Pitagora nacque nell’isola di Samo, nell’Egeo orientale, tra il 580 e il 570 a.C. Dopo la sua morte la sua figura assunse una connotazione leggendaria, ma la sua esistenza storica è confermata da quelle poche testimonianze scritte lasciateci in eredità da autori suoi contemporanei come Senofane, Eraclito ed Erodoto. Sappiamo con certezza che fu educato dal filosofo presocratico Anassimandro, che gli trasmise le sue idee. Non si conosce il nome del padre, ma qualcuno sostiene che fu un certo Mnesarco, di origini facoltose. Altri invece ritengono che Pitagora sia nato nella città di Samo in Magna Grecia, nell’attuale Calabria. Pitagora potrebbe aver sposato Teano, dalla quale avrebbe avuto tre figli: i maschi Arimnesto e Telauge e la figlia Damo. Come detto tutto questo è estremamente incerto e legato alle leggende che circolano riguardo a Pitagora, ma una cosa è certa: attorno al 530 a.C. si trasferì a Crotone, e da quel momento diventò famoso in eterno.

A Crotone Pitagora fondò una propria scuola di pensiero filosofico,che prese il nome di Scuola pitagorica. L’eccezionalità di questa scuola era lo sviluppo di moltissime conoscenza, in particolare della matematica, che Pitagora per primo aveva intuito come strumento per descrivere il mondo. Gli studi condotti permisero un grande sviluppo della società occidentale, e per questo ancora oggi Pitagora è ritenuto uno scienziato moderno. Chi faceva parte di questa scuola entrava inoltre in una setta mistica-religiosa e in un partito politico (quello aristocratico), oltre che in una comunità scientifica. Il successo che ebbe a Pitagora a Crotone fu dettato anche dall’interesse degli abitanti per le discipline medico-scientifiche, che dunque rimasero affascinati dagli insegnamenti di quest’uomo: si dice che fu l’oracolo di Delfi ad indicare al filosofo il luogo più adatto dove fondare questa scuola.

Pitagora organizzò in modo molto efficiente la sua accademia, e introdusse un codice di regole molto rigide ed elaborate. La sua idea era quella di condividere con tutti il sapere; creò infatti due categorie di studenti: gli acusmatici, che avevano accesso al cosiddetto sapere pubblico, e i matematici, che erano una ristretta cerchia che poteva venire a conoscenza anche di quello privato. I primi non facevano parte della comunità che vive in comune nella scuola, ma assistevano semplicemente alle lezioni del maestro senza vederlo, poichè nascosto da una tenda. I matematici invece erano una vera e propria setta che viveva in comunione senza mai lasciare l’accademia e seguendone il codice, questi accedevano a tutte le conoscenza che Pitagora gli trasmetteva dialogando con loro, ma senza poterle divulgare. Caratteristica importante degli studenti era che potevano essere anche di sesso femminile: le etére, donne non sposate che avevano un ruolo importante nella società; infatti erano compagne intellettuali per gli uomini.

I pitagorici si riunivano nella Casa delle Muse, un grande tempio cittadino, e avevano delle regole tribalistiche: erano molto stravaganti, tanto che ancora oggi ci è difficile comprenderne appieno il senso. Eccole riportate di seguito:

  1. Astieniti dalle fave
  2. Non raccogliere ciò che è caduto
  3. Non toccare un gallo bianco
  4. Non spezzare il pane
  5. Non scavalcare le travi
  6. Non attizzare il fuoco con il ferro
  7. Non addentare una pagnotta intera
  8. Non strappare le ghirlande
  9. Non sederti su di un boccale
  10. Non mangiare il cuore
  11. Non camminare sulle strade maestre
  12. Non permettere alle rondini di dividersi il tuo tetto
  13. Quando togli dal fuoco la pignatta non lasciare la sua traccia nelle ceneri, ma rimescolale
  14. Non guardare in uno specchio accanto ad un lume
  15. Quando ti sfili dalle coperte, arrotolale e spiana l’impronta del corpo

Tutti questi tabù assimilano la figura di Pitagora a quella di uno sciamano, ma sappiamo che andava ben oltre questo. Per esempio le restrizioni in tema alimentare erano molte, una in particolare: tutti gli adepti dovevano essere vegetariani. Questo perchè Pitagora credeva nella metempsicosi, uno dei più importanti temi del pitagorismo.

