Il termine “amicizia” in generale indica il rapporto di due o più persone legate assieme da atteggiamenti concordanti e da affetti positivi. Per gli antichi la parola amicizia era un concetto molto più esteso di quello che oggi viene comunemente usato. L’amicizia è anche uno dei temi centrali dell’etica aristotelica: ad essa infatti sono dedicati oltre a due interi libri dei dieci che compongono l’ Etica Nicomachea, il VII libro dell’Etica Eudemia e i capitoli conclusivi della Grande Etica. L’amicizia è importante sia a livello individuale sia per la sua funzione sociale, costituisce una tendenza naturale dell’uomo, dato che la felicità è la realizzazione della propria natura, non è possibile essere felici senza amici, anzi secondo Aristotele non è possibile nemmeno vivere. L’amicizia va distinta in primo luogo dalle due cose a cui sembra più affine, cioè dall’amore e dalla benevolenza. Essa si distingue  dall’amore perchè l’amore è simile ad un’affezione, l’amicizia ad un abito, dato che l’amore si può rivolgere anche a cose inanimate, mentre il riamare, che è proprio dell’amicizia, implica una scelta che deriva da un abito. Inoltre, il termine “amore” comprende anche eccitazione e desiderio, che sono estranei all’amicizia. Si distingue poi dalla benevolenza perchè quest’ ultima può dirigersi anche verso gli ignoti e può rimanere nascosta: cosa che non accade nell’amicizia. L’amicizia è poi certamente una comunità nel senso che l’amico si comporta verso l’amico come verso se stesso, inoltre nasce e si consolida vivendo insieme e svolgendo attività comuni.Ci sono tante specie di amicizie quante sono le comunità, cioè le parti della società civile: quella tra coloro che fanno un qualsiasi lavoro comune, vi può essere anche amicizia tra il padrone e lo schiavo, se lo schiavo è considerato, non più soltanto come uno strumento animato, ma come uomo. Solo nella tirannide c’è poca o nulla amicizia: dato che in essa non c’è niente in comune tra chi comanda e chi obbedisce. Quanto al fondamento dell’amicizia, esso può essere o l’utilità reciproca o il piacere o il bene; ma è chiaro che mentre un’amicizia fondata sull’utilità o sul piacere è destinata a finire quando il piacere o l’utilità cessano, l’amicizia fondata sul bene è la più stabile è quindi la vera amicizia.
Quest’analisi aristotelica, che è la più compiuta e bella che la filosofia abbia mai dato sul fenomeno dell’amicizia, segue i seguenti punti:
1) l’amicizia è una certa comunità cioè una partecipazione solidale di più persone ad atteggiamenti, valori o beni determinati;
2) è collegata con l’amore e né segue le forme ma non s’identifica con l’amore;
3) essa si avvicina piuttosto alla benevolenza ed è proprio collegata con gli affetti positivi, cioè con quelli che implicano  sollecitudine, cura, pietà ecc…
L’amiciza è così, secondo Aristotele, più estesa dell’amore, che è limitato e condizionato dal godimento della bellezza. Ed è diversa dall’amore per il suo carattere attivo e selettivo, infatti Aristotele dice che l’amore è un’affezione cioè una modificazione subita mentre l’amicizia è un abito (come un abito è la virtù) cioè una disposizione attiva e impegnativa della persona.


Con il prevalere del cristianesimo l’importanza dell’amicizia come fenomeno umano primario, decade nella letteratura filosofica. Il concetto più esteso e più importante diventa quello dell’amore, dell’amore del prossimo, che manca dei caratteri selettivi e specifici, che Aristotele aveva riconosciuto all’amicizia. Difatti “prossimo” è colui con il quale c’imbattiamo o che comunque in rapporto con noi, chiunque esso sia, amico o nemico. La massima aristotelica dell’amicizia, “comportarsi verso l’amico come verso se stesso”, vedere nell’amico un altro se stesso. 


ARTICOLO DI GIORGIA LUPO DELLA CLASSE III I DEL LICEO LINGUISTICO