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STORIA

Probabilmente sorprenderà molte persone sapere che in Calabria sia ancora presente una forma di greco. Eppure è proprio così: essa appartiene, assieme al griko parlato nella Grecìa Salentina, al complesso che in Grecia viene solitamente definito nel suo insieme κατωιταλική διάλεκτος o κατωιταλιωτικά (letteralmente, “il dialetto del Sud Italia”). Tale lingua era parlata in tutta la Calabria meridionale fino al XVXVI secolo, quando fu progressivamente sostituita dal dialetto romanzo, influenzato comunque dal grecanico nella grammatica e in molti vocaboli. Un breve excursus storico consente di verificare la scomparsa progressiva del greco in varie aree calabresi, a partire dal Cinquecento. Verso la metà del XVI secolo la lingua greca era stata eliminata nel bacino del Petrace mentre Nel corso del XIX secolo la perdita dell’antico idioma interessava aree del versante ionico dell’Aspromonte. Durante il periodo fascista le minoranze linguistiche, tra queste anche la comunità linguistica del Greco di Calabria, venivano osteggiate. È sintomatico di un clima così sfavorevole l’usanza, invalsa negli anni trenta, di apostrofare una persona con l’espressione proverbiale «mi sembri un greco», utilizzata con intenti offensivi. L’uso di altre lingue che non fossero l’italiano, dunque considerate dialetti, era considerato dagli stessi parlanti come simbolo di arretratezza e i maestri punivano quegli alunni che venivano sorpresi a parlare in classe un dialetto anziché l’Italiano.

Per molti anni gli ellenofoni di Calabria sono rimasti nell’oblio. Persino in Grecia si ignorava la loro esistenza. Addentrandoci in profondità sullo sviluppo diacronico degli studi sulla parlata greca del Reggino, possiamo dire che la disputa sulla provenienza segue sostanzialmente due linee di pensiero:

teoria bizantina: elaborata dal milanese Giuseppe Morosi (1844-1890) verso il 1870, la teoria bizantina ipotizza l’origine del greco d’Italia appunto nel periodo bizantino, legata in particolare ad immigrazioni di genti di lingua greca avvenute soprattutto tra il IX e il XII secolo (Katsoyannou2001)I sostenitori di questa tesi ritengono impossibile che il greco sia sopravvissuto al profondo processo di latinizzazione durante l’età romana (Nucera 2006);
teoria magnogreca: ebbe il suo maggior esponente nel glottologo tedesco Gerhard Rohlfs (1892-1986), il quale la formulò verso il 1930 dopo aver effettuato estese ricerche sul campo (Katsoyannou 2001). Secondo lo studioso berlinese, il greco non smise mai di essere parlato sin dai tempi della Magna Grecia. Per coloro che appoggiano questa teoria, gli elementi linguistici che sosterrebbero l’origine ex temporibusantiquis dell’idioma sarebbero una serie di arcaismi fonologici, grammaticali e lessicali, tra i quali figurerebbero persino alcuni dorismi (cfr. p. es. Karanastasis 1984-1992): il dorico era il dialetto greco antico usato nel territorio dell’antica polis di Lokroi Epizephyrioi, ma forti influssi dorici ebbe anche la parlata della polis di Rhegion a seguito di vicende storico-politiche – come la conquista di Dionisio I di Siracusa (Siracusa era colonia corinzia, quindi dorica) nel 387/386 a.C. – che favorirono queste influenze (D’Amore 2007).

LA LETTERATURA GRECANICA

La prima testimonianza scritta del greco-calabro risale al XVII secolo, ed è rappresentata da alcune poesie del sindaco di Bova Francesco Antonio de Marco. Tuttavia, fu una goccia nell’oceano, giacché la lingua rimase pressoché esclusivamente parlata, ma il cui ricco patrimonio orale, però, fu raccolto e pubblicato nel 1959 a Palermo dall’Istituto Siciliano di Studi Bizantini e Neogreci dagli studiosi Giuseppe Rossi Taibbi e Girolamo Caracausi con il titolo di Testi neogreci di Calabria. Al contempo, però, più o meno nello stesso periodo della pubblicazione dei Testi, ci fu una fioritura di poeti che contribuirono a creare una tradizione scritta – seppur recente – nella parlata greca del Reggino. Il greco di Calabria, per influenza del mondo romanzo circostante, fu e continua ad essere scritto quasi esclusivamente servendosi dell’alfabeto latino, e infatti è questo il tipo usato dai poeti greco-calabri. Se escludiamo i Testi Neogreci di Calabria (nei quali si usa un sistema di scrittura di tipo scientifico), per indicare i suoni non esistenti in italiano i grafemi utilizzati sono <ch> per la <χ>, <thper la <θ>,< ddh> per l’occlusiva retroflessa sonora geminata /ɖɖ/ – similmente per quanto accade nelle parlate di tipo siciliano, grazie alle quali questo suono fa parte dell’inventario fonologico del greco calabrese (sia nel greco classico, sia nel greco moderno standard è infatti assente). L’occlusiva retroflessa sonora geminata /ɖɖ/ è l’evoluzione locale della λ geminata del greco antico – il greco moderno, pur annotandola ortograficamente, la pronuncia scempia; per cui, ad esempio, si avrà àddho per άλλος (“altro”; la –ς finale nel greco di Calabria è caduta nella declinazione dei sostantivi e degli aggettivi). Tra i più famosi studiosi greci vi sono Filippo Violi e Filippo Condemi

