Il Giorno del ricordo è una solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di ogni anno, che ricorda i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata. Istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, vuole conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.

Al Giorno del ricordo è associato il rilascio di una medaglia commemorativa destinata ai parenti delle persone soppresse e infoibate in Istria, a Fiume, in Dalmazia o nelle province dell’attuale confine orientale dall’8 settembre 1943, data dell’annuncio dell’entrata in vigore dell’armistizio di Cassibile, al 10 febbraio 1947, giorno della firma dei trattati di pace di Parigi. Sono esclusi dal riconoscimento coloro che sono stati uccisi mentre facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia.

 

La data prescelta è il giorno in cui, nel 1947, furono firmati i trattati di pace di Parigi, che assegnavano alla Jugoslavia l’Istria, il Quarnaro, la città di Zara con la sua provincia e la maggior parte della Venezia Giulia, in precedenza facenti parte dell’Italia.

 

 

 

Le testimonianze dei sopravvissuti, i racconti, i documenti e la storia devono essere le fonti utili non solo per il presente, ma anche per le generazioni future che, a loro volta avranno il compito di “tramandare” un orrore storico che non si deve ripetere.

 

 


 

Le foibe sono fosse comuni tipiche del Carso, diffuse sopratutto nella zona di Trieste e dell’Istria.

Il termine “foiba” è passato alla storia per indicare non la cavità in sé, ma le esecuzioni collettive che avvennero in quella sede, dove i prigionieri venivano solitamente legati a coppie sull’orlo dell’abisso e falciati con la mitragliatrice.

I primi esempi sono stati registrati nel ’43 nei territori dell’Istria, dove partigiani delle formazioni slave, ma anche gente comune, per lo più delle campagne, fucilarono o gettarono nelle foibe centinaia di cittadini italiani, perché considerati “nemici del popolo”.

Queste esecuzione, però, ebbero la loro massima intensità nei quaranta giorni dell’occupazione jugoslava di Trieste, Gorizia e dell’Istria, nel ’45. I crimini ebbero per vittime militari e civili italiani, ma anche civili sloveni e croati, che furono arrestati, deportati, torturati e infine fucilati.

L’esercito di Tito, lungi dal voler aiutare l’Italia ed interessato solo a riappropriarsi delle zone che gli erano state sottratte alla fine della Prima Guerra mondiale, occupò invece Trieste e l’Istria, obbligando gli italiani che abitavano quelle zone ad abbandonare la propria terra. Molti furono i cittadini che vennero uccisi dai partigiani di Titogettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati. Gli infoibamenti si perpetuarono fino al 1947: l’esercito slavo si impadronì pian piano dell’Istria, operando una vera e propria pulizia etnica, obbligando gli italiani ad abbandonare la zona e sterminando coloro che decidevano di opporsi a tale violenza. Il massacro delle foibe iniziò a cessare solo a partire dal 10 febbraio 1947, quando la Jugoslavia riottenne le province di Fiume, Zara, Pola e di altri territori grazie al trattato di Parigi. L’Italia riuscì ad assumere pienamente il controllo di Trieste solo nell’ottobre 1954, vedendosi obbligata a lasciare l’Istria nelle mani della Jugoslavia.

Gli eventi dai quali ha origine l’esodo istriano sono identificati nella caduta del regime fascista di Mussolini, con il successivo scioglimento del relativo Partito, e la dissoluzione delle Forze Armate.

Nelle regioni balcaniche confinanti con l’Italia le forze comuniste di Josip Broz, detto ‘Tito’, prendono il sopravvento sui territori di Croazia e Slovenia.

Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 esplode la prima ondata di violenza.
I partigiani di Tito si vendicano dei fascisti, colpevoli di aver condotto su quegli stessi territori una politica di italianizzazione piuttosto violenta, gestita con metodi discutibili nel periodo a cavallo tra le due guerre.

I fascisti e gli italiani ostili al comunismo diventano nemici da eliminare; inizia così il massacro delle foibe.
Migliaia di persone vengono gettate nelle cavità carsiche, tipiche della Venezia Giulia, utilizzate in precedenza anche dai fascisti per eliminare gli avversari politici.

