John Locke on the Possession of Land:
Native Title vs. the ‘Principle’ of Vacuum domicilium

https://digital.library.adelaide.edu.au/dspace/bitstream/2440/44958/1/hdl_44958.pdf


 

John Locke è stato uno dei più importanti filosofi inglesi nella Storia moderna e, con le sue idee, fu artefice di due fra le più importanti Rivoluzioni di ogni epoca: quella inglese del 1688-89 (la Gloriosa rivoluzione) e quella americana del 1776. Se in quella inglese ebbe parte attiva, grazie ai suoi scritti, il suo pensiero si diffuse anche oltreoceano e contribuì alla nascita degli Stati Uniti d’America quasi un secolo più tardi. Ecco come i suoi principi sono alla base dello Stato più potente al mondo.

Locke fu il padre del liberalismo, un pensiero politico volto a garantire tutele e diritti inalienabili ai cittadini (su tutti, quelli alla vita, alla libertà e alla proprietà), l’affermazione della tolleranza religiosa, della laicità dello Stato e della separazione fra Stato e Chiesa. Inoltre, sostenne la teoria della separazione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) formulata da Montesquieu perché, se i poteri fossero uniti, si verrebbe a creare un regime tirannico. Secondo Locke lo Stato si crea a partire da un contratto, ma il cittadino non deve trasferire i propri diritti allo Stato, come sosteneva Hobbes, anzi, il contratto deve consolidare i diritti naturali, che regolano la vita sociale e politica attraverso le leggi naturali, come l’etica e la ragione. La proprietà privata è vista da Locke come un’estensione della propria persona: se si è speso del tempo per possederla, allora è un diritto possederla. Le leggi positive, dunque, sostituiscono le leggi naturali: l’uomo è cittadino libero e proprietario di fronte allo Stato, mentre Hobbes dichiarava che l’uomo era solamente cittadino nello Stato. Inoltre, la fede non può essere imposta e le altre religioni devono essere tollerate, mentre il credo cristiano si dovrebbe basare più sulla ragione che sulla fede (deismo).

 

Questi principi politico-religiosi vennero esportati in Nord America da Thomas Paine, un intellettuale inglese emigrato nelle colonie americane poiché contrario al sistema censitario britannico. Nel 1775 scrisse il ”Common Sense”, un’opera nella quale proclamò che le tredici colonie avrebbero dovuto ribellarsi alla madrepatria inglese in difesa dei diritti naturali promossi da Locke. Il testo andò a ruba e, di conseguenza, le colonie costituirono un esercito comune cappeggiato da George Washington, un proprietario terriero della Virginia, e il 4 luglio 1776 dichiararono l’indipendenza. Nell’atto si legge che i diritti naturali vennero dati all’uomo quando Dio lo creò e fra essi si aggiunse il diritto al perseguimento della felicità; che quando un governo non li rispetta, essendo tirannico, è diritto del popolo istituirne uno nuovo; che le colonie sono state oggetto di ripetuti abusi e usurpazioni da parte degli inglesi; che le Camere Rappresentative (ovvero delle assemblee coloniali rette da un governatore nominato dal re d’Inghilterra Giorgio III) erano state private dei loro poteri poiché le decisioni sui territori americani venivano prese dal Parlamento inglese; e che, per dichiarare la loro separazione dalla Corona inglese, i coloni si sarebbero appellati al Supremo Giudice e alla Divina Provvidenza.

 

La guerra che si scatenò in seguito a quest’atto venne vinta dalle colonie grazie soprattutto all’intervento di Francia e Spagna; la Francia apprezzava gli ideali politici che si stavano diffondendo nei futuri Stati Uniti (il generale marchese di La Fayette diede un contributo importante alla vittoria americana), mentre la Spagna mirava a impedire che l’Inghilterra uscisse rafforzata dalla guerra. I problemi sorti in seguito alla guerra, come i debiti dovuti alle spese belliche, indussero le colonie a rimanere unite e nel 1787 venne approvata la Costituzione, che sancì la formazione di un governo centrale forte e unitario, dove i poteri vennero separati, come auspicato da Locke e Montesquieu. Nel 1789 venne proclamato il primo Presidente, George Washington, seguito da John Adams e da Thomas Jefferson, che scrisse la Dichiarazione d’Indipendenza e fondò il Partito Democratico, promotore delle piccole comunità locali e scettico verso un potere centrale esteso; il suo antagonista è il Partito Repubblicano, che vuole creare consenso attraverso un potere federale stabile: i suoi maggiori esponenti furono Washington, Hamilton e Adams. Ancora oggi, ogni quattro anni questi due partiti si contendono il governo americano e influenzano la vita di circa 333 milioni di persone. La nascita e lo sviluppo dello Stato più importante al mondo si originarono a partire dalle idee di John Locke.

Locke possedeva azioni in società di commercio di schiavi ed era segretario dei Lords Proprietors of the Carolinas, dove la schiavitù era costituzionalmente consentita. Aveva due nozioni di schiavitù: la schiavitù legittima era la prigionia con il lavoro forzato imposto dalla parte giusta in guerra; la schiavitù illegittima era una privazione autoritaria dei diritti naturali.


Since the 1990s, the relation between liberalism and colonialism has been one of the most important issues in Locke studies and also in the field of modern political thought. This present work is a unique contribution to discussion of this issue in that it elucidates Locke’s concept of the law of nature and his view of war.Locke’s law of nature includes, despite its ostensible universal validity, some particular rules which favour the rights of a European form of political society and individualistic land-acquisition at the sacrifice of native traditional land-rights and subsistence.Concerning wars between settlers and the natives, Locke’s concept of “punishment” in state of nature allows the militarily superior side to make a war with the inferior in disregard for the latter’s claim and nevertheless, after winning victory, proclaim its own just cause of war.By putting Locke’s discourse on colonization and war in the context of contemporary relations between English colonists and the natives, this book makes clear that the expansive element of his theory of property actually overbalanced his rule of limitation of property according to equitableness and that it, after all, undermines the general principles of freedom and equality of all in his law of nature.


Sitografia:

https://www.liceisgv.edu.it/docenti/lucaccini/2017/01/28/john-locke-il-pensiero-politico-religioso/ 

arete-consulenzafilosofica.it/didattica/SCHEDA%20DI%20STORIA%2023.4%20RIV%20USA%202015.pdf


ARTICOLO DI DIDIONI EDOARDO DELLA CLASSE IVD DEL LICEO LINGUISTICO