Il Violi ha inoltre pubblicato l’unica Letteratura esistente sui Greci di Calabria. Altre pubblicazioni letterarie di Filippo Violi riguardano testi antologici e poetici in due volumi dal titolo I Nuovi Testi Neogreci di Calabria, alcuni testi lessicali come Lessico grecanico-italiano Italiano- grecanicoLessici antropo-toponimici di Bova e Palizzi, di storia Storia della Calabria Greca, calendari trilingue (italiano, grecanico e neogreco). Il grecanico, penalizzato negli anni passati dalla mancanza di registri letterari e di un uso più elevato della lingua, che per tanti secoli è rimasta a livello di espressione familiare o di uso comune tra contadini e pastori, è oggi in grado di vantare una vasta produzione letteraria.

LA LINGUA

La lingua ha molti punti in comune col neogreco..

Ne è prova il fatto che è una lingua arcaica, che presenta parole che oggi in Grecia sono sconosciute o scomparse, e possiede nel suo vocabolario molte parole derivate dal greco dorico.

Resta comunque il concetto che il grecanico, diffuso nella provincia di Reggio Calabria, sia una parte peculiare dei dialetti ellenofoni parlati in Italia, probabilmente con una sua propria evoluzione, distintasi da quella greca molti secoli fa.

Rispetto al neogreco il greco di Calabria ha perso in molti casi la -s finale

neogreco

Grecanico

italiano

gaidaros

gadaro

asino

inoltre non conosce il futuro, la cui funzione è assolta dal presente indicativo. Si scrive usando caratteri latini.

Tra i punti di contatto tra grecanico di Calabria e neogreco standard si possono citare

perdita del duale, del caso ottativo e del caso dativo;
gran parte del lessico, incluse parole o spostamenti semantici di origine ellenistico-romana e medievale – come ad esempio crasì (“vino”, che deriverebbe dalla parola greca classica per “miscela, fusione” [Babiniotis 2005], con riferimento all’usanza antica di mescolare il vino con l’acqua perché all’epoca troppo concentrato: la parola originaria è anche entrata nel linguaggio settoriale della linguistica con la parola crasi);
la maggior parte dei cambiamenti fonologici che hanno segnato il passaggio tra greco classico e moderno, come il betacismo (cioè la pronuncia della <β> come /v/) e l’itacismo (<η>, <υ>, <ει>, <οι>, <ηι>, <υι= /i/).

Tra quelli di divergenza, invece:

parole usate in greco classico ma non più in neogreco – come òde (“qui”; greco moderno εδώ);
la conservazione della geminazione (Karanastasis 1984), che il neogreco non ha perso solo nel caso della λ geminata, ma in tutti i casi previsti dal greco classico;

assenza quasi totale, per ovvie ragioni storiche, di turchismi, e, di contro, forte presenza di sicilianismi e forte presenza di italianismi molto spesso diversi da quelli presenti nel neogreco standard.

LA GRAMMATICA

La grammatica della lingua grecanica è molto semplificata rispetto al greco moderno.

La costruzione della frase è identica all’italiano, e segue lo schema Soggetto – verbo – complemento oggetto, dovuta probabilmente a una sorta di “italianizzazione” subita dalla lingua.
Allo stesso modo dell’italiano si possono costruire frasi composte da più espressioni concatenate da avverbi, ma i sostantivi si dividono in tre generi: Maschile – Femminile – Neutro;

Esistono gli articoli determinativi ed indeterminativi;

verbi sono anch’essi semplificati rispetto al greco antico;

Differenze con il dialetto reggino e l’italiano

Questo è un passo della fiaba tradizionale grecanica “L’asino e il lupo”:

(Lingua italiana)
L’asino e il lupo

Un mattino un asino pascolava beato in un prato d’erba tenera su un piano tra due montagne. Nelle vicinanze scorreva un ruscello, producendo un allegro mormorio con la sua acqua fresca e limpida.

(Dialetto reggino)
U sceccu e u lupu

Na matina, nu sceccu pascolava cuntentuntà nu pratu r’erba friscanta nu chianu ammenzu a ddu muntagni. ‘Ntèvicinanzi scurrìva nu ruscellu chi produciva n’allegru mormoriu ca so acqua frisca e pulita.

(Variante del reggino parlata nella Locride)
U ciucciu e u lupu

Nu jornu, i matina, nu ciucciu pascìa cuntentu erba frisca ammenzu ddumuntagni. Jantê vicinanzi ndavìa nu vajunichi scindendu, mandava na musica duci poca acqua sua frisca e pulita.