Dopo una fase di resistenza da parte dei tedeschi, con la caduta del Terzo Reich, il IX Korpus di Tito occupa l’Istria e la Dalmazia; siamo nel maggio del 1945.

Il nuovo governo comunista si accanisce nuovamente contro gli italiani.
Il processo di eliminazione si svolge attraverso un’esecuzione a dir poco atroce, che vede i condannati a morte legati l’uno all’altro, con un fil di ferro stretto intorno ai polsi, attendere la propria fine sugli argini delle foibe.
L’avvio della strage di massa è innescato da un mitra che spara a raffica sui primi tre o quattro componenti della catena umana, i quali precipitando nelle cavità trascinano con loro il resto dei condannati.

Per i sopravvissuti alla caduta la sofferenza è inimmaginabile: costretti ad attendere la propria inevitabile fine sui cadaveri dei compagni e tra sofferenze fisiche indicibili.

Con il Trattato di Parigi, firmato il 10 febbraio 1947, la Jugoslavia ottiene l’Istria, Fiume, Zara, la Dalmazia e le isole del Quarnaro, per cui inizia a dedicarsi con maggiore forza alla ‘gestione’ degli italiani sui territori conquistati.

L’intento di Tito si palesa chiaramente in una strategia che mira ad un’integrazione subordinata degli italiani ritenuti meritevoli; tutti gli altri, ovvero quelli di determinate classi sociali e quelli contrari all’annessione, sono da espellere in quanto non integrabili nello Stato jugoslavo. Si tratta ovviamente della maggioranza, per la quale inizia un tragico esodo innescato dalla speranza di allontanarsi da un clima di terrore e incamminarsi verso condizioni di vita migliori.

Le stime attuali rivelano che dal 1944 al 1958 più di 250.000 persone furono costrette ad abbandonare le proprie case e le proprie terre, al confine orientale con l’Italia, per cercare fortuna altrove.

Gli esuli arrivati in Italia non vengono accolti in maniera benevola; al contrario, la maggior parte viene confinata in campi profughi allestiti all’interno di caserme, scuole e strutture di vario genere.
Oltre ai numerosi disagi pratici, gli esuli giuliano-dalmati sono costretti a sopportare l’atteggiamento ostile dei connazionali.

Come accennato nel corso della premessa, per molto tempo eventi come il massacro delle foibe e l’esodo istriano sono stati in un certo senso silenziati, per motivi di natura culturale, ideologica e politca.
Qualcuno ha addirittura ‘giustificato’ i terribili eventi come una sorta di reazione popolare spontanea, attivata dall’idea radicata che i profughi fossero in realtà fascisti.

Il ‘treno della vergogna’

Dell’anno 1947 viene ricordato un episodio passato alla storia come il ‘treno della vergogna’.
L’episodio riguarda alcuni esuli provenienti da Pola che sbarcarono ad Ancona per poi proseguire il viaggio in treno fino a La Spezia.

Durante la prima sosta sul territorio italiano gli esuli non ricevettero la solidarietà che si aspettavano; la gente del posto, convinta che si trattasse di fascisti in fuga, riservò agli ‘stranieri’ connazionali un’accoglienza fredda e ostile, al punto che si rese necessario l’intervento dei militari.

Da Ancona il viaggio proseguì a bordo di un treno merci.
Presso la stazione di Bologna la Croce Rossa Italiana e la Pontifica Opera di Assistenza avevano predisposto un pasto caldo, ma la sosta saltò a causa di una sassata contro i convogli organizzata dai ferrovieri comunisti per impedire la fermata in stazione del cosiddetto ‘treno dei fascisti’.

Il treno fu quindi costretto a ripartire per Parma, dove finalmente i profughi, tra i quali tanti anziani e bambini, riuscirono a ricevere assistenza e qualche pasto prima di raggiungere definitivamente La Spezia.