METEMPSICOSI

Pitagora riteneva che il corpo umano non fosse nient’altro che una prigione materiale dove le divinità decisero di rinchiudere le nostre anime per punizione. Solo con la ricerca disinteressata della verità e rituali di purificazione o catarsi l’anima può liberarsi e iniziare a vivere veramente. Ma nel mondo terreno, è costretta a trovare una costante locazione, che non deve essere per forza un corpo umano ma anche un vegetale o un animale: questo concetto prende il nome di metempsicosi, ovvero reincarnazione. Per questo motivo, Pitagora stesso dice: “Non rovinare nè danneggiare una pianta domestica, ma nemmeno un animale che non fa del male agli esseri umani”. Secondo questa visione, l’anima è presente nel cuore sotto forma di animo (noùs), e nel cervello come mente (phrènas) e intelligenza (thymòs). Questa tripartizione è presente però solo quando l’anima si trova in un corpo umano: gli animali infatti sono privi della mente, che è l’unica parte che non muore insieme alla carne. In ogni caso, l’intera anima si nutre del sangue. La scuola come detto era anche una setta religiosa, il cui credo era appunto basato sulla metempsicosi pitagorica.

 

ARITMOGEOMETRIA

L’aritmogeometria è l’utilizzo di un algoritmo per rappresentare i numeri come enti geometrici. Nella scuola Pitagorica era probabilmente il più importante dei settori studiati: Pitagora dava infatti un’enorme importanza ai numeri, che riteneva origine di tutte le cose. In particolare l’uno o monade era chiamato principio primo, rappresentava la ragione ed era considerato impari, ovvero nè pari nè dispari; geometricamente rappresentava il punto. Era al vertice di una piramide composta da punti chiamata tetraktys, simbolo sul quale i pitagorici prestavano giuramento. A scendere nella tetraktys si trova la diade, due punti e dunque una linea geometricamente, e dunque l’infinito e l’illimitato nonchè l’opinione, sempre duplice. Ma soprattutto la diade, pari, rappresentava la donna, perfettamente simmetrica. Al contrario, la triade dispari rappresentava l’uomo, che era perfettamente simmetrico ma in più aveva il membro maschile. In geometria era rappresentata come un piano, e quindi simboleggiava il definito e il limitato. Il quattro era chiamato tetrade, rappresentante la giustizia poichè divisibile equamente in due parti; mentre la pentade era vista come il matrimonio, in quanto unione di diade e tetrade. La decade, ovvero la tetraktys nella sua interezza, era il numero perfetto, unione dei primi quattro. Pitagora come dimostrato dagli esempi riportati riteneva che il mondo fosse stato creato e fosse regolato da regole e algoritmi matematici, e non cessò mai di compiere numerosi studi scientifico-matematici. Da questo punto di vista fu veramente all’avanguardia, tanto che questa sua visione dell’Universo fu ripresa ancora nel ‘600 da Galileo Galilei, che dirà:”Il grande libro dell’Universo è scritto in lingua matematica”. Anche oggi, sappiamo che effettivamente ogni oggetto o essere vivente racchiude in sè una perfetta geometria.

MUSICA E ARMONIA

Abbiamo già visto come i pitagorici spaziassero in molti ambiti della conoscenza, e la musica fu uno di quelli. Pitagora infatti capì che anche la musica era regolata da regole matematiche, anzi sostenne che il rapporto fra i numeri e le note desse luogo all’armonia, considerata dal filosofo vera e propria archè, ovvero sostanza primigenia. Si dice che sperimentò questa sua teoria: con uno strumento monocordo ricavò diverse tonalità a seconda da dove ponesse un legnetto; esattamente al centro della corda ottenne un’ottava, a 2/3 della sua lunghezza un intervallo di quinta, a 3/4 uno di quarta. Chiamò tono la distanza tra i due intervalli sonori, e basata su questi intervalli nacque quella che ancora oggi chiamiamo scala musicale. Non possiamo sapere con certezza se fu Pitagora a idearla o venne pensata in un momento successivo, quello che è certo è che Pitagora fu il padre della musica moderna…studiandola matematicamente. Inoltre, è importante specificare che Pitagora riteneva indispensabile la presenza di armonia nella musichè, intesa con il significato greco di “insieme delle arti presieduto dalle Muse”: quindi per lui doveva essere presente in tutte le arti, ma non solo; era necessario che ogni azione venisse compiuta con armonia, e la filosofia aveva come compito principale quello di trasmettere questo concetto.

