dedicate a queste due vie: nella prima parte, dedicata alla via della verità, Parmenide afferma che questa via si può percorrere solo tramite la ragione, in quanto i sensi siano solo percezioni e quindi ingannevoli. Nella seconda parte, dedicata alla via dell’opinione, la dea rivela a Parmenide le opinioni dei mortali, ovvero la conoscenza delle apparenze a cui aspira soltanto chi non è a conoscenza della verità, percorrere questa via infatti non porta ad apprendere nulla.

LE CARATTERISTICHE DELL’ESSERE:

Parmenide paragona l’essere a una sfera, considerata una figura perfetta e, seguendo la mentalità pitagorica, lo definisce finito e quindi perfetto. Egli, ha attribuito all’essere una serie di caratteristiche partendo dall’opposizione di quest’ultimo con il non-essere:

L‘essere è e non può non essere, caratteristica principale e affermazione che ritiene alla base della verità. Al di fuori dell’essere non può esistere nulla, se qualcosa esistesse, sarebbe.

Non può né nascere né morire, perché ciò implicherebbe il non essere. Se l’essere nascesse allora prima sarebbe non-essere, se invece morisse dovrebbe diventare non-essere

È eterno e immutabile nel tempo, perché se dicessimo che era o che sarà, allora diremmo che non è più o che non è ancora.

È unico, perché se venisse moltiplicato ogni essere non sarebbe gli altri

È indivisibile, perché se venisse diviso ogni parte non sarebbe le altre.

È omogeneo, perché se fosse più o meno denso in alcuni punti, allora tra tali punti ci sarebbero degli intervalli di non essere, di conseguenza ogni punto non sarebbe gli altri. 

Il filosofo inoltre afferma che essendo l’essere è eterno, la nascita, la morte e il divenire sono solamente parole prive di significato causate da un uso improprio del linguaggio e che questi avvenimenti non sono reali, ma sono in realtà il punto di vista dei mortali, il quale è caratterizzato da opinioni ingannevoli, che non rispecchiano la verità. 


 

ARTICOLO DI CHIARA SANZO’ DELLA CLASSE III D DEL LICEO LINGUISTICO