 

http://www.istoreto.it/approfondimenti/giorno-del-ricordo/

1918 3 novembre. A Villa Giusti, nei pressi di Padova, Italia e Austria siglano l’armistizio. Il giorno successivo le truppe italiane entrano in Istria.
1919 3 aprile. In anticipo rispetto al resto d’Italia, nasce a Trieste il primo fascio di combattimento.
10 settembre. Le potenze vincitrici e l’Austria firmano il Trattato di pace di Saint-Germain en Laye: l’Italia riceve, oltre al Trentino Alto Adige e la Val Canale, anche Trieste, l’Istria, Zara e alcune isole della Dalmazia.
12 settembre. Appoggiato da gruppi armati di ex militari ed irredentisti, Gabriele D’Annunzio occupa la città di Fiume (la cosiddetta Impresa di Fiume) e vi instaura la Reggenza del Carnaro.
1920 Maggio. Nascono a Trieste le “squadre volontarie di difesa cittadina” che, insieme a quelle costituitesi negli altri territori dell’Istria, fanno registrare una rapida ascesa delle violenze in tutta l’area della Venezia Giulia.
13 luglio. A Trieste le squadre fasciste incendiano l’Hotel Balkan e la Narodni Dom, e cioè il principale centro culturale delle organizzazioni slovene ubicato nel centro della città. Il giorno successivo la stessa sorte tocca alla Narodni Dom di Pola, in Istria e alla sede del giornale cattolico sloveno «Pucki Priaateli» di Pisino. Questi atti segnano la nascita del cosiddetto “fascismo di confine”.
12 novembre. Italia e Jugoslavia firmano il Trattato di Rapallo: all’Italia sono assegnati i territori dell’Istria fino al Monte Nevoso, la città di Zara e le isole di Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa. Fiume ottiene lo status di “città libera”, rimanendo fino al 1924 uno stato autonomo posto sotto la tutela delle Società delle Nazioni.
Dicembre. Esce a Trieste il primo numero de Il Popolo di Trieste, appendice diretta del Popolo d’Italia. L’anno successivo la Federazione fascista triestina con i suoi 14.756 iscritti è quella che conta il maggior numero di aderenti sull’intero territorio nazionale.
1921 2 febbraio. Entra ufficialmente in vigore il Trattato di Rapallo.
1922 18 ottobre. Lo Stato italiano decreta la nascita della Regione Venezia Giulia.
1923 29 marzo. Il Regio Decreto n. 800, dispone l’italianizzazione dei toponimi sloveni e croati.
1 ottobre. Entra in vigore la Riforma Gentile che, promossa dal ministro Giovanni Gentile, prevede la cessazione immediata nelle scuole del regno dell’insegnamento di ogni altra lingua al di fuori di quella italiana. Successiva alla Riforma Gentile è la chiusura delle scuole di lingua croata e slovena nell’ambito di un progetto mirante a raggiungere una deslavizzazione totale dei territori della Venezia Giulia. Tra il 1924 e il 1927 saranno infatti almeno cinquecento le scuoleelementari slovene e croate trasformate in scuole di lingua italiana.
1924 27 gennaio. Italia e Jugoslavia firmano l’Accordo di Roma: Fiume è annessa all’Italia.
1925 15 ottobre. Entrata in vigore del decreto che proibisce l’uso di ogni altra lingua al di fuori dell’italiano nelle sedi giudiziarie, negli uffici della pubblica amministrazione fino ad arrivare agli esercizi commerciali e ai locali pubblici. Contemporaneamente è ordinata la rimozione delle insegne slovene e croate.
1927 4 aprile. Estensione all’intera area della Venezia Giulia delle disposizioni previste dal Regio Decreto n. 17 del 10 gennaio 1926 e riservate alla zona del Sud Tirolo. La nuova normativa prevede nell’intera area della Venezia Giulia l’italianizzazione d’ufficio da parte delle autorità prefettizie di tutti i cognomi.
1 ottobre. Il regime fascista decreta, attraverso una nota del Ministero dell’Interno, la messa fuori legge e il conseguente scioglimento di ogni associazione culturale, teatrale, sportiva e musicale slava. Stessa sorte conoscono case del popolo, organizzazioni giovanili, economiche, assistenziali e di mutuo soccorso e organi di stampa.
1929 6 gennaio. Il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni assume la denominazione di Regno di Jugoslavia.
1941 6 aprile. Italia e Germania invadono e occupano la Jugoslavia.