IL TEOREMA

La scoperta attribuita al filosofo di Samo sicuramente più famosa è però un’altra, alla base della geometria euclidea: il teorema chiamato appunto di Pitagora. In realtà questa affermazione è inesatta: infatti questo teorema era già noto ai babilonesi, ma solamente Pitagora riuscì a dimostrarlo. Ma ecco cosa enuncia:”In ogni triangolo rettangolo il quadrato costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti. Pitagora lo dimostrò riempiendo un quadrato, il cui lato era uguale alla somma di due cateti, con quattro copie del relativo triangolo rettangolo e un quadrato costruito sull’ipotenusa; riempì poi lo stesso quadrato con quattro copie del triangolo più due quadrati, quelli costruiti sui cateti: in entrambi i casi il quadrato veniva riempito. Ecco dunque che finalmente fu comprovata questa teoria, che ancora oggi è fondamentale per lo sviluppo di figure molto più complesse; scritta in formula: a2+b2=c2, dove a e b rappresentano i due cateti e c l’ipotenusa. Da qui, per trovare l’ipotenusa è sufficiente fare la radice quadrata di a2+b2. Vi sono molte storie che provano a spiegare come Pitagora ebbe questa illuminazione, quella più diffusa, ma ovviamente non confermabile, vuole che egli, invitato a corte dal tiranno di Samo (quella greca) Policrate, si fosse messo ad osservare il pavimento in attesa di essere ricevuto. Provò mentalmente a tagliare in diagonale una delle piastrelle quadrate, ottenendo proprio due triangoli che rispettavano le regole del teorema.

LA MORTE DI PITAGORA E DELLA SCUOLA

Nel 450 a.C. sia aprì un nuovo e importantissimo scenario per la Magna Grecia: la rivoluzione democratica. I pitagorici, come accennato, avevano sempre sostenuto le forme di governo oligarchico-aristocratiche delle varie città, così subirono le ritorsioni dei democratici, che incendiarono addirittura la Casa delle Muse. Tutti i pitagorici dovettero fuggire in Grecia cercando asilo, e da allora il pitagorismo fu sempre praticato nell’ombra. Non sappiamo cosa successe a Pitagora in quel momento: una versione sostiene che poco prima della sommossa si fosse ritirato a Metaponto, attualmente in provincia di Matera, dove rimase e morì. Altri dicono che fosse sempre rimasto a Samo, ma casualmente non si trovava alla riunione della setta durante la quale fu appiccato l’incendio. Costretto così a fuggire, dopo un peregrinare incerto arrivò proprio a Metaponto, e lì morì. Il filosofo Porfirio ci offre una descrizione dettagliata del suo decesso, sempre però dubbia:”Si dice che Pitagora abbia trovato la morte nella comunità di Metaponto, dopo essersi rifugiato nel piccolo tempio dedicato alle Muse, dove rimase quaranta giorni privo del necessario per vivere. Altri autori affermano che i suoi amici, nell’incendio della casa dove si trovavano riuniti, gettatisi nelle fiamme aprirono una via di uscita al maestro, formando con i loro corpi una sorta di ponte sul fuoco. Scampato dall’incendio Pitagora, raccontano ancora, si diede la morte, per il dolore di essere stato privato dei suoi amici.” In conclusione non saremo mai certi riguardo a questa storia, che a ogni modo è solo una delle tante leggende che raccontano di quest’uomo, il cui amore per la conoscenza non ebbe mai fine.

SITOGRAFIA 


ARTICOLO DI RICCARDO MOGGIO DELLA CLASSE III B DEL LICEO CLASSICO