http://www.storiain.net/storia/luomo-di-neandertal-una-storia-da-riscrivere/


https://www.parcodellapreistoria.it/portfolio-view/uomo-di-neanderthal-homo-neanderthalensis/


NOME: Uomo di neanderthal (Homo neanderthalensis)
ERA: Cenozoica
EPOCA: Pleistocene
ANNI FA: 350.000-30.000
GRUPPO: Mammalia > Primates > Hominidae
DIETA: Onnivoro
SITI DI RITROVAMENTO: Europa (Italia compresa), Asia, Africa

ALTEZZA MASSIMA: 170 cm
PESO MASSIMO: 80 kg

L’uomo di Neanderthal deve il suo nome alla località in cui furono rinvenuti i primi resti, la valle del Neander presso Düsseldorf, in Germania, nel 1856. Apparve circa 350.000 anni fa e si estinse circa 30.000 anni fa, con una massima diffusione in Europa, Italia compresa, tra gli 80 e i 40.000 anni fa. La completezza dei reperti ha permesso agli antropologi di delineare accuratamente le sue caratteristiche anatomiche: statura media di un maschio adulto attorno ai 160 centimetri, capacità cranica comparabile all’uomo odierno (mediamente 1286 cc nella femmina e 1575 cc nei maschi), parte occipitale del cranio allungata posteriormente e caratterizzata da una prominenza denominata “chignon”, volta cranica bassa e fronte sfuggente, arcate sopraorbitali (torus) molto sviluppate, faccia molto grande e leggermente prognata, fosse nasali ampie, mento assente, gabbia toracica ampia, bacino largo e lungo, braccia robuste e gambe massicce con femori arcuati, adatte a camminare per grandi distanze. I neanderthaliani erano muscolosi, ma il fatto che la muscolatura fosse sviluppata anche nei bambini dimostra che questa era in primo luogo una caratteristica della specie, non una conseguenza di uno stile di vita molto attivo. L’anatomia delle mani è indicativa di grande forza di presa ma anche di abilità nel manipolare: queste popolazioni avevano le capacità cognitive e fisiche per creare strumenti sofisticati e oggetti di valore simbolico, come quelli tipici di varie culture a loro attribuite (Musteriano, Chatelperroniano, Aurignaziano, Gravettiano). L’uomo di Neanderthal è anche protagonista delle prime pratiche religiose ben documentate, legate al rituale funebre, con inumazione dei corpi nella quale il defunto era posto in posizione rannicchiata e accompagnato da offerte di cibo e strumenti, o a pratiche di conservazione dei crani.
Visse per un certo periodo contemporaneamente alle forme fossili della nostra specie, con le quali condivideva lo stesso sistema di vita basato sulla caccia e sulla raccolta. Alcuni studiosi vedono proprio nella competizione con H. sapiens una delle possibili cause di estinzione di H. Neanderthalensis. Tra i fattori che influenzarono il loro declino e la loro scomparsa vengono annoverate anche le forti oscillazioni climatiche avvenute tra 55 mila e 30 mila anni fa, che mutarono severamente e a più riprese l’habitat, la tipologia di prede e la loro disponibilità.

I resti che diedero il nome alla specie furono scoperti nell’agosto 1856 da scavatori di calcare nella grotta denominata “Kleine Feldhofer” nei pressi della località di Feldhof, come detto nella valle di Neander, in Germania. I reperti furono mostrati a Johann Fuhlrott, insegnante di scienze, che riconobbe trattarsi di una nuova specie del genere Homo. Della scoperta dei fossili venne dato annuncio ufficiale solo il 4 febbraio 1857.

Documentata fra 130 000 (per le forme arcaiche) e 30 000 (documentata con reperti fossili) −22 000 (in assenza di fossili ma con discusse prove culturali) anni fa principalmente in Europa e Asia, e limitatamente in Africa, questa specie si è presumibilmente evoluta dall’Homo heidelbergensis.

Alcuni studi del 2010 suggeriscono, tra alcune ipotesi probabili relative alla vicinanza genetica tra H. neanderthalensis e H. sapiens, che ibridazioni fra i due possano avere avuto luogo nel Vicino Oriente all’incirca tra 80 000 e 50 000 anni fa, per la presenza nell’uomo contemporaneo di una percentuale tra 1 e il 4% di materiale genetico specificamente neandertaliano.

Tali tracce genetiche sono presenti negli eurasiatici e nei nativi americani ma non negli africani, e ciò suggerisce, tra diverse ipotesi possibili, almeno quattro, che l’ibridazione possa avere avuto luogo nei primi stadi della migrazione della specie umana fuori dall’Africa, presumibilmente quando venne a contatto con i Neanderthal che vivevano nel Vicino Oriente, circa 80 000 anni or sono.[2][3]

In passato la specie era stata chiamata anche “uomo di Neanderthal”, dall’originale nome specifico scientifico, e Homo sapiens neanderthalensis quando era ancora considerato sottospecie dell’homo sapiens; queste denominazioni talora si riscontrano ancora e così pure avviene in altre lingue. Il problema del nome come sottospecifico non è, al contrario del primo, meramente formale, ma riflette, come verrà esposto più avanti, diversi possibili cammini evolutivi e differenti gradi di reincrocio con i sapiens.

Secondo una recente teoria (2016), pubblicata da alcuni ricercatori delle università di Cambridge e Oxford Brookers sull’American Journal of Physical Antropology, l’uomo di Neanderthal si sarebbe estinto a causa di malattie portate dai Sapiens. Secondo la biologa Charlotte Houldcroft di Cambridge, prima firma dello studio, gli umani che migrarono dall’Africa all’Eurasia portarono con sé una quantità di agenti patogeni che potrebbero essere stati catastrofici per la popolazione neandertaliana adattata alle malattie infettive tipiche del vecchio continente. La teoria si fonda su due cardini. In primo luogo le malattie infettive sarebbero molto più antiche di quanto creduto in precedenza: si pensava che queste patologie fossero emerse con il passaggio all’agricoltura circa 8.000 anni fa, quando gli esseri umani hanno cominciato a vivere in gruppi folti e a contatto con gli animali; le ultime ricerche sul DNA e sul genoma di alcuni patogeni sembrano dimostrare invece che siano molto più antiche. In secondo luogo, è dimostrato come gli antichi Homo sapiens si siano mescolati con i Neandertaliani che avevano dominato la scena continentale per decine di migliaia di anni e si siano scambiati geni patogeni, così come avevano fatto con altri ominidi prima di migrare dall’Africa. I nostri antenati potrebbero quindi essere stati vettori di malattie letali per gli uomini di Neanderthal, fino a portarli all’estinzione.