17 aprile. L’esercito jugoslavo capitola di fronte alla superiore potenza di fuoco degli invasori. Il Re e il suo governo si recano in esilio a Londra. La Jugoslavia viene cancellata come entità statale e il suo territorio spartito tra i vincitori. La Germania impone l’annessione al Reich della parte settentrionale della Slovenia, un regime militare in Serbia ed una amministrazione diretta nel Banato. La Bulgaria ottiene l’annessione della Macedonia e di parte del Kosovo e della Serbia meridionale. All’Ungheria spettano invece i territori della Vojvodina e delle regioni slovene e croate ad est del fiume Mur.
L’Italia ottiene la Slovenia meridionale, i cui territori sono incorporati allo Stato italiano insieme a Selenico, Spalato, Ragusa, Cattaro, il resto del litorale dalmata e la regione della Carniola, comprese le isole.
Contemporaneamente si forma lo Stato indipendente croato alla cui guida si pone Ante Pavelic, leader degli ustasa.
27 aprile. Nasce a Lubiana il Fronte di liberazione sloveno.
3 maggio. Il Regio Decreto n. 291 sancisce la nascita della Provincia di Lubiana, il cui governo è affidato all’Alto Commissario Emilio Grazioli.
Estate. Si organizza, radicandosi e penetrando nel territorio, un forte movimento resistenziale armato contro il fascismo e il nazismo. La risposta fascista non si fa attendere, e viene data attraverso rastrellamenti, fucilazioni, rappresaglie, incendi di villaggi, deportazione della popolazione slava in appositi campi di internamento sorti sul territorio italiano e su quello jugoslavo occupato.
1942 1 marzo. Il generale Mario Roatta emana la Circolare 3C, che prevede pesanti disposizioni repressive nei confronti degli individui (e dei loro familiari) sospettati di favorire il movimento resistenziale.
7 luglio. Apertura sull’isola dalmata di Arbe del principale campo di internamento dell’Italia fascista.
1943 Marzo. Nascita nella Venezia Giulia delle prime formazioni partigiane di matrice comunista (Distaccamento Garibaldi).
Aprile. Mussolini decreta l’istituzione dell’Ispettorato speciale di pubblica sicurezza con il compito di controllare e reprimere l’attività partigiana nell’intera area della Venezia Giulia.
8 settembre. L’Italia e gli Alleati firmano l’armistizio, cui segue la dissoluzione dell’esercito italiano.
Settembre. In seguito all’armistizio, numerosi soldati italiani si uniscono ai nuclei partigiani. All’interno del movimento resistenziale emergono però forti contrasti tra comunisti italiani e comunisti sloveni, che cercano di convincere i primi ad accettare la futura annessione alla nuova Jugoslavia di Trieste, Gorizia, Monfalcone e del Friuli orientale.
8-12 settembre. Le truppe tedesche occupano l’intera area della Venezia Giulia.
10 settembre. Hitler dà vita all’Adriatisches Kunstenland, e cioè la Zona di Operazione Litorale Adriatico, una fascia di territorio comprendente le province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana.
Ottobre. A Trieste, nella Risiera di San Sabba, i tedeschi istituiscono l’unico lager nazista dotato di forno crematorio attivo in Italia e nell’Europa occidentale occupata.
Autunno. Prima fase di infoibamenti che coinvolge soprattutto le regioni dell’Istria e che provoca tra le 500 e le 700 vittime tra la popolazione italiana.
2 novembre 1943 – 31 ottobre 1944. Zara è al centro di pesanti incursioni da parte dell’aviazione alleata. Sulla città dalmata si abbattono cinquantaquattro bombardamenti che provocano la distruzione di gran parte delle abitazioni e la morte di circa 2.000 abitanti.
1944 24 settembre. Il partito comunista italiano della Venezia Giulia incoraggia il passaggio delle formazioni partigiane friulane e giuliane nell’esercito partigiano di Tito, il IX Corpus, ordinando ai comunisti italiani di appoggiare tutte le iniziative portate avanti dal Fronte di liberazione sloveno.
28 ottobre – 1 novembre. Partigiani croati entrano a Spalato e a Zara.
1945 1 maggio. A Pola entrano le prime truppe dell’esercito jugoslavo rimanendovi per circa quarantatre giorni prima di essere allontanate dall’arrivo delle forze Alleate. Lo stesso giorno le truppe di Tito entrano a Trieste, dove si insedieranno per quaranta lunghissimi giorni.
