Tutto il Terzo Reich sarà attraversato da una polemica: Boecklin è un autentico pittore ariano o uno di questi decadenti nostalgici dell’Italia?
Penso che Hitler abbia avuto questo quadro nel 1930 in cambio di due quadri impressionisti della galleria nazionale.
Hitler aveva intenzione di mettere l’Isola dei Morti nel museo privato che voleva farsi costruire.
Il fascino che questo quadro suscitava in Hitler è certamente legato al tema della morte, così importante nella cultura tedesca e così bene illustrato in quest’opera.
A parte il sesso e più o meno il secolo, che cosa possono avere in comune Freud, Hitler, Lenin, Dalì, Strindberg, Druié o D’Annunzio? L’Isola dei Morti.
Tutti appartengono a questo club fantasma che riunisce chi idolatra l’Isola dei Morti, a volte fino quasi a perdere la propria vita.
Il quadro è scomparso nel 1945, sappiamo con certezza che prima di questa data si trovava nella cancelleria del Reich.
Dopo l’invasione delle truppe sovietiche il quadro è scomparso, può darsi che negli archivi di Mosca possa trovarsi una spiegazione dettagliata di ciò che realmente è accaduto. Poi nel 1979 un uomo d’affari berlinese regalò questo quadro al museo d’arte moderna.
Ritengo che sia riuscito ad entrare in possesso di questo quadro grazie alla diplomazia tedesca a Mosca.
Durante la guerra sono successe tante cose, diciamo, senza spiegazione, fatto sta che è tornato nel nostro museo a Berlino, a 200 metri dall’ultimo bunker di Hitler, un caso curioso.

 


Esistono cinque versioni de L’isola dei morti, in tedesco Die Toteninsel, tutte realizzate dal pittore simbolista Arnold Böcklin (Basilea, 1827 – Fiesole 1901) tra il 1880 e il 1886. Le differenze tra le tele riguardano la gamma cromatica e la nitidezza della visione: le molteplici versioni derivano dalla fortuna che fin da subito il dipinto ebbe. Era il quadro preferito di Adolf Hitler che comprò la versione del 1883, oggi all’Alte Nationalgalerie di Berlino, in cui nella roccia a destra sono conservate le iniziali A.B. del pittore svizzero.

L’isola dei morti è un isolotto roccioso che si erge spinoso da una distesa d’acqua. Tutto è freddo dai colori, alla scena, al paesaggio. Sembra una meta dalla quale difficilmente si riesce a tornare. I fitti cipressi al centro aprono la porta delle tenebre, del buio. Non si distingue a cosa andiamo incontro. Un’iconografia insolita che affonda le radici nei miti della tradizione antica, greca e romana, in cui si immaginava un’isola rocciosa e vulcanica come sede delle anime defunte.

L’intento di Böcklin è la meditazione. Ispirati da questo silenzio glaciale del dipinto, l’autore ci porta a riflettere sulla morte dandoci la libertà di sviluppare una personale ed intima visione. A ciascuno la sua riflessione ma universalmente capita. Un’opera concepita per farci sognare, nel mondo delle ombre, inghiottiti così tanto nel silenzio che il bussare alla porta ci avrebbe fatto paura.

Gli scenari immaginari delle anime che vengono traghettate da una sponda all’altra si uniscono ai paesaggi reali della vita di Böcklin, le isole di Capri e Ischia, che ben conosceva. Il sogno e le visioni del pittore generano questa ambientazione simbolista, ideale, sospesa tra sogno e realtà che rappresenta il riposo eterno. La meta finale a cui l’anima fasciata di bianco, in piedi davanti ad una bara, sta arrivando. Il tema della morte diventa ricorrente, si insinua tra letterati e artisti soprattutto da fine Ottocento. Molti si interrogano su cosa accadrà, sul dopo, sulla vita oltre la morte e per questo il dipinto di Böcklin diventa quasi un modello ideale a cui attingere. Hitler era disposto a comprarla per qualunque cifra, Lenin e D’Annunzio ne tengono una riproduzione in camera da letto e Freud nel suo studio.

Tanti artisti hanno rivisitato il dipinto, in omaggio al pittore svizzero, tra cui Salvator Dalí che della morte era praticamente ossessionato. Tutta questa popolarità rende l’opera eterna e quanto più contemporanea. Böcklin realizza anche la versione opposta L’isola dei vivi (1888) in cui i cipressi sono diventati delle palme e alberi in fiore. Dalla morte si è passati alla vita, dalle acque gelide e fredde si è passati ad una sponda animata da cigni e ninfe che fanno il bagno felici. L’isola adesso ha un paesaggio aperto, visibile e animato da figure umane unite in cerchi e danze.

Una visione doppia del ciclo naturale della vita: l’amore e la morte, la gioia e il silenzio, l’unione e la solitudine. In entrambi i casi un quadro per sognare.

di Alejandra Schettino per MIfacciodiCultura