(Grecanico)
To gadaro ce o liko

Mia mera, àsce purrì, èna gadàro evòscinne xarapimèno, xòrto xlorò sce èna mmàli mèsa sta vunà. Ecì kondà ixe enarrìaci pu trèxonda èsteddhe mia mùsika glicì me to lìgo nerò frisko ce catharò.

DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA

I paesi in cui si parla ancora il greco sono:

Bova
Gallicianò
Roghudi
Roccaforte del Greco

Fanno parte dell’area grecanica altri paesi in cui purtroppo la lingua non è più parlata:

Pentedattilo
San Lorenzo
Condofuri
Amendolea
Staiti

Oggi Gallicianò viene definita l’Acropoli dell’area grecanica perchè è senz’altro il Borgo che sta facendo i maggiori sforzi per non perdere ma anzi valorizzare queste suggestive radici. Il numero degli interessati all’uso di tale idioma ammonta a circa 60 persone per lo più anziane, più circa una trentina di parlanti nella città di Reggio tra i quartieri Ciccarello, Modena, Arangea, San Giorgio Extra e Sbarre e un altro ridotto numero roghudesi a Melito di Porto Salvo, a seguito dell’immigrazione da Roghudi e da Chorìo dopo le alluvioni del 1971 e del 1972.

Il numero di 100 si riferisce comunque a persone che comprendono l’idioma, ma tra queste, nonostante gli sforzi di tutela delle associazioni culturali sono appena una settantina quelle al di sopra dei 70 anni.

In seguito all’approvazione della legge sulle Minoranze Linguistiche ha cominciato ad essere attivo l’IRSSEC, Istituto Regionale Superiore di Studi Ellenocalabri, di cui fanno parte i rappresentanti delle Associazioni e dei Comuni grecanici, che sarà l’ente ufficialmente deputato alla cura e alla tutela del patrimonio elleno calabro.

Punti critici

L’abbandono progressivo della lingua è dovuto al fatto che essa è stata, e continua ad esserlo, indicata come dialetto e non lingua, subendo peraltro tutti i pregiudizi legati ad una tale associazione, soprattutto l’esser considerata una forma “bassa” di espressione, appannaggio di popolazioni rurali o pastorali e analfabete. La scarsezza di registri linguistici, inoltre, ne condiziona la sopravvivenza.

La lingua si è conservata finché la popolazione greca di Calabria è rimasta isolata sulle montagne dell’Aspromonte. Con il dilagare del fenomeno dell’emigrazione buona parte della popolazione ha lasciato la zona perdendo, col progredire delle generazioni, le forme espressive tipiche. Inoltre la scolarizzazione che incentiva l’uso di altre lingue, come l’italiano, anche nell’uso quotidiano, ha operato un livellamento linguistico, che ha contribuito al diradamento della platea dei parlanti il Grecanico.

Le attività di tutela, anche se riconosciute dagli organi amministrativi, sono di fatto bloccate. La legge promuove la presenza di ellenofoni nelle scuole e nelle università ma, come già detto, non vi sono, o sono rari, insegnanti o lettori con una conoscenza adeguata del grecanico da utilizzare per la didattica. L’attività di formazione è dovuta soprattutto all’iniziativa dei gruppi culturali a livello locale, con supporto finanziario di qualche comune.

Anche l’insegnamento nelle scuole non è stato condotto nella forma del bilinguismo, ma, negli anni scorsi, è stato offerto come corso opzionale parallelo alle attività scolastiche o come corso obbligatorio negli asili e nella scuola primaria, grazie ai fondi regionali e della Comunità Europea. Tali attività non sono state portate scientificamente e hanno comunque registrato uno scarso numero di adesioni.

Nelle scuole secondarie, dove, soprattutto nei licei, potrebbe invece essere utile, la situazione è ancora peggiore: insegnamenti riguardanti il grecanico vi sono totalmente assenti. Le associazioni culturali, da parte loro, organizzano attualmente soprattutto corsi per adulti.

Il grosso problema resta, comunque, la scarsa conoscenza della lingua da parte degli insegnanti a cui non viene richiesto il bilinguismo come condizione per l’abilitazione all’insegnamento. Qualche attività di formazione sugli stessi docenti viene fatta da qualche associazione culturale come Jalò tu Vúa, ma solo grazie a contributi della Comunità Europea. Quest’ultima associazione ha anche operato per creare una “grammatica grecanica”. Tuttavia cresce l’interesse, soprattutto tra i giovani, per il neogreco a discapito della forma più arcaica grecanica, mentre altre associazioni come Spixì ce Sòma‘ opera da circa 11 anni nel paesino di Gallicianò tutto a sue spese per non lasciare il paese alla spopolazione.


ARTICOLO REDATTO DA DE VITA AURORA ALLIEVA DELLA CLASSE III B DEL LICEO CLASSICO