3 maggio. Le truppe partigiane entrano a Fiume.
Maggio. Nel mese di maggio si verifica la seconda ondata di infoibamenti che, oltre all’Istria, interessa soprattutto le province di Gorizia e di Trieste dove si registra il numero di vittime più elevato. Nelle cavità carsiche muoiono tra le 4.000 e le 5.000 persone che, unite a coloro che periscono nei campi di prigionia allestiti in Jugoslavia o annegati nelle acque dell’Adriatico, vittime cui per convenzione è affidato l’appellativo di infoibati,fanno salire a circa 10.000 i morti tra la popolazione italiana.
9 maggio. Nasce a Pola, in seguito a una riunione del Comitato cittadino polesano, il CLN, organo rappresentativo delle forze filoitaliane della città.
24 maggio. A Fiume il quotidiano «La Voce del Popolo» rende note le condizioni imposte dalle autorità jugoslave a coloro che hanno chiesto il lasciapassare per il rimpatrio in Italia. Inizia così la prima massiccia fase di esodo di massa dai territori della Venezia Giulia.
9 giugno. Angloamericani e Jugoslavia siglano l’accordo di Belgrado in base al quale sono delimitate, lungo una linea di demarcazione, la cosiddetta Linea Morgan, le rispettive zone di occupazione: la parte orientale, definita Zona B, resta sotto l’amministrazione militare jugoslava, mentre quella occidentale, la Zona A e la città di Pola, sono soggette al controllo degli Alleati.
12 giugno. Le truppe jugoslave abbandonano Pola, Gorizia e Trieste. Al loro posto si insediano quelle Alleate che, dopo avere dato vita al Governo Militare Alleato (G.M.A.) assumeranno i pieni poteri civili e politici, reggendo, con tempistiche differenti, le sorti delle città fino alla definitiva sistemazione dei confini.
13 agosto. Nasce il partito comunista della Regione Giulia autonomo, al meno sul piano formale, sia dal partito comunista italiano, sia dal partito comunista sloveno.
11 settembre. A Londra inizia la prima conferenza dei Ministri degli Esteri. Contemporaneamente si decide di inviare nelle zone contese una Commissione Interalleate destinata ad accertare i dati etnici ed economici delle regioni.
24 settembre. Il partito comunista triestino dichiara la propria disponibilità ad appoggiare l’annessione dei territori della Venezia Giulia alla Jugoslavia di Tito. Di posizioni diametralmente opposte appare la dirigenza del partito comunista italiano, contrario a un’ipotesi di questo tipo.
18 ottobre. Nei territori della Zona B, le autorità jugoslave introducono una nuova moneta, la Jugolira, creando gravi disagi alla popolazione che, di fatto, si trova ad essere improvvisamente isolata nei confronti della Zona A e di Trieste, da sempre principali luoghi di scambi economici e commerciali.
30 ottobre. A Capodistria i lavoratori scioperano contro l’adozione della Jugolira. A tale manifestazione ne segue un’altra organizzata dall’Unione Antifascista Italo-Slava (Uais). Vi sono pesanti scontri tra le due fazioni che provocano la morte di due persone.
1946 7 marzo. La Commissione Interalleata per le definizione dei nuovi confini, inizia la propria visita della Venezia Giulia che terminerà il 5 aprile. Al termine dei lavori le quattro delegazioni che compongono la Commissione, elaborano altrettanti differenti piani di demarcazione territoriale.
3 luglio. E’ resa nota l’accettazione da parte delle grandi potenze della linea francese che prevede il passaggio di gran parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia e la creazione del Territorio Libero di Trieste e cioè un piccolo territorio internazionale governato da un proprio governatore e garantito dal di sicurezza dell’ONU.
22 marzo. A Pola, in occasione della visita in città della Commissione Interalleata, la popolazione italiana organizza una manifestazione spontanea cui aderisce un gran numero di persone, che intendono così ribadire il netto rifiuto nei confronti di ogni ipotesi annessionistica della città alla Jugoslavia di Tito.
26 luglio. A Trieste il Cln dell’Istria propone di indire tra la popolazione istriana un plebiscito. Contemporaneamente inizia a Pola la raccolta delle dichiarazioni di esodo in caso di cessione della città alla Jugoslavia: i dati annunciano come su un totale di 31.700 abitanti, almeno 9.496 capifamiglia avrebbero intrapreso la via dell’esilio.
29 luglio. A Parigi inizia la Conferenza di Pace.
18 agosto. A Vergarolla, durante lo svolgimento di una manifestazione sportiva scoppiano alcune mine provocando morti e feriti. Nonostante le indagini prontamente avviate dal GMA non siano mai riusciti a risalire ai colpevoli dell’accaduto, prende corpo tra la popolazione italiana la convinzione di un attentato da parte jugoslava.
22 settembre. A Fiume il Cln diffonde un appello che esorta i fiumani a lasciare in massa la città, che dal mese di gennaio è stata abbandonata da almeno 20.000 fiumani.
16 ottobre. A Parigi termina la Conferenza di Pace che approva a titolo definitivo la soluzione francese in base alla quale Pola e l’Istria centro meridionale sarebbero state assegnate alla Jugoslavia.
23-24 dicembre. A Pola, emanando disposizioni rivolte ai cittadini, il locale Cln dichiara ufficialmente aperto l’esodo.
1947 27 gennaio. Inizia a Pola ufficialmente l’esodo degli abitanti ai quali si aggiungono anche alcune migliaia di italiani provenienti dai territori della Zona B.
3 febbraio. A Pola la motonave Toscana, messa a disposizione degli esuli dal governo italiano, intraprende il suo primo viaggio. Ne farà altri dodici tra Pola e Venezia e Pola e Ancona fino al 20 marzo, data dell’ultimo trasporto.
10 febbraio. A Parigi l’Italia e le potenze Alleate firmano il Trattato di Pace: la zona a Nord del fiume Quieto diventa parte del Territorio Libero di Trieste ed è a sua volta divisa in Zona A che passa sotto il controllo alleato e Zona B (Capodistria, Pirano, Buie e Umago), amministrata dagli jugoslavi che si vedono assegnare anche Zara, Fiume, le isole e quasi tutta la restante parte dell’Istria.
15 settembre. Pola è formalmente sottoposta alla sovranità jugoslava, in base agli accordi previsti dal Trattato di Pace di Parigi.
1948 20 marzo. Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, attraverso la cosiddetta Nota Tripartita si dichiarano favorevoli a restituire all’Italia l’intero Territorio Libero di Trieste.
28 giugno. Nel corso della Conferenza di Bucarest, l’Ufficio di informazione dei partiti comunisti (Cominform) accusa la Jugoslavia di Tito di non riconoscere il ruolo guida dell’Unione Sovietica espellendo e scomunicando il partito comunista jugoslavo. Inizia da parte delle autorità jugoslave una violenta campagna contro i cominformisti schieratisi con Stalin e contro Tito. Molti di loro compresi i comunisti di nazionalità italiana, dopo aver subito processi sommari, conoscono la durezza del sistema repressivo titino attraverso la prigionia nelle carceri jugoslave e la deportazione nel lager di Goli Otok, l’Isola Calva, dal quale una gran parte di essi non fa mai più ritorno.
1950 23 dicembre. Italia e Jugoslavia dopo aver raggiunto un accordo sulla risoluzione delle pendenze finanziarie derivanti dal Trattato di Pace, riaprono i termini di presentazione delle domande di opzione.
1952 15 maggio. Nella Zona B, entra in vigore la legislazione jugoslava.
1953 8 ottobre. Stati Uniti e Gran Bretagna informano le autorità italiane a jugoslave (Nota Bipartita) di volerritirare le proprie truppe dalla Zona A rimettendone l’amministrazione al governo italiano.
9 ottobre. La Nota Bipartita ha pesanti ripercussioni: il governo di Belgrado invia lungo la frontiera con l’Italia reparti militari; seguito nei giorni seguenti dal governo italiano che invia lungo la frontiera orientale il proprio esercito.
1954 5 ottobre. A Londra è firmato tra i governi di Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia e Jugoslavia il Memorandum d’Intesa che assegna la Zona A all’Italia e la Zona B alla Jugoslavia. Inizia il grande esodo degli italiani dalla Zona B, che si concluderà soltanto nel 1956.
1975 10 novembre. A Osimo, nei pressi di Ancona, il governo italiano e quello jugoslavo siglano un accordo che sancisce il definitivo superamento del Territorio Libero di Trieste, riconoscendo l’appartenenza della ex Zona A all’Italia e della ex Zona B alla Jugoslavia.

GIORNO DEL RICORDO 

Secondo le recenti stime, le vittime dell’eccidio delle Foibe furono tra le cinquemila e le diecimila: un dato di certo molto vago, frutto del silenzio che per circa un cinquantennio ha circondato il ricordo di tale massacro. Ad essere uccisi non furono solo fascisti e avversari politici, ma anche e soprattutto civili, donne, bambini, persone anziane e tutti coloro che decisero di opporsi alla violenza dei partigiani titini. Le zone colpite furono quelle del Venezia-Giulia e dell’Istria, in cui ad oggi sono state trovate più di 1700 foibe.


Il 10 febbraio del 2005 il Parlamento italiano ha deciso di dedicare la giornata alle vittime delle foibe, denominandola “Giorno del Ricordo”.


Siti consigliati

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FILMATO D’ EPOCA

https://www.youtube.com/watch?v=dhClsru1y7E

TRIESTE ITALIANA

https://www.youtube.com/watch?v=WVQDTpxK77s

ESODO GIULIANO

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 di Matteo Carnieletto

A distanza di 75 anni c’è ancora non solo chi nega le foibe, ma addirittura chi inneggia ad esse. Non solo il 10 febbraio, quando si commemora il Giorno del Ricordo, ma tutto l’anno. Per la sinistra più radicale, infatti, le cavità carsiche in cui furono gettati gli italiani a guerra finita sono un pensiero fisso. Quasi un desiderio che non si è mai del tutto realizzato.

E così questa mattina Genova si è svegliata tappezzata di manifesti, ovviamente abusivi, in cui si inneggia alle foibe. Lo ha annunciato l’Unione degli istriani, postando le immagini su Facebook: “Nel capoluogo ligure sono stati affissi nelle scorse ore alcuni manifestini abusivi dal chiaro messaggio oltraggioso dei nostri drammi. ‘No Foibe, no party‘, si legge sui placati lordati di stella rossa, firmati ‘Genova antifascista‘, che hanno infastidito e indignato molti di noi. Come sempre, quando si tratta di offese a danno delle nostre tragiche vicende, la legge è magnanima, al punto che questa iniziativa non costituisce reato alcuno”.

Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione, afferma al Giornale.it: “Si tratta di una iniziativa che, al contrario di coloro che vorrebbero minimizzare, va invece denunciata e sulla cui condanna dovrebbero essere d’accordo tutte le istituzioni regionali e cittadine, così come le forze politiche. Dopodiché sappiamo bene che rimarrà beatamente impunità, anche qualora gli autori materiali dovessero rivendicarla, perché nel nostro Paese si possono offendere i nostri drammi liberamente, senza commettere alcun reato. Ed è proprio su questo punto che va fatta una riflessione seria”. Già, perché le vittime delle foibe sono ancora considerati morti di serie B.


CHE USIAMO TERMINI COME NEGAZIONISMO, RIDUZIONISMO O GIUSTIFICAZIONISMO,  RESTA IL FATTO CHE TACERE DI FRONTE A CHIUNQUE USI QUALUNQUE CADUTO A FINI POLITICI E PARTITICI SIGNIFICA RENDERSI COMPLICI. SIAMO COMPLICI DI CHI UCCIDE UNA SECONDA VOLTA E DI CHI, GRAZIE A TALE ATTEGGIAMENTO, SARA’ PRONTO AD AVALLARE O PERPETRARE IDENTICI CRIMINI FUTURI.  TALI SILENZI RISULTANO ANCORA PIU’ COLPEVOLI SE HANNO LUOGO IN AMBITO SCOLASTICO. 

Marco Castelli